Fojnica, Bosnia Erzegovina © Baolin/Shutterstock

Fojnica, Bosnia Erzegovina © Baolin/Shutterstock

Dopo la dissoluzione della Jugoslavia, la Bosnia Erzegovina e la Macedonia del Nord, note per le loro straordinarie risorse naturali e biodiversità, si sono trovate a dover affrontare la criminalità ambientale e la devastazione della natura. Nostra inchiesta

In Bosnia Erzegovina la legislazione in materia ambientale comprende, tra l’altro, le norme per la tutela delle aree naturali e i vincoli derivanti dalle convenzioni europee e internazionali che la BiH si è impegnata a rispettare. L’applicazione della normativa vigente, accompagnata da maggiori sforzi per colmare le lacune legislative, contribuirebbe alla promozione delle aree naturali protette – che hanno un grande potenziale anche dal punto di vista del turismo e dell’economia sostenibile – e alla protezione di numerosi siti storico-culturali e naturali di cui i cittadini della Bosnia Erzegovina sono legittimamente orgogliosi.

Tuttavia, la cattiva gestione delle aree naturali, le lacune nella normativa e, soprattutto, il predominio degli interessi economici hanno portato ad una situazione in cui le poche aree protette – che rappresentano appena il 3% del territorio della BiH – sono anche le più vulnerabili.

In un momento storico, come quello attuale, in cui le conseguenze del cambiamento climatico stanno diventando sempre più evidenti, i fattori antropici che minacciano l’ambiente – portando a devastazione, furto e svendita dei beni pubblici – spesso sono strettamente legati alla criminalità organizzata e alle violazioni del diritto ad un ambiente pulito, sano e sostenibile come uno dei diritti umani fondamentali.

Che in Bosnia Erzegovina il quadro legislativo in materia ambientale sia caotico e carente lo dimostra anche il fatto che la Federazione BiH [una delle due entità costitutive del paese] non dispone di alcuna normativa sulle foreste dal 2009, quando la legge finora in vigore è stata abrogata.

“Non sappiamo nemmeno quante foreste ci siano in BiH, non abbiamo alcun sistema di monitoraggio. Chi commette piccoli furti di legna viene arrestato e sanzionato, invece chi abbatte decine di ettari di foresta non solo non viene punito, ma viene premiato andando a ricoprire incarichi politici”, commenta Emina Veljović, giurista e direttrice dell’Aarhus Centar di Sarajevo.

È grazie a questa ong se recentemente una nuova proposta di legge sulle foreste della Federazione BiH è stata finalmente posta all’ordine del giorno del parlamento.

“La nuova legge – spiega la giurista – contiene alcune disposizioni che regolamentano la gestione sostenibile delle foreste e la partecipazione pubblica ai processi decisionali in materia ambientale, prevedendo anche il divieto di cambio di destinazione d’uso di aree forestali ad alto valore naturale. L’approvazione di queste norme metterebbe la parola fine a numerose prassi negative, scongiurando i tentativi di legalizzarle”.

In un contesto caratterizzato da leggi inadeguate e dalla tendenza ad escludere l’opinione pubblica dai processi decisionali, si assiste a episodi come quello che vede protagonista l’azienda pubblica Autostrade della FBiH, che ha distrutto diciotto ettari di foresta demaniale nella località di Kraljevo Brdo. Grazie ai permessi ottenuti dal ministero delle Foreste della FBiH – permessi che violano le leggi statali – l’azienda ha smaltito i rifiuti, prodotti durante lo scavo di un tunnel a Crni Vrh, nel luogo precedentemente occupato dalla foresta.

Nel Piano territoriale delle aree di particolare importanza per la Federazione BiH, approvato nel 2017, la località di Kraljevo Brdo è classificata come “area sottoposta a tutela particolare”.

I cittadini bosniaco-erzegovesi, demoralizzati da casi come quello appena descritto, sono sempre più scettici sulla capacità delle istituzioni di tutelare le risorse naturali della BiH.

Incendi dolosi in Macedonia del Nord

La procura di Skopje ha sollevato l’atto di accusa contro tre uomini (padre e due figli), arrestati all’inizio di agosto, sospettati di aver appiccato deliberatamente un incendio in una foresta demaniale, nel villaggio di Patiška Reka, in Macedonia del Nord. I tre rischiano la reclusione da sei mesi a cinque anni ai sensi dell’art. 288, comma 1, del Codice penale.

