Si dava per scontata una vittoria del partito dell'attuale presidente ucraino Poroshenko, che è arrivata solo a metà. Il neoparlamento ha le ali estreme tagliate e guarda soprattutto all'ovest del paese. Un ampio quadro sul voto
Le elezioni parlamentari anticipate in Ucraina sono riuscite a confermare e disattendere le previsioni nello stesso tempo. E stupire un po’ tutti. L’attesa affermazione del partito del presidente, il Blocco Poroshenko (Blok Petra Poroshenka), c’è stata ma a metà. Il Fronte popolare (Narodniy Front) del primo ministro Arseniy Yatsenyuk, è risultato infatti il primo partito su base nazionale superando, seppur di tre decimi di punto, Poroshenko. La grande affermazione di Yatsenyuk ha anche contribuito a certificare la quasi totale scomparsa della ex compagna di partito Julia Tymoshenko dalla scena politica. La coalizione che fu di entrambi e che ora è della sola Julia, Batkivshchyna, ha a malapena superato la soglia del 5% per l’accesso in parlamento.
Fortemente limitato anche il Blocco delle opposizioni (Opozytsinyy Blok) che ha raccolto gran parte dei membri del defunto partito delle Regioni di Janukovich. Mentre il temuto pericolo nero delle destre estreme si è sgonfiato sulla strada per l’Europa, lasciandosi dietro Svoboda e Praviy Sektor al di sotto della soglia di sbarramento, rispettivamente al 4,7% e 1,8%. Fuori dalla Verkhovna Rada, per la prima volta nella storia dell’Ucraina, anche i comunisti. “Gli ucraini hanno dato il colpo di grazia alla quinta colonna”, ha twittato Poroshenko.
Se è vero, come hanno notato molti commentatori già alla chiusura dei seggi, che il risultato delle urne ha decretato una vittoria schiacciante dei partiti filoeuropei, l’inattesa affermazione del partito di Yatsenyuk come prima forza politica del paese, l’emergere di nuovi leader, l’analisi del voto su base regionale e la bassa affluenza ai seggi possono aiutare a dipingere un affresco molto più complesso.
Un successo per due
Anche Yatsenyuk ha affidato a Twitter i suoi commenti a caldo. Mentre già dagli exit poll e ancora durante lo spoglio Poroshenko festeggiava il successo del suo Blocco, a scrutinio terminato – e a sorpasso certificato – il primo ministro ha scritto “Spetta al Fronte popolare, primo partito, formare una coalizione di governo”. È difficile dire quanto questo sposti l’ago della politica ucraina rispetto alle affermazioni del presidente. Se fino a poche ore fa il Fronte popolare era per Poroshenko l’alleato naturale, adesso è semmai il contrario. Si potrebbe dire che spostando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, ma la politica ucraina ci ha abituato ai colpi di scena.
Il primo ministro ha più volte criticato, nei mesi passati, le mosse del presidente, soprattutto nelle scelte per il piano di pace in Donbass. Alcuni osservatori hanno parlato di un gioco dei ruoli che, opponendo la colomba Poroshenko al falco Yatsenyuk, servisse solo a posizionare i due partiti rispetto a un elettorato che a malapena era in grado di distinguerli. Per capire se questa strategia si sia esaurita con la campagna elettorale, bisogna aspettare le prossime settimane e vedere in particolare se la strada intrapresa nei colloqui di Minsk subirà delle deviazioni. Per provare a dare la giusta dimensione all’effetto sorpresa che il risultato potrebbe aver causato anche nei due stessi politici, basta andare giusto un po’ indietro. Quando i sondaggi prevedevano che Poroshenko avrebbe preso molti più voti di Yatsenyuk, qualcuno addirittura pensava che quest’ultimo si sarebbe fermato sotto il 5%. Anche nei media, la previsione era talmente scontata che praticamente tutti i titoli dei giornali a urne appena chiuse hanno parlato di una vittoria netta del presidente.
