Come se la guerra non fosse abbastanza, le sfide che interessano i rifugiati LGBT+ che fuggono dall’Ucraina sono molte, specifiche e complesse. Comprenderle e farvi fronte è fondamentale per garantire una protezione adeguata per questi gruppi vulnerabili

30/06/2022 -  Barbara Segalla

Come sottolinea l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani , le discriminazioni e le violenze nei confronti delle persone LGBT+ sono pratiche “fin troppo comuni” e profondamente radicate in molte culture in tutto il mondo. Sebbene sia un fenomeno preoccupante di per sé, la discriminazione delle persone LGBT+ diventa ancora più critica in tempi di guerra. Il contesto di violenza rischia infatti di esacerbare le tendenze discriminatorie , rendendo più difficile per queste persone l'accesso all'assistenza umanitaria e ai relativi servizi.

La recente aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha drammaticamente evidenziato queste difficoltà. Anche prima dell’invasione russa l’atteggiamento nei confronti delle persone LGBT+ in Ucraina non era tra i più tolleranti, ma la situazione attuale le espone a rischi maggiori, e questo sia quando decidono di lasciare il paese, sia quando decidono di restare. 

Gli (ulteriori) ostacoli incontrati dalle persone LGBT+ in fuga 

Le persone LGBT+ che stanno attualmente lasciando l’Ucraina devono affrontare non solo le difficoltà comuni a tutte le persone sfollate che fuggono da una guerra, ma anche degli ostacoli aggiuntivi che derivano dalla loro appartenenza alla comunità LGBT+. Tali criticità sono state sottolineate da diverse organizzazioni della società civile, attivisti, istituzioni e anche singoli individui. 

Nell’aprile del 2022, ILGA-Europe , un'organizzazioni non governativa pan-europea che raccoglie oltre 600 organizzazioni dall'Europa all'Asia centrale per promuovere i diritti delle persone LGBT+, ha pubblicato un briefing sui rischi ed i bisogni specifici di questo gruppo di rifugiati. Tra le principali sfide riscontrate vengono menzionate le pratiche discriminatorie che si verificano durante i controlli ai confini oppure in seguito all’arrivo nei paesi ospitanti. Tali pratiche possono limitare l’accesso ai servizi essenziali, condurre ad episodi di violenza e in alcuni casi impedire del tutto l’attraversamento dei confini. 

Le esperienze concrete delle persone transgender sono particolarmente indicative delle difficoltà incontrate da questi gruppi nel contesto bellico. Come nota Insight, un'ong ucraina che si batte per i diritti delle persone LGBT+, la legge marziale in Ucraina impone a tutti gli uomini di età compresa tra i 18 ed i 60 anni di non abbandonare il paese. I problemi nascono quando ad alcune donne transgender è stato impedito di lasciare il paese in quanto, presentando un marcatore di genere maschile sui documenti, sono state trattate come uomini. In teoria la transessualità è un motivo sufficiente per ottenere l’inidoneità al servizio militare, ma questo non viene riconosciuto facilmente. Se è già difficile in tempo di pace, la situazione si complica in guerra. Inoltre, come sottolineato dall’attivista LGBT+ Tymur Lysenko in una recente conferenza tenuta da ILGA-Europe e dal Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, il rilascio dell’inidoneità prevede generalmente un esame medico che spesso conduce ad episodi di discriminazione.

Vi sono stati poi dei casi di donne transgender alle quali è stata negata la possibilità di attraversare il confine nonostante avessero già ottenuto un marcatore di genere femminile. Oltre a questo, una volta giunte nei paesi ospitanti da rifugiati, le persone transgender ed intersex vanno incontro a difficoltà legate nell’accesso a specifiche cure mediche , come le terapie ormonali, agli alloggi ed al mercato del lavoro

Le persone omosessuali sono state ugualmente soggette a pratiche discriminatorie, ma anche in questo caso è possibile identificarne alcune che hanno specificamente interessato questi individui e soprattutto le coppie dello stesso sesso. Paradossalmente, alcune complicazioni derivano proprio da quello strumento che dovrebbe proteggere i rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina: la direttiva UE sulla protezione temporanea, adottata d’urgenza dal Consiglio “Giustizia e Affari Interni” lo scorso 4 marzo. Nel dettagliare le categorie di persone a cui si applica la direttiva, la decisione del Consiglio cita i “familiari” delle persone coperte dalla protezione temporanea, precisando che il termine “familiari” include anche il coniuge o “il partner non legato da vincoli di matrimonio [ma] che abbia una relazione stabile con l'interessato, qualora la legislazione o la prassi dello Stato membro assimili la situazione delle coppie di fatto a quella delle coppie sposate nel quadro della legge nazionale”. Tuttavia, come sottolineato da ILGA-Europe, alcuni paesi come Bulgaria, Polonia e Romania non riconoscono le coppie dello stesso sesso (sia sposate che non sposate) come una famiglia e questo potrebbe potenzialmente ledere il diritto al ricongiungimento familiare di queste persone. Le difficoltà riscontrate dalle famiglie dello stesso sesso nel contesto della guerra in Ucraina sono state messe in evidenza anche dalla Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović.

