Crisi economica, alto tasso di disoccupazione e scarsi investimenti esteri. L'economia serba stenta a ripartire. Mentre il ministro dell'Economia promette incentivi per gli imprenditori, a livello locale alcuni hanno deciso di combattere la crisi contrastando l'economia informale grazie ad un progetto guidato da Prosvil, Ong italiana legata alla CGIL

20/10/2010 -  Cecilia Ferrara Belgrado

Il ministro serbo dell'Economia Mlađan Dinkić lunedì 18 ottobre ha affermato alla stampa: “L'anno prossimo andrà meglio”, ed ha poi citato gli investimenti esteri per 4 miliardi di dollari che arriveranno in Serbia, tra Fiat e privatizzazione di Telekom Srbija.

Intanto la crisi economica mondiale ha investito pesantemente la Serbia: si è passati da una crescita del 5,5% del Pil nel 2008 ad un -3% di decrescita nel 2009. Secondo Dinkić nel terzo trimestre del 2010 il Pil è cresciuto tra il 2 e il 2,5% e dal gennaio 2011, promette, gli incentivi concessi dallo Stato alle imprese estere che vengono ad investire in Serbia saranno applicati anche alle imprese serbe che impiegano più di 50 lavoratori.

Ma c'è chi non aspetta né gli interventi governativi né gli investimenti diretti esteri, tra l'altro notevolmente in calo dal 2008 nonostante l'arrivo della Fiat. Stiamo parlando degli attori sociali che hanno deciso di combattere la crisi contrastando l'economia informale grazie ad un progetto europeo guidato da Prosvil, Ong italiana legata alla CGIL.

“Abbiamo vinto un bando europeo all'interno del programma quadro per il rafforzamento del dialogo tra società civile europea e serba – spiega Mauro Mascioli referente di Prosvil in Serbia – e, assieme ai nostri partner abbiamo pensato a questo progetto, della durata di un anno, dal titolo 'Costruire una partnership per ridurre l'economia informale in Serbia'. La novità rilevante del progetto è che siamo riusciti a mettere insieme due sindacati serbi, l'UGS Nezaviznost e il Savez samostalnih sindikata Srbije con l'associazione degli imprenditori UPS".

Associati al progetto sono il Consiglio economico e sociale della Repubblica di Serbia e la Stalna konferencija gradova i opstina, tramite cui sono state coinvolte le amministrazioni delle località dove verrà implementato il progetto. I partner europei sono CGIL e SOLIDAR network europeo di Ong che si occupa di tematiche relative alla giustizia sociale in Europa e nel mondo.

Con 146 mila euro in un anno il progetto si propone l'obbiettivo di migliorare la protezione istituzionale dei lavoratori in tre città serbe, Loznica, Kruševac e Subotica, e si concentrerà in 3 settori critici per quanto riguarda il lavoro informale: il turismo, l'edilizia e il commercio. “Il progetto si propone di fare un piccolo primo passo verso la lotta al lavoro nero – spiega ancora Mascioli – tramite seminari di formazione sui temi del lavoro e dell'imprenditorialità, campagne informative sulla necessità di un'economia che abbandoni il sommerso e tre ricerche nei settori indicati dal progetto”.

I seminari saranno uno per ogni città sugli "Standard europei ed esempi di best practices sull'economia informale e sul dialogo sociale a livello locale", uno a Belgrado sull'esperienza italiana di supporto legale ai lavoratori del sommerso e due seminari in ognuna delle città coinvolte dedicate ai diritti dei lavoratori. Per le tre città è prevista una ricerca sull'economia informale nei tre settori di riferimento e la creazione di gruppi di lavoro tra le parti sociali per combattere il fenomeno.

“L'elemento che riteniamo più importante – conclude Mascioli - è il dialogo tra le parti sociali che possano lavorare insieme su un problema che è deleterio per tutti, anche per le imprese”.

