Se i secessionisti di Abkhazia e Ossezia del Sud festeggiano il riconoscimento russo di Donetsk e Lugansk, la Georgia ribadisce l'integrità dell'Ucraina. L'Armenia dal canto suo si trova in una difficile situazione, alleata di Mosca ma con buoni rapporti con Kiev. L'Azerbaijan invece si coordina con la Turchia
Georgia
I secessionisti di Abkhazia e Ossezia del Sud, la cui esistenza è garantita dal sostegno russo, hanno celebrato il riconoscimento di Donetsk e Lugansk. Il 23 febbraio è stata festeggiata la “Giornata del Difensore della Patria”, come in Russia. In questa occasione, il presidente abkhazo Bzhania ha fatto un breve discorso pubblico mentre il presidente dell'Ossezia meridionale Bibilov ha partecipato a una cerimonia durante la quale ha ribadito contro la NATO tutte le accuse mosse anche dal presidente russo Vladimir Putin.
L’Ossezia del Sud aveva già riconosciuto le due aree secessioniste ucraine nel 2014 e l’Abkhazia lo ha fatto di recente. Oltre all’appoggio politico l’Ossezia del Sud si è resa disponibile a ospitare gli orfani del conflitto e ha messo in allerta la propria difesa. Bibilov ha avuto una serie di incontri con il ministro della Difesa dell’Ossezia del sud in relazione alla crisi ucraina per verificare lo stato delle forze e dei mezzi di difesa, equipaggiamento militare, armi, personale, nonché la disponibilità a rispondere a possibili provocazioni dalla Georgia, nel caso la tensione regionale dovesse estendersi.
Un primo gruppo di 51 rifugiati della “Repubblica popolare di Lugansk” è stato evacuato oggi nella Federazione Russa ed è previsto un trasferimento proprio in Abkhazia. Secondo i rapporti delle autorità locali, il "ministro per le Emergenze dell'Abkhazia" Lev Kvitsinia avrebbe personalmente supervisionato il trasferimento da Lugansk. E' previsto l’arrivo di un centinaio di profughi.
Oltre all’appoggio politico quindi, Ossezia del Sud e Abkhazia forniranno attiva assistenza a favore dell’invasione.
Il riconoscimento di Donetsk e Lugansk è stato accolto molto diversamente a Tbilisi. Molti in questi giorni hanno fatto un parallelo fra guerra e riconoscimento russo di aree secessioniste nel 2008 in Georgia e quanto sta accadendo in Ucraina. Se è vero che ci sono elementi comuni, cioè la coercizione militare e il riconoscimento politico, è altrettanto vero che ci sono anche grosse differenze. In Georgia il riconoscimento era avvenuto dopo una breve guerra su un’area molto circoscritta (anche se i bombardamenti strategici si erano estesi oltre all’area dell’invasione via terra). Nel caso dell’attacco all’Ucraina invece il riconoscimento ha fornito il pretesto per operazioni militari molto più ampie. Ma anche, come ha notato la Presidente Georgiana Salomè Zourabishvili: “La Russia del 2008 non era esattamente come la Russia del 2022 […] La Russia si sta muovendo direttamente verso l'annessione anche senza il pretesto della guerra, il che significa che siamo un gradino più in alto nel livello di conflitto.”
Il parlamento georgiano ha approvato nei giorni scorsi una Risoluzione a sostegno dell’integrità territoriale dell’Ucraina , molto criticata dall’opposizione perché in nessun punto vi è menzionata apertamente la Russia. Nelle reazioni dell’intera classe dirigente di Tbilisi oggi invece la Russia viene indicata come aggressore senza le reticenze del passato che secondo la Zourabishvili erano dovute alla precaria condizione di sicurezza georgiana.
Armenia e Nagorno Karabakh
L’Armenia era fino a pochi giorni fa l’unico paese del Caucaso a essere legato a Mosca da un patto di alleanza. Ciononostante, come peraltro la Bielorussia, l’Armenia non ha riconosciuto ufficialmente le scelte politiche degli ultimi 14 anni di guerre russe, e pertanto non riconosce né l’Abkhazia né l’Ossezia del Sud, né l’annessione della Crimea. Per quanto riguarda il riconoscimento dei due nuovi secessionisti in Donbas, e la crisi in generale, interrogato dalla stampa il ministro degli Esteri armeno ha risposto: “Vogliamo sicuramente che le questioni esistenti tra i nostri due stati amici siano risolte attraverso il dialogo diplomatico, i negoziati e in conformità con le norme e i principi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Ci auguriamo che i passi necessari siano volti a ridurre la tensione e risolvere pacificamente la situazione.” E all’aperta domanda se l’Armenia avrebbe riconosciuto Donetsk e Lugansk la risposta è stata che il riconoscimento non è in agenda.
L’aggressione militare russa di oggi mette l’Armenia in una situazione molto difficile, non solo perché i rapporti armeno-ucraini sono buoni, ma anche perché in Ucraina risiede una importante comunità armena. Solo in Donetsk più di 50.000 ucraini di origine armena ed armeni che sono emigrati in Ucraina. L’Ambasciata armena è operativa nel paese e si sta preparando un eventuale piano di evacuazione per gli armeni.
Ben più entusiasta la reazione del presidente de facto del Nagorno Karabakh Arayik Harutyunyan. Il Karabakh non è riconosciuto da nessun paese, incluse Armenia e Russia, che pure vi staziona con un presidio militare di peace-keepers, situazione analoga a quella che c’è in Transnistria, regione sepratista della Moldavia. Harutyunyan si è affrettato a comparare la situazione del Karabakh con quella di Donetsk e Luhansk, auspicando quindi un riconoscimento per l’entità de facto che presiede.
Azerbaijan
Il 22 febbraio il Presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev si è recato a Mosca, proprio poco dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza di Donetsk e Luhansk. L’incontro tra Putin e Aliyev è durato circa 5 ore e ha portato alla firma di una Dichiarazione di Interazione Alleata che porta la collaborazione fra i due paesi a un livello superiore. Durante l’incontro Putin si è premurato di informare Aliyev che il non riconoscimento russo della sovranità ucraina non riguarda le altre repubbliche post-sovietiche. Mentre la crisi montava, Aliyev il 14 gennaio era andato in Ucraina dove ha firmato con il presidente Volodymyr Zelenskyy una Dichiarazione di Cooperazione Strategica Approfondita che prevede la disponibilità a fornire sostegno reciproco alla sovranità e all'integrità territoriale dei due stati entro confini internazionalmente riconosciuti, rivolta anche contro le minacce ibride, per la stabilità nella regione del Mar Nero-Caspio e oltre. La dichiarazione di Integrazione Alleata firmata invece dall’Azerbaijan con la Russia prevede il sostegno militare reciproco ma nel quadro della Carta delle Nazioni Unite o separati accordi internazionali.
Il 23 febbraio Aliyev si è sentito poi al telefono con quello che è il suo effettivo grande alleato, Recep Tayyip Erdoğan, dopo che quest’ultimo aveva avuto uno scambio telefonico con Putin durante il quale aveva condannato il riconoscimento di Donetsk e Lugansk. Non vi è dubbio che le politiche azerbaijane e turche in reazione all’invasione in corso – che minaccia direttamente gli interessi dei due paesi perché mette a rischio la sicurezza dell’intera regione del Mar Nero – saranno coordinate.
Dossier
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