8 marzo: per le donne migranti
8 marzo 2016
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, il Parlamento Europeo richiama l'attenzione sulla condizione femminile nell'ambito delle migrazioni forzate e promuove l'adozione di una prospettiva di genere nei diversi ambiti delle politiche d'asilo.
Il clima di emergenza e chiusura con cui l'Europa sta affrontando la crisi dei rifugiati alimenta un approccio securitario che porta a sottostimare la dimensione di genere e i rischi specifici affrontati dalle donne nel percorso migratorio.
La percentuale della presenza femminile nei flussi in arrivo in Europa è in crescita: secondo i dati dell’UNHCR , dall'inizio del 2016 donne e minori rappresentano il 55% degli arrivi registrati in Grecia, un dato in netta crescita rispetto al 42% registrato nel 2015.
Le donne rifugiate e richiedenti asilo sono esposte a discriminazioni, violenza sessuale e di genere nel contesto di provenienza, durante il percorso migratorio e nelle strutture di accoglienza, da cui derivano esigenze specifiche nell’ambito della prima assistenza e delle politiche d’asilo.
Le donne migranti non fuggono solo dai contesti di conflitto ma anche dall'esistenza di leggi discriminatorie e da forme di violenza contro le donne accettate nel contesto d'origine. Per le donne che imboccano il percorso della migrazione, i rischi di finire nella rete del traffico di esseri umani sono maggiori rispetto a quelli affrontati dagli uomini. Il 90% dei migrati e rifugiati che arrivano in Europa ricorrono all’intermediazione dei trafficanti, gli stessi che oltre ad organizzare i viaggi dalle coste della Turchia alimentano in molti casi il traffico di esseri umani. Un rapporto recentemente pubblicato dall’UNHCR mette in luce come alcune tra le donne intervistate siano state obbligate ad avere rapporti sessuali per “pagare” i documenti di viaggio o il viaggio stesso. Amnesty International, in un recente studio sull’insicurezza che pervade ogni tappa del viaggio delle donne migranti, allerta sul rischio che gli abusi avvengano nelle stesse strutture di accoglienza, comprese quelle che si trovano in territorio europeo. Molti di questi abusi non vengono denunciati dalle donne che li subiscono per la mancanza di spazi adatti e personale qualificato a raccogliere questo tipo di testimonianze, ma anche per reticenza a rendere pubblica un’esperienza che comprometterebbe la loro reputazione, una dinamica tristemente nota anche nel caso della violenza di genere perpetrata durante il conflitto bosniaco.
In mancanza di trattamento sanitario e supporto psicologico, le conseguenze della violenza di genere subìta dalle donne migranti sono ulteriormente aggravate. Per questo il Parlamento Europeo e le organizzazioni che monitorano la situazione lungo le rotte migratorie chiedono con urgenza che i governi dei paesi di transito e destinazione, le organizzazioni umanitarie e della società civile includano la dimensione di genere nell’assistenza fornita a migranti e richiedenti asilo.
È indispensabile e urgente assicurare la presenza fra il personale umanitario di operatori qualificati a gestire casi di violenza di genere, così come di staff medico e di traduttrici donne. La dimensione di genere, infine, deve essere integrata nelle politiche di asilo, promuovendo la conoscenza dei propri diritti quale passaggio fondamentale perché la migrazione possa divenire occasione di emancipazione e non di ulteriore discriminazione, offrendo nuove prospettive in grado di scalfire ruoli di genere limitanti, aprendo nuovi percorsi educativi, lavorativi e di emancipazione per le donne migranti.