A Kyiv lo scorso 26 ottobre Claudia Bettiol ha incontrato Vjačeslav Bondarenko - in arte "Slava Bo" - artista della regione di Luhans’k ed editore della rivista +/- Infinito (+/- Neskinčennist’), per parlare di arte, cultura e democrazia in tempo di guerra
Guerre e conflitti sono da sempre fenomeni terribili e distruttivi che, nonostante questo, rimangono la base per la creatività. Gli artisti ripensano alle loro emozioni e riflettono sulle loro esperienze. Alcuni celebrano vittorie, altri raffigurano orrori, altri ancora ritraggono la realtà in modo astratto. Ma cos’è cambiato oggi nella cultura ucraina, e c’è posto per l’arte in guerra?
La breve vita culturale di Luhans’k
Come affermava nel 2014 Konstantin Skorkin , giornalista ucraino di Luhans’k e membro del gruppo artistico STAN , il 2013 è stato un anno importante per la vita culturale della città. Quell’anno, per Luhans’k è stata la svolta: il centro industriale chiave della regione è stato invaso dall’arte, che nelle province aveva finalmente iniziato a dare i suoi frutti. Una vita, purtroppo, di breve durata.
“Oggi [2014, N.d.T.] Luhans’k è una città in difficoltà, che vive il terribile trauma della guerra in aggiunta ai precedenti traumi causati dalla deindustrializzazione della città e dalla rottura delle forme di vita tradizionali legate ai cicli della grande industria”, scriveva Skorkin nel 2014, anno in cui è scoppiata la guerra nel Donbas. “La città ha sprecato il suo potenziale culturale, poiché la distruzione causata dalla guerra ha logorato la vita pubblica, che ora si concentra sulla sopravvivenza di base; l’inasprimento della popolazione ha distrutto la tolleranza di diversità che un tempo la caratterizzava. La Luhans’k di oggi è stata schiacciata e fatta a pezzi. Gli spettri più oscuri del passato - come la totale assenza di rispetto per lo Stato di diritto, l’espropriazione della proprietà e la violenza sfrenata dei primi anni del potere bolscevico - sono stati riportati in vita; la popolazione non è legalmente protetta dal terrore e vive in un’atmosfera di aggressione e di denuncia che ricorda il periodo staliniano e l’anarchia malavitosa degli anni Novanta”.
Lo stesso pensiero torna, a distanza di quasi dieci anni, nelle parole di Vjačeslav, fino al 2014 giornalista nella sua città natale, Luhans’k, dove era riuscito a organizzare una mostra di arte contemporanea chiamata +/-. Prima della guerra, sembrava infatti che la città di Luhans’k si sarebbe presto trasformata in un potente centro culturale dell’est ucraino. Ma le cose non sono proprio andate così.
Rispetto a Kyiv, Charkiv o L’viv, si sarebbe potuto pensare che il Donbas stesse affondando in termini di sviluppo culturale, ma non perché stesse davvero andando a fondo, quanto perché nessuno ne sapeva nulla. La vita culturale della regione di Luhans’k era molto attiva: festival, concerti, mostre di vario genere. “A partire dal 2010, era diventato chiaro che nessuno avrebbe portato fin qui i musicisti che volevamo ascoltare, nessuno avrebbe organizzato le mostre d’arte contemporanea a cui volevamo andare. Spettava a noi questo compito. Così ci siamo dati da fare da soli”, spiega Vjačeslav.
In seguito sono nate molte iniziative che hanno preso direzioni diverse. Tutto in maniera molto dinamica e quasi contemporaneamente: teatro, letteratura, musica, arte. Ma, proprio a causa della mancanza di informazione, sembrava che nella regione non stesse accadendo nulla. “Purtroppo, questo vuoto è stato sfruttato molto bene dai nostri nemici, i quali hanno cominciato a parlare di una sorta di ‘mondo russo ’, a portare avanti le loro attività, conosciute in ogni dove, perché avevano in mano una potente risorsa: l’informazione. Di ciò che stavamo facendo noi, invece - che era decisamente più interessante e ci apparteneva rispetto a quel ‘mondo russo’ - pochissime persone erano purtroppo a conoscenza”, prosegue Vjačeslav.
