Nel suo rapporto annuale la Commissione europea critica la Turchia per la mancata riforma della Costituzione e difesa dei diritti fondamentali dell'uomo. Preoccupazione per la libertà d'espressione. Promosse, invece, le azioni diplomatiche turche in Caucaso e Medio Oriente
Accelerare le riforme. Questo il messaggio principale del rapporto annuale di 90 pagine redatto dalla Commissione europea e pubblicato il 5 novembre scorso in merito al processo di integrazione della Turchia nell'UE.
Sui quotidiani turchi la notizia del rapporto e dei suoi contenuti è stata commentata con la frase: "la Commissione europea, con fare diplomatico, attribuisce la responsabilità del rallentamento dei negoziati alla Turchia".
Nella "pagella" di valutazione della Commissione, le critiche riguardano in primo luogo l'atteggiamento del governo turco nel concretizzare progetti di riforma politica. Viene considerato il fatto che il partito al governo AKP (Partito della giustizia e dello sviluppo), pur disponendo della legittimazione fornitagli dal largo consenso degli elettori, "non sia riuscito a proporre un programma ampio e coerente sulla questione delle riforme politiche".
Il documento ricorda che sebbene il governo turco abbia incaricato un gruppo di accademici di apportare delle modifiche alla Costituzione e ai diritti fondamentali in modo da adeguarli agli standard internazionali, non ha però ancora presentato alcun progetto in tal senso né al parlamento e nemmeno all'opinione pubblica.
Il rapporto sottolinea anche la difficoltà di portare avanti le riforme, in un contesto dove chiaramente manca un dialogo costruttivo tra i maggiori partiti politici del paese. Il riferimento riguarda in particolare il CHP (Partito repubblicano popolare) che "nel 2008 ha presentato diversi ricorsi alla Corte costituzionale per l'annullamento di 16 leggi, tra cui anche quelle di riforma di democratizzazione riguardanti l'UE".
Oggetto di critica è anche la forte influenza che si rileva detengano le Forze armate "per mezzo di canali ufficiali e ufficiosi", mentre si registra una certa preoccupazione sull'imparzialità dei giudici che ultimamente "hanno reso pubbliche le loro opinioni mettendo a rischio la loro imparzialità in futuri casi giudiziari".
Gli aspetti positivi del rapporto riguardano, in particolare, i successi diplomatici registrati dalla Turchia all'estero: si ricordano la mediazione turca nel Caucaso durante la crisi georgiana, con la conseguente proposta della creazione di una Piattaforma caucasica, il ruolo diplomatico attivo ricoperto nel Medio Oriente, ma anche gli sforzi compiuti per la pace tra Israele e Siria e il dialogo con l'Iran riguardo alla questione nucleare. Si lodano i tentativi del Presidente della Repubblica Abdullah Gül di mediare tra la società civile e le parti politiche, di aver invitato il governo ad accelerare le riforme riguardanti l'UE e il suo ruolo attivo in politica estera, con riferimento alla sua visita in Armenia "per costituire un dialogo bilaterale che conduca alla normalizzazione dei rapporti bilaterali".
Nel documento viene anche sottolineato il fatto che gli ultimi sviluppi del sud del Caucaso abbiano accentuato l'importanza strategica della Turchia, per quanto concerne la sicurezza energetica dell'UE e in particolare nella diversificazione delle rotte di offerta energetica. In riferimento al progetto Nabucco viene poi ricordata l'importanza di incrementare la collaborazione tra l'Unione europea e la Turchia in campo energetico.
Gli ambiti in cui si riscontrano maggiori preoccupazioni nel rapporto restano i diritti fondamentali dell'uomo e la limitazione della libertà di espressione. Vengono citati il divieto di utilizzare il curdo a scuola, in politica o nei media; le discriminazioni contro gli omosessuali; le prevaricazioni di potere e le violenze della polizia - si portano gli esempi dei festeggiamenti del Primo maggio e del Nevruz - che continuano nonostante la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e l'avviamento di processi penali; il preoccupante aumento dei casi di tortura; la situazione delle donne ancora soggette a omicidi d'onore, violenza domestica e costrette a matrimoni forzati; la limitazione della libera espressione e il tanto dibattuto articolo 301 - il quale nonostante le modifiche cui è stato sottoposto continua a condannare l'offesa all'identità turca - che quest'anno ha fatto registrare 37 casi accolti dal ministero della Giustizia; le minacce fatte dal premier Erdoğan ad alcuni giornali e la chiusura di diversi siti internet tra cui You Tube.
Quest'ultimo caso di censura è stato messo in atto l'anno scorso con una legge il cui scopo era quello di combattere la pedofilia e altri reati collegati alla pornografia. Ai membri di una commissione costituita appositamente, la Bilişim Güvenliği Başkanlığı (Presidenza della sicurezza della comunicazione informatica) il compito di vagliare i siti osceni o "nocivi" e impedirne l'accesso senza chiedere preventivamente l'autorizzazione al tribunale.
Secondo quanto riportato dal quotidiano "Radikal", sono 1.112 i siti che nell'ultimo anno sono stati resi inaccessibili per diversi motivi: pedofilia, pornografia, prostituzione, gioco d'azzardo, reati commessi contro Atatürk. Ma, nel frattempo, vengono resi inaccessibili anche siti di quotidiani e riviste online di politica, di divugazione e informazione di vario genere, a volte vittime di un errore di valutazione del contenuto del sito o per ricorsi presentati in tribunale. Noto è il ricorso pesentato da Adnan Oktar, meglio conosciuto come Adnan Hoca, capo di una congregazione religiosa e strenuo sostenitore della teoria creazionista, che ha reso inaccessibili diversi siti che presentavano la teoria evoluzionista. Colpito anche il quotidiano "Vatan", che ora non è piu' accessibile se ci si collega a internet con la telecom turca.
La politica turca ha avviato le prime misure per far fronte al rapporto della Commissione europea. Ali Babacan, ministro degli Esteri turco e principale negoziatore nelle trattative con l'UE, prima di partire per il suo tour europeo degli scorsi giorni, parlando delle riforme realizzate sulle libertà e sui diritti fondamentali e del maggiore radicamento della democrazia, ha detto: "E' necessario che i nostri amici europei valutino e cerchino di comprendere più approfonditamente il punto di vista della Turchia su questi temi, quello che la Turchia ha fatto fino ad ora e che intende fare d'ora innanzi".
Nel frattempo a Çankaya, sede del presidente della Repubblica, ha preso il via l'incontro sulle relazioni Turchia-UE, presieduto dallo stesso Gül, per fissare le riforme prioritarie da attuare nel prossimo periodo e accelerare il processo di adesione.
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