In Kosovo il motto standard prima dello status sembra oramai essere stato definitivamente accantonato. Di ritorno da New York, Soeren Jessen-Petersen, a capo dell'amministrazione ONU del Kosovo, si è detto convinto che a breve partiranno i negoziati tra Pristina e Belgrado
Il Kosovo è in un limbo ed attende i risultati del lavoro d'analisi dell'inviato di Kofi Annan, Kai Eide, sul rispetto degli standard. Utilizzando la tecnica di non rivelarne i contenuti ma d'anticiparne, poco alla volta, le caratteristiche generali, la comunità internazionale, rappresentata in questo caso dai paesi del Gruppo di Contatto e dal Segretario Generale ONU, sembra comunque voler preparare il terreno all'avvio dei negoziati sullo status finale. Quindi il tempo che ci separa dal conoscere il punto di vista di Eide sulla situazione in Kosovo verrà probabilmente utilizzato appieno per definire le posizioni negoziali iniziali di ciascuna parte in causa.
L'impressione è che i negoziati infatti si avvieranno ed è ora mai chiaro che la strategia "standard prima dello status" non verrà applicata al 100%, come era stato definito inizialmente dalla comunità internazionale. E' molto probabile che il rapporto di Kai Eide sottolinei cosa è stato raggiunto sino a ora e le aree dove sono ancora necessari molti miglioramenti. Nessuno però mette oramai in dubbio che il rapporto, qualsiasi sia il suo contenuto, possa bloccare l'avvio dei negoziati.
Ma chi ha fretta di procedere?
E' forse la comunità internazionale o sono i rappresentanti delle comunità albanese del Kosovo? O entrambi?
Perché la comunità internazionale dovrebbe avviare i negoziati senza che siano stati raggiunti gli standard da lei posti come requisito imprescindibile alla definizione dello status giuridico della Provincia?
Una posizione è comunque chiara: né la comunità internazionale e neppure la comunità albanese del Kosovo vogliono che perduri l'attuale status quo.
Di ritorno da New York il Rappresentante Speciale del Segretario generale Soren Jessen-Petersen ha dichiarato ai giornalisti che se tutto procede come previsto dalla comunità internazionale il 2006 sarà l'anno della definizione dello status del Kosovo. Ha anche aggiunto che, in seguito agli incontri e ai colloqui avuti al quartier generale delle Nazioni Unite, è ancora più convinto che in pochi mesi si avvieranno i negoziati.
Il quotidiano kosovaro Koha Ditore scrive di come "Jessen-Petersen ha portato due messaggi da New York: il primo è che i negoziati prenderanno avvio prima della fine dell'anno e che dovrebbero terminare entro la fine del 2006. Il secondo è che i kosovari non debbono pensare che l'avvio dei negoziati significhi che la questione degli standard sia chiusa. Anzi, Jessen-Petersen si aspetta che si continui a lavorare agli stessi ritmi dei mesi scorsi".
Il Rappresentante Speciale è stato ripreso anche da altri media: "Mi aspetto che la decisione del Presidente Rugova di definire una squadra di negoziatori venga sostenuta anche da altri. In questo modo le preparazioni per i negoziati sullo status possono prendere avvio, solo così noi potremo definire una strategia adeguata".
Con il "noi" sono da intendersi la comunità internazionale e i leader politici kosovari.
Tra "quei" leader politici kosovari non vi sono i politici serbo-kosovari. Questi ultimi, secondo molti e soprattutto secondo loro stessi, siederanno sul lato del tavolo negoziale riservato al governo di Belgrado, al fianco dei rappresentanti di quest'ultima.
I politici serbi kosovari s'appoggeranno, come ormai è evidente da tempo, alla posizione del governo serbo. Ed è questa parte della tavola che ci si aspetta dovrà scendere al compromesso più difficile, se non addirittura uscire del tutto sconfitta dai negoziati.
La comunità internazionale dal canto suo cercherà di arrivare alla fine dei negoziati e tenterà di non perdere completamente la faccia.
Negli ultimi sei anni di governo del Kosovo la comunità internazionale rappresentata dalla missione ONU in Kosovo (UNMIK) ha tentato di barcamenarsi assieme ai politici kosovari ed ai suoi cittadini per creare istituzioni, migliorare le capacità di governo e cercando di modificare l'attitudine della maggioranza albanese nei confronti delle minoranze ma soprattutto nei confronti della responsabilità di governo.
Negli ultimi sei anni la comunità internazionale ha anche tentato di lavorare più a stretto contatto possibile con i serbi del Kosovo e soprattutto con i loro rappresentanti politici ma la decisione di questi ultimi di boicottare le ultime elezioni e tutte le attività delle istituzioni kosovare li ha portati sempre più lontani. Ed è così, distanti, che si ritroveranno al tavolo delle trattative.
Non avendo molta forza per difendere i propri interessi presso le istituzioni del Kosovo ed attraverso il processo politico in Kosovo e politici serbi hanno preferito delegare tutto alla Belgrado ufficiale. Da una parte hanno ricevuto più forza contrattuale ma soprattutto ne sono risultati deresponsabilizzati rispetto a qualsiasi conseguenza alla quale porteranno i negoziati.
Se la situazione attuale sia colpa del cattivo insegnante o piuttosto dei cattivi studenti lo dimostrerà il tempo. Le analisi future sul Kosovo daranno risposte adeguate a questa domanda ed ad altre, aiutate da un certo distacco storico. Equivoci politici, testardaggine, l'approccio di chi pensa di saper governare meglio il Kosovo di chiunque altro (e soprattutto degli internazionali), corruzione, disastrosa situazione economica e sociale, alto tasso di disoccupazione, violazione dei diritti umani, incapacità di arrestare e condannare gli autori di efferati crimini, intolleranza interetnica: tutto questo ha caratterizzato il Kosovo degli ultimi anni.
Quando arriverà il tempo le tre parti dovranno sedersi allo stesso tavolo per parlare del futuro e provare a raggiungere una posizione condivisa.
Dove siederà la comunità internazionale a questo tavolo? Sarà forse vicina al gruppo di negoziatori albanesi? Un po' più di quanto non dovrebbe esserlo?
E come sarà composto il gruppo negoziale designato dalla comunità albanese? Il Presidente Ibrahim Rugova, estensore di una proposta, non sembra aver considerato di invitare a farne parte i rappresentanti delle minoranze. I serbi siederanno con Belgrado, e gli altri?
A prescindere da quale sia il futuro istituzionale del Kosovo ciò che so come cittadina, sia che divenga indipendente o fortemente autonomo, è che i problemi che ancora non sono stati risolti saranno ancora lì. Ed occorrerà affrontarli.
Perciò, cari signori, comportatevi con responsabilità.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!
Commenti
Log in or create a user account to comment.