Pride in Turchia, tra divieti e contestazione
20 giugno 2019
La Turchia ha inaugurato la settimana dell’orgoglio LGBTI+ all’insegna dei divieti. Negli ultimi dieci giorni le prefetture di Izmir, Antalya e Mersin hanno annunciato di aver vietato tutte le iniziative previste in queste città, località tra le più attive delle ultime edizioni del Pride, dopo Ankara e Istanbul.
Nella metropoli del Bosforo, città d’elezione delle manifestazioni legate alla settimana dell'orgoglio dal 2003, la prefettura ha posto il veto alla marcia prevista per il 30 giugno. La realizzazione del corteo sul viale Istiklal, che nel 2013 aveva visto la partecipazione di oltre 50mila persone, è vietato dal 2015. La zona di Taksim, storica sede delle manifestazioni di protesta, negli ultimissimi anni è stata trasformata dal governo in una zona rossa per marce e cortei. Ma gli organizzatori del Pride hanno comunicato che la prefettura si è rifiutata di considerare anche sedi alternative per la camminata LGBTI+, poiché rappresenterebbero “un gruppo che suscita dubbi nella società”.
Tra le motivazioni presentate dalle autorità ci sono anche preoccupazioni legate alla “protezione della salute e della morale generale”; “la protezione dei diritti e delle libertà degli altri”; “impedire possibili azioni di violenza e terrorismo” o anche “preservare l’unità indivisibile della nazione”. Ma di fronte all’atmosfera elettorale che aleggia nel paese, alcuni osservatori leggono nella decisione delle prefetture anche un segno del braccio di ferro tra il governo e l’opposizione, che nelle ultime elezioni amministrative ha assunto la gestione di tutte le città interessate dal divieto, ad eccezione di Istanbul dove l'amministrazione è ancora da definire.
Le organizzazioni impegnate per i diritti LGBTI+ in Turchia hanno contestato le proibizioni. Il comitato organizzatore di Istanbul ha invitato il ministero dell’Interno e la prefettura di Istanbul a sollevare il divieto “nel rispetto della costituzione turca e degli accordi internazionali di cui la Turchia è firmataria”, affermando che “i divieti indicano una politica che mira a scoraggiare un movimento, quello LGBTI+, sempre più forte nel paese".
Amnesty International ha invece lanciato una lettera indirizzata al ministro dell’Interno Süleyman Soylu e una petizione dove si sottolinea il rischio che “i divieti vengano estesi ad altre città” e si ricorda che le pressioni nei confronti della comunità LGBTI+ proseguono nonostante lo stato di emergenza sia stato sospeso nel luglio 2018. L'organizzazione ha inoltre invitato le autorità a rimuovere il divieto, facendo in modo che le iniziative della settimana dell’orgoglio LGBTI+ si svolgano in sicurezza e sia “preservato, senza discriminazione di sorta, il diritto ai raduni pacifici”.