Società civile e governo sono due realtà che nei Balcani si incontrano e scontrano, faticando ancora a trovare canali di cosultazione stabili e riconosciuti. Unimondo affronta la questione facendo un quadro della situazione odierna nei paesi dell'area. Nel primo articolo, l'Albania
Fonte: Unimondo
Articolo di Valentina Pelizzer, inviata di Unimondo
Società civile e governo due realtà che si incontrano, scontrano e che, nei Balcani, faticano a trovare canali di consultazione stabili e riconosciuti. Un viaggio nel dialogo istituzionale, nella partecipazione alla definizione di politiche a favore di donne, giovani, contro l'esclusione sociale e per un governo trasparente e responsabile. Sette articoli per presentare l'attuale dialogo fra associazionismo e governi nazionali nei balcani. Per i cittadini e le cittadine albanesi dopo anni di lunghe file e attese si aprono le porte dell'Europa. Ma com'è cresciuta in questi anni la società civile albanese. Per cosa combatte e quanto è riuscita a costruire nella relazione con le autorità?
Associazionismo e Carta della società civile. Le tappe fondamentali della storia recente dell'associazionismo Albanese cominciano nel 1990 con la prima legge sulla libertà di associarsi, ribadita nel 1994 dalla prima legge che stabilisce il diritto per ogni cittadino e cittadina a formare associazioni non-profit. Successivamente nel 2001 vengono approvate tre leggi fondamentali che permettono l'esercizio di attività economiche, regolando il diritto a ricevere fondi e donazioni.
Si deve aspettare però il 2009, e la conclusione di un progetto dell'agenzia governativa tedesca GTZ , per vedere definito e formalizzato il processo di consultazione fra organi governativi e società civile. Si tratta della prima Carta della Società civile, una piattaforma che stabilisce forme e canali per il dialogo fra governo e associazionismo. Fra le associazioni particolarmente coinvolte ed attive spiccano l'Human Development Promotion Centre, Partner , Institute for Habitat Development e Gender Alliance Development Centre . Sempre nel 2009 viene creata l'Agenzia per il supporto della Società civile con il compito di stabilire e garantire meccanismi di finanziamento pubblico nazionale. Questi cambiamenti sono però, legati più alla necessità dei governi di soddisfare le condizioni poste dal processo di accessione alla Unione Europea, che ad una genuina volontà e riconoscimento del ruolo della società civile. Nella realtà quotidiana la società civile albanese stenta a vedersi riconosciuta un ruolo, e continua a combattere con la mancanza di sistema e di canali di informazione uniformati.
Autonomia finanziaria. Precaria è anche l'autonomia finanziaria di un settore che continua a dipendere pesantemente dai finanziamenti dei donatori stranieri e che non può contare su una sensibilità filantropica diffusa tanto fra i/le cittadini e cittadine che fra le imprese. Solamente il 10% dei bisogni annuali di una associazione viene coperto da fondi provenienti dalle quote associative a cui si aggiunge una legislazione finanziaria ostile che non prevede la possibilità di facilitazioni fiscali per chi faccia delle donazioni.
A questo si aggiunge una sempre minore presenza di donatori con un aumento della competizione ma anche una riduzione dei fondi dedicati alla ricerca sociale ed all'analisi, cosa che indebolisce ulteriormente la capacità delle associazioni di caratterizzarsi come soggetti capaci di proporre soluzioni per importanti riforme.
In questo panorama critico esistono però, due elementi che potrebbero fornire sostenibilità alle associazioni. Il primo la previsione di un aumento del supporto finanziario da parte dei governi locali e il secondo, la creazione dell'Agenzia per il supporto della Società civile. Elemento di preoccupazione desta il fatto che l'Agenzia, nonostante sia stata formalmente creata, aspetta ancora la nomina del primo consiglio di amministrazione per poter divenire operativa, nel frattempo i fondi allocati e non spesi nel 2008 pari ad 1 milione di euro, sono stati diminuiti del 34% nel 2009 divenendo 0.7 milioni.
Battaglie vinte. In un panorama critico che sembra fare un passo avanti e due indietro, vale la pena ricordare alcuni dei settori in cui l'associazionismo è riuscito a dimostrare la propria capacità di proporre politiche, documenti strategici e proposte di legge far si che le proprie proposte divenissero. Si va dalla partecipazione alla scrittura della Costituzione, alla strategia nazionale per lo sviluppo sociale ed economico, alla strategia per il decentramento dei governo locali, alla legge per l'assistenza legale gratuita e alla creazione nel 2009 della commissione per la difesa dei consumatori e delle consumatrici.
Ma il settore in cui la società civile ha sicuramente mostrata la propria capacità di leadership divenendo promotrice di politiche è sicuramente quello dei diritti delle donne: dalla legge contro la violenza in famiglia approvata nel 2007 e promossa con una campagna supportata da più di 20.000 persone, alla stesura delle strategie nazionali per l'eguaglianza di genere, a quella contro il traffico degli essere umani e per finire la legge anti-discriminazione approvata nel marzo di quest'anno. Sempre nel settore delle politiche sociale va ricordata la strategia per le persone disabili e per la protezione dei diritti dei bambini.
Resta naturalmente aperta oltre alla battaglia per una reale implementazione delle leggi e delle varie strategie nazionali di settore approvate, la necessità di insistere su una partecipazione strutturata e costante, su una autentica realizzazione dei meccanismi consultativi e su un riconoscimento di saperi utili a generare cambiamenti positivi e sviluppo in settori vitali come la lotta contro la corruzione, e l'aumento di trasparenza e responsabilità dell'amministrazione pubblica.