Con l’arrivo degli occupanti, però, non solo questi sogni, ma anche le speranze di un’esistenza sicura nel Donbas sono rapidamente evaporate. All’inizio dell’occupazione della città, nel 2014, i militanti filorussi catturarono Vjačeslav mentre stava svolgendo un incarico editoriale. Slava ne ha passate tante sotto la prigionia degli occupanti, avendo tuttavia la fortuna di essere rilasciato e poter tornare in territorio ucraino in tempi relativamente brevi. Rimanere nei territori occupati stava, infatti, diventando sempre più pericoloso. Così il giornalista ha optato per trasferirsi a Kyiv con la famiglia. Nella capitale ha fondato la rivista cartacea +/- Infinito, una sorta di quintessenza dell’arte contemporanea del Donbas su pagine patinate. Il suo obiettivo principale era quello di far conoscere agli ucraini la cultura dell’est, agli occhi di molti “selvaggia”, far scoprire i nomi degli artisti della regione di Luhans’k, abbattere gli stereotipi sul grigiore e sull’isolamento della regione orientale dal contesto ucraino moderno.
Il cosiddetto “ministero dell’Istruzione e della Scienza della Repubblica popolare di Luhans’k” ha persino inserito il primo numero della rivista nella propria “lista nera”, segnalandola come letteratura di “natura estremista”.
“La guerra è una fonte d’ispirazione di merda”
Vjačeslav e i suoi collaboratori hanno iniziato a lavorare al terzo numero nelle prime settimane della guerra totale. Il numero si è rivelato insolito, una sorta di catarsi dell’arte ucraina, che improvvisamente ha smesso di essere solo arte ed è diventata una testimonianza vivente dei vizi più vili e dei crimini umani. Oltre a forti emozioni, contiene riflessioni di artisti provenienti da tutta l’Ucraina e racchiude tantissima creatività, così audace e libera che può nascere non grazie a qualcosa, ma nonostante tutto.
“Quando ho deciso di continuare a realizzare la rivista, ho iniziato a scrivere ai miei amici, agli artisti che conoscevo, e tutti avevano una sorta di blocco artistico. A quel tempo, ovviamente, nessuno disegnava o scriveva nulla. Molti dei miei amici dicevano: ‘Ma quale arte e arte, smettila, non è proprio il momento’. In seguito, però, quelli che avevano partecipato alla realizzazione del progetto hanno ammesso che lavorare alla rivista e tornare a creare, si è rivelata una sorta di terapia. Anche in questo caso, si tratta di un sostegno psicologico sia per l’artista che per le persone che questo tipo di arte la consumano, pur trattandosi di una forma artistica piuttosto difficile da digerire. Come mi ha confessato uno dei miei amici: ‘In realtà, la guerra è un’ispirazione di merda, è meglio farne a meno’”, ricorda Vjačeslav.
L’arte può essere un’arma?
Nell’ultimo anno e mezzo, la guerra è diventata il tema principale per molti artisti ucraini. L’arte è diventata più influente a livello sociale e persino politico, attraverso il suo prisma il mondo approfondisce i tragici eventi che si stanno verificando oggi in Ucraina.
Come afferma Vjačeslav, è molto importante che gli altri paesi vedano e sappiano cosa sta realmente accadendo in Ucraina perché quando la gente lo sente al telegiornale, sono solo informazioni, cifre aride; quando, invece, tutto ciò viene mostrato attraverso il prisma delle emozioni e dei sentimenti, li tocca di più. “Per me, è questa la missione dell’arte contemporanea ucraina. Ma è importante che sia sincera”. E aggiunge: “A molte persone non piace l’espressione ‘fronte culturale’, o qualsiasi altro fronte, tranne quello militare. Li capisco, ma siamo in una guerra ibrida e il fronte culturale è emerso molto prima della vera guerra con missili e bombe... La Russia ha iniziato la sua espansione culturale molto prima del 2014. Tutte queste narrazioni e sermoni russi, prodotti mediatici che hanno semplicemente occupato il nostro spazio informativo: cos’è questo, se non un fronte culturale? Purtroppo abbiamo perso su questo fronte. E tutto si è poi trasformato in una vera e propria guerra”.