Secondo le testimonianze, l’incendio è stato causato gettando benzina e petrolio tra gli alberi a basso fusto.
“Il 9 agosto i tre soggetti hanno provocato un incendio in un’area demaniale, nella località di Dupka, alla periferia del villaggio di Patiška Reka, nel comune di Sopište. Hanno gettato liquidi infiammabili – petrolio e benzina – dando fuoco agli arbusti e all’erba secca, mettendo gravemente in pericolo l’incolumità pubblica. Ad avvistare e denunciare i sospettati è stato un testimone oculare”, si legge in un comunicato stampa diffuso dalla procura di Skopje.

Questo è solo uno dei tanti casi recentemente saliti alla ribalta in Macedonia del Nord, che quest’estate è stata colpita da incendi senza precedenti che hanno devastato le foreste, anche nei parchi nazionali.

I vigili del fuoco hanno lavorato senza sosta. Solo nel mese di agosto sono stati spenti 370 incendi a cielo aperto in tutto il paese. Stando ai dati non ufficiali, sono stati distrutti oltre 1.200 chilometri quadrati di foresta.

Chi brucia e chi taglia? Se lo chiedono molti cittadini della Macedonia del Nord, temendo che gli incendi vengano appiccati deliberatamente per vendere legna danneggiata dalle fiamme o per trasformarla in pellet.

Mentre il primo ministro Hristijan Mickoski rassicura che le foreste bruciate non verranno utilizzate per ricavare pellet e legname, l’approvazione di una legge che vieti l’uso commerciale degli alberi compromessi dalle fiamme resta un miraggio.
La Spagna è il primo paese ad aver vietato, quindici anni fa, l’utilizzo di alberi compromessi dagli incendi a fini commerciali. Dall’entrata in vigore della legge il numero degli incendi nel paese è diminuito di oltre l’80%.

In Macedonia del Nord gli enti forestali non hanno la capacità di ripulire le aree colpite da incendi, quindi gli interventi di bonifica vengono spesso affidati alle aziende private. Queste ultime tendono a vendere il legname tagliato, che poi viene utilizzato come legna da ardere o trasformato in pellet.

Considerando la frequenza e l’estensione degli incendi, vi è il timore che le aree forestali vengano distrutte in modo indiscriminato e deliberato.

Il canyon Matka, Macedonia del Nord © Matyas Rehak/Shutterstock

Il canyon Matka, Macedonia del Nord © Matyas Rehak/Shutterstock

Il disboscamento e la criminalità organizzata in BiH

Secondo la normativa vigente in Bosnia Erzegovina, il taglio indiscriminato implica l’abbattimento di tutti o quasi tutti gli alberi in un’area forestale, mettendo così a repentaglio la sopravvivenza degli ecosistemi locali.

Negli ultimi anni in BiH sono state sporte diverse denunce contro persone sospettate di aver abbattuto intere foreste. I casi denunciati – che raramente giungono ad un epilogo giudiziario – non sono che una goccia nel mare di illegalità che caratterizza il settore forestale nel paese.

Gli enti forestali, formalmente responsabili della gestione delle foreste, spesso sono coinvolti in attività criminali che minacciano gravemente le risorse naturali per le quali la Bosnia Erzegovina è conosciuta in tutto il mondo.

Prendiamo l’esempio di Ribnik, cittadina situata nel nord ovest della Republika Srpska, nota per le sue foreste, che coprono il 64% del territorio comunale. L’anno scorso, in soli quattro mesi, nel comune di Ribnik sono stati abbattuti oltre dieci ettari di foresta di faggio. Dai sopralluoghi effettuati dall’ispettorato competente è emerso che gli alberi sono stati tagliati in spregio alle norme vigenti: tutti i ceppi erano meticolosamente contrassegnati, fatto che porta a pensare che l’azienda “Ribnik”, unità operativa dell’ente forestale della Republika Srpska, abbia abbattuto la foresta violando consapevolmente le leggi. Il caso è salito alla ribalta grazie a un ingegnere forestale che ha denunciato il disboscamento illegale.

Nonostante la gravità dei reati e l’arroganza dei responsabili, gli organismi giudiziari della BiH non prestano la dovuta attenzione alla criminalità ambientale. Lo conferma il fatto che le denunce di piccoli furti di legna, presentate da privati, rappresentano circa il 70% di tutte le denunce di distruzione del patrimonio forestale.

Una situazione analoga si riscontra nel settore edile, dove la corruzione sistemica è spesso strettamente legata alla distruzione dell’ambiente. I campi agricoli si trasformano in terreni edificabili, si autorizzano progetti redditizi che minacciano le risorse naturali, si continuano a svendere i beni pubblici.