Ogni singolo caso di discriminazione è unico in sé, ma gli esempi riportati danno un’idea della situazione di particolare e aggravata difficoltà che molti rifugiati LGBT+ stanno vivendo, sia per il loro essere rifugiati, sia per l'appartenenza alla comunità LGBT+, ovvero per le due condizioni insieme: si parla in questo caso di discriminazioni intersezionali. Nelle discriminazioni intersezionali la discriminazione si presenta in forme inedite in quanto basate sull'intersezione tra diversi fattori, i cui effetti non possono essere distinti l'uno dall'altro. Questa particolare vulnerabilità viene riconosciuta dalle istituzioni europee, in particolare dal Parlamento europeo (PE). 

La posizione del Parlamento europeo

Il PE ha fermamente condannato l’invasione russa dell’Ucraina nella sua risoluzione dell’1 marzo 2022 ed ha sottolineato la necessità di garantire una protezione ancora più forte ai gruppi vulnerabili. Inoltre, in una risoluzione adottata nell’aprile 2022 riguardo alla protezione dei minori e dei giovani in fuga dalla guerra, l’Europarlamento ha evidenziato “le difficoltà specifiche incontrate dalle donne transgender e dalle famiglie arcobaleno quando attraversano le frontiere” ed ha invitato gli stati membri a tenere conto delle unioni e delle famiglie di fatto nell'attuazione della direttiva sulla protezione temporanea.

Simili prese di posizione si trovano in una risoluzione del marzo 2022 riguardo all’impatto della guerra sulle donne in cui il PE ha sottolineato la necessità di prestare particolare attenzione alle persone LGBTIQ+, comprese le donne transgender la cui identità può non essere riconosciuta, come accade in paesi come Polonia e Ungheria, dove sono state adottate misure contro queste persone.

In diverse occasioni pubbliche anche alcuni singoli europarlamentari hanno espresso la loro posizione al riguardo. In occasione della conferenza di UNAIDS-ILGA-Europe , l’ungherese Katalin Cseh (Renew Europe) - europarlamentare e membro della Commissione per gli Affari Esteri - ha riconosciuto la gravità della situazione per questi gruppi in particolare, aggiungendo che l’Unione europea deve lavorare al fianco delle ong attive sul territorio ed impegnarsi concretamente sul piano finanziario per sostenere gli sforzi miranti ad aiutare la comunità LGBT+. La posizione di Cseh ha trovato ampia condivisione anche da parte della Presidente della Sottocommissione per i Diritti dell’Uomo - l’europarlamentare belga Maria Arena (S&D) e dell’europarlamentare e Co-Presidente dell’Intergruppo del PE sui diritti LGBT+ il lussemburghese Marc Angel (S&D). Angel ha espresso la sua soddisfazione per l’impegno dimostrato dal PE sul tema, notando il contributo positivo dell’Intergruppo LGBT+ sul lavoro  e l’impegno del Parlamento per quanto riguarda i diritti delle persone LGBT+.

Il messaggio mandato dal PE, e da alcuni europarlamentari in particolare, è chiaro: la situazione delle persone LGBT+ che fuggono dalla guerra evidenzia difficoltà aggiuntive e particolari che vanno trattate specificamente e con attenzione. 

Nel caso delle discriminazioni, in particolare di quelle intersezionali, il contributo delle organizzazioni ombrello come ILGA-Europe e delle ong che operano sul terreno è fondamentale nell’identificare le problematiche specifiche che potrebbero celarsi nelle “zone grigie” della legge, e offrire supporto al lavoro delle istituzioni europee e nazionali nel garantire un livello di protezione maggiore alle persone più vulnerabili.

Gli Intergruppi del PE

Gli Intergruppi del Parlamento europeo sono forum informali e trasversali che raccolgono deputati di tutti gli schieramenti politici intorno a questioni particolari. Gli Intergruppi facilitano il dialogo tra il PE e la società civile. Con oltre 150 membri l'Intergruppo per i diritti delle persone LGBT+  è il più numeroso intergruppo dell'attuale legislatura.

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Parlamento dei diritti 3", cofinanziato dall'Unione europea (UE) nel quadro del programma di sovvenzioni del Parlamento europeo (PE) per la comunicazione. Il PE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è di OBC Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'UE. Vai alla pagina “Il Parlamento dei diritti 3”.


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