Vi è mai capitato di intervistare un eroe? Di scambiare idee e vita con un un uomo che per una parte di mondo è considerato come il salvatore, l’uomo che è riuscito a fermare con pochi mezzi un esercito che aveva la fortuna di poter utilizzare i mezzi e le armi di quello che era uno dei più grandi eserciti europei, l’Armata Nazionale Jugoslava?

Io ho avuto questa fortuna e mi piace raccontarvi come sono riuscito ad incontrare Jovan Divijak, il serbo difensore di Sarajevo, ma non solo.

L’uomo per cui Sarajevo era tutto al di là della nazionalità di chi l’abitasse.

L’incontro con Divijak avvenne il 13 novembre 2018 nella sede dell’Associazione da lui diretta, OGBH (Obrazovanje Gradi Bosnu i Hercegovinu/Education Builds Bosnia and Herzogovina) .

Ma prima di questo incontro vis a vis, qualche anno prima ci fu una incredibile e inaspettata telefonata.

Ero stato a Sarajevo, solo per un giorno, e avevo deciso di tentare la sorte cercando di incontrare Divijak. Così mi feci portare da un taxi a Grbavica nella sede dell’Associazione, ma per motivi lavorativi il Generale Divijak non era in ufficio.

Ci rimasi male, naturalmente, ero dispiaciuto di non averlo potuto incontrare, anche se ero contento di aver potuto visitare i locali dell’Associazione e parlare con chi vi lavorava.

Lasciai i miei contatti, ma onestamente non confidavo in un repentino contatto.

Tornato in Italia smisi di pensare a Divijak preso com’ero nel tentativo di salvare il mio dottorato in etnologia dal fallimento, ma una mattina mentre passeggiavo nei viali dell’Università, il mio telefono squillò. Era un numero estero, risposi, e rimasi senza parole, dall’altro lato del filo c’era Jovan Divijak che mi parlava in inglese con l’aiuto di una sua collaboratrice e mi ringraziava della visita e si diceva felice d’incontrarmi in un’altra occasione.

Pochi minuti, ma la voce di quest’uomo fiero e vero, mi rimasero nel cuore.

L’occasione per incontrarci non si palesò subito, per vari motivi fu impossibile per me raggiungere Sarajevo e nel frattempo Divijak venne arrestato a Vienna su mandato dei tribunali serbi, con l’accusa di crimini di Guerra. Come sempre accade nel dopo guerra chi è un eroe per una delle parti in causa è quasi sempre considerato un criminale dal “nemico”.

Poi qualche mese dopo iniziai a programmare il mio ritorno a Sarajevo, l’occasione il Festival Pravo Liujdski, così scrissi una nuova mail all’Associazione. Mi risposero in breve termine, Jovan Divijak aveva piacere d’incontrarmi, finalmente avevo un appuntamento.

Con trepidazione salii di nuovo la collina di Grabavica e finalmente riuscii a incontrarlo.

Davanti a me avevo un uomo sorprendente, com’è sorprendente la sua storia, ma anche un uomo che almeno inizialmente sembrava studiarmi, voler saggiare la mia reale conoscenza della storia e della realtà politico-sociale recente di Sarajevo e della Bosnia.

Divijak è seduto alla sua scrivania, mi invita a sedermi e mi porge una copia in italiano del libro che racconta la sua storia Sarajevo Mon Amour edito da Infinito edizioni, e attende le mie prime domande.

Alla fine la tensione si scioglie, e l'intervista tocca molti temi caldi, Srebrenica, l'importanza dell'educazione nel paese, e della cultura in generale, sulla sua Sarajevo.

Al termine dell'intervista finiamo per parlare di calcio e di film e scattiamo la classica foto ricordo, con la promessa di incontrarsi di nuovo.

Ma la vita, si sa, sceglie per noi e così quell'incontro non è più avvenuto e mi rimane il rammarico di non averlo potuto incontrare di nuovo.

Ci vorrà tempo perché il popolo (o meglio i popoli) della Bosnia ed Erzegovina comprenda davvero quale è stato il ruolo e l'apporto che Jovan Divijak ha donato al paese, ora è necessario che la sua eredità non vada perduta.

Damiano Gallinaro assieme a Jovan Divjak

20/04/2021 - 
 

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