Non stupisce quindi che il recente arresto di alcuni funzionari statali, sospettati di abuso d’ufficio e corruzione, abbia avuto vasta eco nell’opinione pubblica. Il gruppo, di cui faceva parte anche Ibro Berilo, sindaco di Trnovo, è accusato di aver acquistato per anni terreni statali dall’azienda pubblica “Sarajevo-šume” [responsabile della gestione delle foreste demaniali nel cantone di Sarajevo], per poi venderli a prezzi più alti, nonostante il divieto di disporre dei beni pubblici, introdotto nel 2005 dall’Alto rappresentante in BiH.

Berilo è accusato, tra l’altro, di aver reso possibile il disboscamento illegale di una superficie di 3,5 ettari e il rilascio di autorizzazioni e permessi illegittimi per la costruzione di edifici residenziali e di altro tipo sul monte Bjelašnica. La maggior parte del terreno disboscato era coperta di alberi di abete e faggio.

La procura del cantone di Sarajevo ha stabilito che le azioni di cui sopra – che il procuratore ha definito “ecocidio e urbicidio” – hanno causato danni allo stato per un importo complessivo di circa 3,2 milioni di marchi (1,6 milioni di euro), spingendo i cittadini che hanno acquistato appartamenti sul monte Bjelašnica in una situazione di incertezza giuridica.

Il progetto, presentato nel 2003, per proclamare il monte Bjelašnica area protetta all’interno di un parco naturale più grande, non è mai stato realizzato.

L’importanza dei parchi nazionali

I parchi nazionali sono aree protette istituite dallo stato per preservare le specie animali e vegetali autoctone – spesso anche endemiche – e i loro habitat. Oltre alle risorse naturali, i parchi nazionali possono comprendere i siti di particolare importanza per le comunità locali e le testimonianze degli stili di vita nel corso della storia.

L’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) definisce i parchi nazionali come grandi aree naturali designate per proteggere interi ecosistemi, dove sono consentite anche le attività compatibili dal punto di vista ambientale e culturale.

In Macedonia del Nord la realtà è però ben diversa. Un rapporto sulla corruzione ambientale – sostenuto dall'OSCE e dalla Commissione per la prevenzione della corruzione (SCPC) della Macedonia del Nord – ha confermato che, nonostante gli sforzi compiuti dallo stato per allineare la normativa nazionale a quella dell’UE, ci sono ancora numerose lacune che aprono la strada alla corruzione.

Il rapporto individua una serie di criticità riguardanti il rilascio di permessi e autorizzazioni ambientali, l’operato degli ispettorati competenti e il coinvolgimento dell’opinione pubblica nei processi decisionali relativi al monitoraggio della qualità dell’aria, all’utilizzo delle risorse idriche e alla gestione delle aree protette.

Nel documento si evidenzia che il patrimonio forestale della Macedonia del Nord è in pericolo. Le foreste vengono distrutte, continuano i furti di legname, il monitoraggio della gestione delle foreste demaniali date in concessione è inadeguato.
Allo stesso tempo, il peggioramento del tenore di vita ha portato all’aumento della domanda di legna da ardere, considerata la fonte di riscaldamento più economica, spianando così la strada all’economia sommersa e alla corruzione.

"Dal 2001 ad oggi, la Macedonia del Nord ha perso circa il 5% delle sue foreste a causa del disboscamento illegale – si legge nel rapporto – e questo trend negativo prosegue. Nonostante i segnali di potenziale corruzione, gli sforzi delle istituzioni competenti per risolvere il problema sono inadeguati”.

Nel rapporto si parla del rischio di corruzione soprattutto nel contesto dell’edilizia illegale nella regione di Ohrid, dell’urbanizzazione delle aree protette, del rilascio di concessioni in aree rigorosamente protette e dell’adozione di leggi per la proclamazione dei parchi nazionali.

Grandi disastri naturali, una lezione mancata

La montagna Skopska Crna Gora è una delle aree maggiormente colpite dalla deforestazione in Macedonia del Nord, con enormi distese di terreno eroso. Le conseguenze della deforestazione selvaggia si fanno sentire soprattutto durante le forti piogge. I terreni “nudi” non riescono ad assorbire tutta l'acqua piovana e gli alvei dei corsi d'acqua non hanno la capacità di accogliere l'acqua fuoriuscita.

Qualche anno fa, la Macedonia del Nord ha pagato le conseguenze dei decenni di devastazione del monte Skopska Crna Gora. Il 6 agosto del 2016 una forte tempesta ha colpito la capitale Skopje e le parti occidentali del paese, causando la morte di almeno ventidue persone e decine di feriti e dispersi.