Oggi, il compito degli ucraini non è solo quello di riconquistare i propri territori, ma anche quello di liberare dall’occupante la propria coscienza nazionale. Altrimenti, non è chiaro se la società ucraina sopravviverà al prossimo attacco nemico: “Abbiamo bisogno di un prodotto nazionale di qualità, di qualcosa che venga consumato non solo dagli ucraini. Abbiamo bisogno che la gente lo guardi e dica: ‘Mi dispiace, siamo stati ingannati da questi moscoviti, in realtà questa non è la loro storia, è la storia dell’Ucraina’. Questo richiede qualcosa di più di una semplice contro-propaganda, perché a volte sappiamo cosa può diventare - šarovarščyna e bayraktarščyna (due fenomeni di massa sciovinisti che sono apparsi con la guerra sui social network, N.d.T.) - e anche del sostegno statale. Dopotutto, abbiamo molti talenti di livello europeo, ma nessuno li conosce. Lo Stato ucraino deve capire che non abbiamo il diritto di perdere su nessun fronte, altrimenti, i russi torneranno all’attacco. Sentiremo di nuovo dire: ‘Cosa vi ha fatto Puškin?’. Oppure: ‘Non potete cancellare Rachmaninov ’. Beh, certo, non si può cancellare Rachmaninov, perché esiste già. Possiamo però ricordare i nostri compositori di talento, che abbiamo dimenticato o non abbiamo conosciuto affatto grazie alla Russia”, commenta Vjačeslav.
Un numero “di merda” e uno spazio artistico per i talenti dell’est
Nonostante gli abbagli costanti e il caos totale che i russi hanno portato nella vita del popolo ucraino con la loro “operazione speciale” per distruggere tutto ciò che è ucraino, gli artisti locali non sono a corto di ispirazione per creare: “Quando i cannoni parlano, le nostre muse indossano l’armatura!”, esclama l’artista.
“Proprio il quarto numero è dedicato alle opere dei ragazzi e delle ragazze che ci proteggono. Si tratta di materiale potente, proveniente direttamente dalle trincee. È in lavorazione da molto tempo, perché è di natura particolarmente difficile. Ci saranno opere sia di artisti famosi che ora sono al fronte, sia di autori sconosciuti. Alcuni hanno iniziato a scrivere o produrre opere artistiche solo al fronte. Purtroppo alcuni autori e artisti non sono più tra noi ed è molto difficile parlare, scrivere e leggere di persone che non ci sono più”, continua Vjačeslav, che nel frattempo sta lavorando anche al quinto numero di +/- Infinito, che raccoglierà contenuti di artisti e attivisti, creatori dell’ambiente culturale del Donbas. Il sesto numero sarà, invece, dedicato al ritorno a est sotto forma di infografiche e vignette.
Una delle aspirazioni di Vjačeslav è quella di aiutare i talenti dell’est, non solo attraverso la rivista. In particolare, a Kyiv verrà presto fondato un nuovo centro creativo, dove gli artisti sfollati potranno finalmente “non tenere il Donbas solo per sé”, ma far conoscere la propria cultura a tutti gli altri. Lo spazio ha già un nome, e per Slava è una tradizione: +/- Est (+/- Schid). “L’hub sarà un rifugio temporaneo per ragazzi e ragazze del Donbas, molti di loro sfollati per la seconda volta, che potranno integrarsi nella scena artistica di Kyiv, mantenendo la loro identità ucraina orientale. Prima della guerra totale, nella regione di Luhans’k, si era formata una comunità artistica molto potente. La gente componeva musica elettronica, dipingeva quadri, organizzava festival, poi a un certo punto tutto questo è scomparso. Ora vedo il mio compito come quello di preservare ciò che c’era e fare tutto il possibile per continuare quanto iniziato”, conclude Vjačeslav. “Per ora abbiamo uno spazio molto piccolo, circa trenta metri quadri. Naturalmente mi piacerebbe che fosse di trecento, dove poter parlare di quel Donbas che abbiamo creato e che amiamo. Spero che riusciremo ad aprirlo quest’anno. Oggi non ci sono fondi disponibili. Stiamo cercando qualche opportunità, ma per ora tutto si basa sull’entusiasmo”.
Qui il link per scoprire e scaricare la rivista +/- Infinito. È possibile anche sostenere il progetto facendo una donazione.
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