Alle elezioni politiche del 22 luglio il partito del premier Erdogan, l'AKP, si è riconfermato di gran lunga il primo partito della Turchia, col 46.7% di voti. Entrano in parlamento anche il CHP e i nazionalisti del MHP. Bene per i candidati indipendenti curdi che riescono a mandare in parlamento 23 deputati
La Turchia ha scelto ieri il suo nuovo parlamento. Il partito AKP si è aggiudicato una vittoria schiacciante dal punto di vista percentuale. Un elettore turco su due, 46,76%, 12% in più rispetto alle precedenti elezioni, ha scelto di votare il partito del premier Tayip Erdoğan.
Vittoria più contenuta dal punto di vista del numero dei deputati conquistati, 341, inferiore a quello della passata legislatura ma sufficiente per consentire al partito di stare solidamente al governo del paese.
Come da previsioni anche l'ingresso in parlamento del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) che ha conquistato il 20,64% dei voti e 110 deputati e del Movimento di Azione Nazionale (MHP), 14,33% e 71 deputati. Ottimo risultato per candidati indipendenti curdi che con 23 deputati avranno la possibilità di creare un loro gruppo parlamentare. Luci e ombre invece tra gli indipendenti di sinistra. Ce l'ha fatta Ufuk Uras, candidato nella zona asiatica di Istanbul, disco rosso invece per Baskın Oran nella parte europea.
"Una vittoria della democrazia" è stato uno dei commenti più condivisi tra politici ed osservatori. 84% la percentuale di votanti, superiore a quella del 2002. Operazioni di voto e di scrutinio svoltesi in un clima rilassato e di grande efficienza che ha permesso di avere significative proiezioni e poi risultati quasi definitivi già nella tarda serata di domenica.
Un altro elemento interessante riguarda la rappresentatività del nuovo parlamento nel quale si troveranno ad essere rappresentati l'85% dei voti, mentre nel 2002 il 45% dei voti espressi per effetto dello sbarramento del 10% non trovò spazio in parlamento. La presenza di quattro partiti inoltre, seppur con il rischio di una maggiore conflittualità, rende questo parlamento più capace di rappresentare le diverse componenti della società turca.
Significativo il dato riguardante le donne che sono passate da 24 a 47, un sensibile miglioramento, anche se la presenza femminile in parlamento rimane sotto la soglia del 10%. E' il partito curdo DTP quello che proporzionalmente ha lasciato maggior spazio alle donne, 9 elette su di un totale di 23.
Nei suoi primi commenti, in un clima di grande entusiasmo, il premier Erdoğan dopo aver ricordato che "per la prima volta dal 1954 un partito al governo viene confermato aumentando addirittura i suoi voti", ha tenuto subito a lanciare messaggi rassicuranti. Prima ricordando come l'AKP "rimarrà ancorato ai principi fondamentali della repubblica" e poi garantendo l'immediata ripresa del processo di riforme economiche e politiche "con il deciso obbiettivo di arrivare all'adesione europea". Tra molti osservatori di fronte allo schiacciante esito delle urne serpeggia la preoccupazione che il partito si possa far prendere da tentazioni piglia-tutto. Per il momento il premier ha tenuto a rassicurare ricordando "che sarà il primo ministro di tutti e non solamente di quelli che lo hanno votato".
Silenzio da parte del gruppo dirigente del CHP che rischia di essere travolto dalla disastrosa sconfitta. Da ieri il presidente Deniz Baykal è irreperibile, voci incontrollate lo darebbero rinchiuso dentro casa. A parlare di fronte ad una folla inferocita che chiede le dimissioni del presidente si è presentato il segretario generale del partito: "Rifletteremo sul risultato di queste elezioni".
Moderato entusiasmo da parte del presidente del MHP Bahçeli secondo il quale la gente "ha affidato al partito il compito di stare all'opposizione".
Emozione invece nelle dichiarazioni di Aysel Tuğluk, astro nascente della politica curda, che garantisce "una robusta opposizione in parlamento". Per Akın Birdal ex presidente dell'associazione dei diritti umani (IHD), eletto a Diyarbakir "i deputati del DTP non saranno la speranza solo dei curdi ma dell'intera Turchia".
Il co-presidente del partito Ahmet Türk dopo aver confessato "in queste elezioni ci siamo presi una rivincita" non può fare a meno di riconoscere che l'AKP ha fatto man bassa di voti anche nelle regioni orientali "altrimenti avremmo portato in parlamento almeno 30 deputati". Rimane però l'indiscutibile fatto che il ritorno dopo il 1991 di rappresentanti curdi in parlamento costituisce un'occasione imperdibile per cercare di risolvere una questione, quella curda, che rimane una delle maggiori incognite del futuro prossimo del paese.
Primi bilanci anche tra coloro che non sono riusciti a superare lo sbarramento del 10%. Pressoché azzerato il partito Saadet dell'anziano Necmettin Erbakan, ridimensionato il Genc Parti di Cem Uzan e dimezzato il neo-nato Partito Democratico il cui presidente dimissionario, Mehmet Ağar, rappresenta la prima vittima di queste elezioni.
Con la schiacciante vittoria di ieri la metà della società turca ha deciso di preferire la continuità e la stabilità del processo riformatore innescato dal partito di Erdoğan piuttosto che farsi catturare dalle sirene del nazionalismo e dello scontro ideologico agitate da un opposizione che sembra in realtà voler ostacolare il processo di trasformazione in corso.
A rendere poi più corposo il risultato dell'AKP hanno contribuito la politicizzazione di alcuni organi istituzionali nelle polemiche dei mesi scorsi e la brusca interferenza delle forze armate con il comunicato internet del 27 aprile.
Infine la ferma reazione del governo di fronte all'intervento dei militari non può non avergli fatto guadagnare ulteriori consensi tra coloro che non desiderano vedere le forze armate mescolarsi alla politica.
Nei prossimi giorni il primo scoglio, l'elezione del presidente della repubblica, di fronte al quale il partito di Erdoğan avrà l'occasione di dimostrare, evitando contrapposizioni frontali e cercando la strada del compromesso, di aver compreso il ruolo che è chiamato ad incarnare.
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