Dopo questo disastro, che ha colpito anche i villaggi ai piedi del monte Skopska Crna Gora, le istituzioni competenti hanno condotto diversi studi e avviato progetti focalizzati sull'erosione del suolo, raccomandando misure per ridurre il rischio e rimediare alle conseguenze della degradazione. Una delle proposte era di ripristinare la stabilità dei corsi d'acqua e costruire un canale fino al villaggio di Taor per convogliare l'acqua in eccesso nel fiume Vardar.

Nel frattempo però la situazione non è migliorata e i suddetti progetti – come spesso accaduto in passato – restano lettera morta.

Durante le piogge abbondanti, a causa della deforestazione selvaggia, i corsi d'acqua sul monte Skopska Crna Gora si trasformano in torrenti, l'acqua si mescola al sedimento eroso, portando con sé pezzi e blocchi di roccia. Le forti erosioni portano alla degradazione del suolo e alla formazione di solchi, burroni e frane.

Tutela della biodiversità

La Macedonia del Nord, grazie alla presenza di numerose specie endemiche e rare, è considerata una delle aree di fondamentale importanza per la conservazione della biodiversità in Europa. Tuttavia, le ricerche e la tutela della biodiversità nel paese dipendono da donazioni straniere, organizzazioni non governative e singoli individui.

Lo stato deve investire maggiori risorse in questo settore e rafforzare le capacità delle istituzioni competenti, compreso il nuovo Istituto per la protezione dell’ambiente. Questo è uno dei requisiti che la Macedonia del Nord deve soddisfare per proseguire i negoziati di adesione con l'UE. Attualmente, l’Unità per la natura, che opera all’interno del Dipartimento per la tutela ambientale, responsabile della maggior parte delle attività legate alla protezione dell’ambiente, ha solo dodici dipendenti.

Vittoria sul monte Konjuh

Dai rapporti di revisione di bilancio degli enti forestali in BiH emergono numerose irregolarità. Nonostante l’enorme valore del patrimonio forestale, la vivace industria della lavorazione del legno e la revoca del divieto di esportazione di tronchi all’estero, gli enti forestali continuano a registrare grandi perdite.

La legislazione inadeguata facilita la criminalità ambientale: i responsabili della corruzione sistemica ad alto livello spesso rimangono impuniti pur di mantenere lo status quo.

Lo conferma il caso dell’area protetta di Konjuh, nei pressi di Tuzla. Uno dei più accaniti oppositori dell’introduzione di misure più stringenti per la gestione di quest’area è proprio l’ente forestale del cantone di Tuzla. Secondo la legge del 2009, il taglio è consentito su oltre il 70% dell’area protetta di Konjuh.

Disboscamento illegale sul monte Konjuh © Sanja Mlađenović Stević

Disboscamento illegale sul monte Konjuh © Sanja Mlađenović Stević 

"Dall'approvazione della legge fino al 2020, quando è stata installata una rampa nella parte dell’area protetta vicino al villaggio di Banovići, i camion hanno portato via senza sosta il patrimonio forestale di Konjuh. Negli anni scorsi i camion venivano fermati e controllati dalla parte di Banovići, mentre dall'altra parte di Konjuh passavano indisturbati, perché i dipendenti dell'ente pubblico che gestisce quest'area protetta non osavano fermarli", spiega Adi Selman, membro del gruppo informale "Karton revolucija" [Rivoluzione di cartone] di Tuzla.

L'attivista Adi Selman © Sanja Mlađenović Stević

L'attivista Adi Selman © Sanja Mlađenović Stević

Grazie alla tenacia e al ricorso ai social, i giovani entusiasti sono riusciti a realizzare un traguardo che in Bosnia Erzegovina era considerato impossibile. Dopo due anni di lotta – nonostante le procedure farraginose e la tendenza delle istituzioni competenti a fare ostruzionismo e ignorare il problema – gli attivisti, come sottolineano, hanno sconfitto la mafia del legno.

"A distanza di due anni dall’invio al parlamento del cantone di Tuzla di una proposta di modifica del piano di tutela dell’area protetta di Konjuh – e dopo quattordici anni di devastazione delle foreste e di un ecocidio senza precedenti – è in corso l'installazione di una rampa e delle camere di videosorveglianza per monitorare la circolazione dei camion che portano via la legna dall'area di Konjuh. Il divieto di disboscamento verrà esteso al bacino del fiume Oskova e ad altre aree fragili di Konjuh", sottolinea Adi Selman.

"Questa è la prova che vale la pena combattere", conclude l’attivista. Parole di incoraggiamento rivolte a tutti i cittadini della Bosnia Erzegovina che, pur pagando da decenni le conseguenze di atteggiamenti irresponsabili nei confronti dell’ambiente, spesso non osano alzare la voce né protestare.

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto


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