Chi scompare e chi appare
Si potrebbe dire per certi versi che il voto di domenica ha tagliato le ali degli estremismi, da un lato e dall’altro. In questo senso la scomparsa del partito comunista, dal 13,18% del 2012 al 3,86%, e il crollo di Svoboda, dal 10,44% al 4,71%, sembrano aver equilibrato al centro la Rada. In particolare, la débâcle dei nazionalisti di Tyahnybok insieme all’1,81% del famigerato Pravy Sektor, fanno dell’Ucraina uno dei paesi europei con la minore componente ultranazionalista, fugando forse una volta per tutte i timori di una svolta estremista di destra del dopo Euromaidan. Ma anche il 5,68% di Batkivshchyna (senza Yatsenyuk), precipitato dal 25,54% del 2012, è come se volesse riportare Julia Tymoshenko – che si è distinta per una campagna fortemente aggressiva e antirussa – alla dimensione politica che realmente ha in patria, a dispetto della sua popolarità all’estero. In definitiva, cinque dei sei partiti rappresentati in parlamento sono apertamente favorevoli a un’integrazione europea. Sembra che con questo voto gli ucraini abbiano espresso una chiara richiesta di pace e stabilità.
Va letta in questo senso anche l’ottima performance di Samopomich del sindaco di Leopoli, Andriy Sadovy, che ha esordito con il 10,99%, terzo partito più votato. Sadovy è un politico molto stimato a livello locale, alla guida di una città che si distingue da sempre per la sua apertura, tolleranza e – nella misura ucraina – multiculturalismo. Ma anche per il forte nazionalismo e un certo sentimento antirusso. Samopomich è una ventata d’aria fresca nella Rada, il partito che più di tutti ha portato in parlamento facce nuove, giovani attivisti formatisi sul selciato della Maidan invece dei soliti politici professionisti. È questa la vera novità di queste elezioni, aver per la prima volta dimostrato che la Verkhovna Rada non è inaccessibile alla gente comune.
Eppure dalle stesse urne sono emersi dei segnali contrastanti, primo fra tutti il balzo in avanti del populista Lyashko e del suo partito radicale, salito dall’1,8% del 2012 al 7,45%, quinto partito.
Nelle regioni
Il fenomeno Lyashko è trasversale. Sempre sopra le righe, ama farsi ritrarre mentre imbraccia un forcone o interroga dei prigionieri separatisti seminudi e con le mani legate dietro la schiena. Non è uno che invoca la pace sociale. La sua formazione non solo ha ottenuto un eccellente risultato su base nazionale, ma è uno dei partiti con l’elettorato più omogeneo in tutto il paese, essendo riuscito a centrare l’obiettivo del 5% ovunque tranne che nella regione di Donetsk.
L’altro dato interessante che emerge dai risultati per regione è che, nonostante il pessimo risultato a livello nazionale con l’8,25%, l’Opozytsinyy Blok, che ha raccolto l’eredità del partito delle Regioni (al 30% nel 2012) rimane prima forza politica nelle regioni di Dnipropetrovsk, Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kharkiv, ossia in gran parte dell’est. Sono le regioni dove più forte è il peso degli oligarchi che per anni hanno mantenuto in piedi il sistema di potere, ma anche quelle che da domani possono sentirsi meno rappresentate in un parlamento che guarda ormai solo a ovest. L’Opozytsinyy Blok è l’unico partito di opposizione e l’unico nella Rada a non appoggiare la scelta europeista del governo.
C’è poi una sorpresa che arriva dal voto dall’estero, secondo cui non solo Poroshenko non va più su del terzo posto, ma addirittura Praviy Sektor e Svoboda sono, nell’ordine, quarto e quinto partito più votato, totalizzando insieme quasi il 15%. È l’unico distretto in cui Praviy Sektor ha superato la soglia di sbarramento.
Infine, un ultimo dato completa il quadro. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, il calo dell’affluenza alle urne, -5% rispetto al 2012, è sicuramente dovuto alle aree sotto il controllo dei separatisti, ma è anche e soprattutto l’espressione di un elettorato stanco e piegato dalla crisi economica, e da una diffusa sfiducia verso la classe politica.
* I dati su cui si basa l'analisi sono quelli forniti dalla Commissione elettorale centrale al 99,4% dello spoglio.
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