Le tre municipalità si trovano a nord al confine con l’Ungheria (Subotica), nella Serbia centrale (Kruševac) e nella Serbia occidentale (Loznica). Sono state scelte per la similarità dei problemi che le affliggono: privatizzazioni e spesso chiusura delle grandi imprese pubbliche e scarsa capacità del territorio a far ripartire la propria economia.

Loznica, ad esempio, è una cittadina al confine con la Bosnia Erzegovina di circa 80 mila abitanti, tra cui, secondo L'ufficio nazionale per l'impiego, 12.600 disoccupati, ovvero il 41% della forza lavoro. Secondo dati raccolti dai sindacati almeno 1300 di questi disoccupati sarebbero in realtà occupati nell'economia informale. I dati preliminari raccolti per la promozione del progetto raccontano di un processo di privatizzazione e di una crisi economica che hanno lasciato molti “cadaveri” industriali sul campo. Tra questi ad esempio la HK “Viskoza” Loznica (10.000 lavoratori) e la “Zidar” (1.060 lavoratori).

A Rasina, distretto centrale della Serbia della municipalità di Kruševac, nel dicembre 2009 erano registrati 27.621 disoccupati e nella città di Kruševac erano 16.325. Almeno un terzo di questi è scivolato nell'economia informale. A Kruševac le aziende chiuse sono: “Trajal” (1000 lavoratori), “HIAD Henkel Merima” d.o.o. (256 lavoratori), "IMK 14 oktobar” (solo nel 2009 1.000 lavoratori hanno perso il loro posto). Nelle 38 aziende privatizzate in quest'area il 40% degli impiegati ha perso il posto di lavoro.

A Subotica i disoccupati sono attorno alle 10.400 unità. La situazione è peggiorata con alcune ristrutturazioni di grandi imprese come “Sever” che ha ridotto i dipendenti da 6000 a 800, con la chiusura di “29 novembar” e “Azotare”. Un disastro che sembra andare oltre il 20% circa di disoccupazione ufficiale a livello nazionale.

“Secondo una nostra ricerca che comparava fonti differenti – spiega Nataša Cupać Pavlovski dell'Associazione serba degli imprenditori – si stima che l'economia illegale abbia contribuito nella prima metà del 2010 al 35/40% del Pil serbo. I tre settori principali sono aziende non registrate come quelle ad esempio di idraulici o imbianchini; l'assunzione di lavoratori completamente o parzialmente in nero; il riciclaggio di denaro sporco o malversazioni finanziarie”.

L'Associazione serba degli imprenditori (Unija poslodavaca Srbije) raggruppa 1.700 aziende individuali e 120 associazioni imprenditoriali di categoria. In tutto rappresenta il 12% delle aziende serbe. L'associazione ha deciso di partecipare al progetto promosso dall'Ong Prosvil convinta che l'economia informale generi concorrenza sleale.

“Molti imprenditori cadono nell'economia informale – spiega Nataša Cupać Pavlovski - da una parte perché non ce la fanno a pagare i contributi e risparmiano assai non pagandoli, dall'altra perché i controlli sono molto scarsi e le punizioni sono blande. Questo crea una disfunzione nel mercato che punisce chi agisce secondo le regole. Lo Stato non si occupa granché di questo problema”. “Ritengo sia molto importante un progetto come quello di Prosvil – continua - poiché mette insieme enti locali, sindacati e imprenditori. Fa capire da una parte alle autorità quanti soldi perdono a causa del sommerso, dall'altra parte è un progetto che ha come scopo quello di incoraggiare gli imprenditori che lavorano legalmente e metterli in guardia riguardo al settore informale. Infine si informano i lavoratori sui propri diritti, che, sebbene in questi tempi di crisi sappiamo bene quanto essi siano ricattabili, almeno potranno sapere a chi si possono rivolgere e cosa possono fare per migliorare la propria situazione”.

“Infine – conclude la Cupać Pavlovski – è un progetto molto importante perché crea delle connessioni tra parti sociali in un network locale, che può portare allo sviluppo di successive collaborazioni e fa capire in generale che piuttosto che aspettare l'intervento dello Stato, è bene darsi da fare insieme a livello locale”.


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