Riportiamo l'intervento integrale di Alma Lama, giornalista della rete televisiva RTK in Kossovo e corrispondente dell'Osservatorio sui Balcani, al convegno "Vivere senza futuro? L'Europa tra amministrazione internazionale ed autogoverno: i casi di Bosnia Erzegovina e Kossovo".
Il settore dei media in Kosovo non può essere definito un' "isola felice", sfortunatamente esso rispecchia lo sviluppo generale raggiunto da questo Paese. Due anni fa quando arrivai in Kosovo per lavorare come giornalista, la mia prima sensazione riguardo le relazioni tra l'amministrazione internazionale ed i media locali fu che la situazione era simile a quella di un regime totalitario.
In molti casi era impossibile raggiungere un funzionario per un'intervista e se ci si rivolgeva direttamente alle sedi apposite, magari inviando via mail le domande, le risposte arrivavano raramente. Di certo questo è un comportamento comune ai funzionari dell'amministrazione in tutti i Paesi del mondo, ma in un Paese dove non c'è nulla che li obblighi ad informare il pubblico ciò costituisce un serio problema.
I media da una parte devono affrontare questo atteggiamento nei loro confronti e contemporaneamente i giornalisti sono consapevoli del fatto che senza la versione dei funzionari internazionali gli articoli non possono venire pubblicati: questo si risolve nel fatto che molte storie non vengono pubblicate e fatte conoscere al pubblico perché i vari funzionari internazionali decidono di non rilasciare dichiarazioni. Ma questo non è il solo problema: più rilevanti per i media in Kossovo sono quelli relativi alle enormi pressioni provenienti dai partiti politici e quelli legati all'autocensura.
Il fenomeno dell'autocensura è evidente soprattutto nelle tre televisioni nazionali e soprattutto nella televisione per la quale lavoro: dopo gli eventi di marzo i media sono stati accusati di avere fomentato la protesta, anche se attualmente non è stato ancora provato. Colpevoli o meno, la prima conseguenza di questa accusa è stato un elevato aumento del livello di autocensura.
Durante la successiva campagna elettorale i media in Kosovo sono ad esempio stati più conformisti che mai. Le varie reti televisive hanno organizzato dei "dibattiti" con i candidati dei partiti politici. Ma mi sono sembrati molto più monologhi tenuti dai politici che non vere discussioni: i giornalisti non volevano infatti rischiare ponendo domande più ardite, contestare le affermazioni dei politici ospiti, così come fanno invece i loro colleghi che lavorano in televisioni più "prestigiose".
I giornalisti, invece, hanno speso molte energie contando ogni secondo concesso ad ogni candidato, perché il TMC aveva imposto leggi molto restrittive riguardo la campagna elettorale, specialmente per le televisioni pubbliche che furono obbligate a concedere 2 ore di tempo ad ogni soggetto politico e si trattava di ben 33 soggetti. "Un lavoro veramente corretto ed eccellente" è stata la valutazione fatta dall'OSCE, dagli osservatori del Consiglio d'Europa e dal TMC riguardo la copertura della campagna elettorale da parte dei media.
Ma la mia domanda è: questi sono i media che queste istituzioni vogliono? Media totalmente "anemici" che ripetano esattamente tutto ciò che i politici desiderano dire, anche mentendo senza subire conseguenze e senza che qualcuno sottolineai le loro responsabilità rispetto a quanto affermano? Come si sa la missione dei media dovrebbe essere invece quella di informare il pubblico attenendosi alla realtà dei fatti.
Attualmente i media soffrono non solo di conformismo ma anche di mancanza di professionalità. La maggior parte dei giornalisti ha un'età al di sotto dei 25 anni e quindi senza apprezzabile esperienza. Anche gli editor sono inesperti e talvolta molto vicini ai partiti politici. Molti di questi non amano far problemi perchè non vogliono rischiare la propria posizione, gli articoli di giornalismo di inchiesta sono molto rari, la maggior parte dei giornalisti pensa che non valga la pena di affrontare un lavoro tanto pericoloso. Le agenzie di stampa non hanno denaro a sufficienza per finanziare reportage di inchiesta.
La maggior parte del sistema dei media dopo la guerra è stato costruito dai Paesi donatori e non è concorrenziale, non c'è inoltre alcun mercato pubblicitario e questo è uno dei motivi principali per cui i media elettronici non si sono ancora sviluppati. D'altro canto le leggi riguardanti i media elettronici non sono state ancora approvate dal Parlamento, in tal modo i giornalisti non sono protetti da nessun meccanismo. E questa situazione rende molto difficile questo lavoro. L'assenza di leggi appropriate riguardo i media e di codici etici è un altro fattore chiave di questo mancato sviluppo.
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