Viaggio della memoria a Prijedor

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9 agosto 2019

Il 24 e 25 luglio una delegazione trentina è stata in Bosnia occidentale, su organizzazione del "Gruppo Mori per Stara Rijeka" attivo nella zona di Prijedor fin dal 1998. La delegazione ha partecipato a diversi incontri e alla commemorazione delle vittime del massacro di Briševo. Foto e testi di Nicole Corritore di OBCT

Il viaggio è stato deciso dopo che Ivo Atlija, superstite dell'eccidio avvenuto nel villaggio di Briševo il 25 luglio del 1992, era venuto per la prima volta in Italia tra Mori, Rovereto e Trento, per raccontare in pubblico ciò che accadde. Testimone d'eccellenza, non solo per aver testimoniato in diversi processi per crimini di guerra al Tribunale dell'Aja, Atlija ha invitato una delegazione trentina a partecipare alla commemorazione delle vittime che si tiene ogni anno.

Il "Gruppo Mori per Stara Rijeka" ha così deciso di partecipare alla commemorazione, durante la missione annuale, nel villaggio di Stara Rijeka, luogo in cui il gruppo è attivo da più di 15 anni e a pochi chilometri da Briševo, nel territorio della municipalità di Prijedor, in Bosnia occidentale. Territorio dove nel maggio '92 era iniziata la pulizia etnica nei confronti dei non-serbi.

Si ringrazia Matteo Benedetti, membro del Gruppo Mori per Stara Rijeka , per la cessione di una foto.

Partenza — A notte fonda del 23 luglio 15 persone sono partite dal Trentino verso Prijedor, in Bosnia occidentale. Alla guida Aldo Cavagna, del “Gruppo Bosnia per Stara Rijeka” che ha organizzato il viaggio per incontri nei luoghi in cui opera da anni. Al viaggio ha partecipato anche, per la prima volta in Bosnia Erzegovina, l'assessore alla cultura del Comune di Mori

Prijedor è il territorio in cui, durante la guerra, vennero aperti dai serbo-bosniaci quattro campi di concentramento, tra i quali Omarska e Trnopolje di cui si seppe l'esistenza ad inizio agosto '92 grazie al reportage dei giornalisti Penny Marshall e Ed Vulliamy di The Observer. Solo ad Omarska vennero detenute 3.334 persone di cui 37 donne e 28 minori. Alcune centinaia vennero uccise e occultate in fosse comuni.

Mine — Il gemellaggio Mori-Stara Rijeka nasce nel 1998 per rispondere alla richiesta di aiuto lanciata dalla diocesi di Banja Luka dopo la devastante guerra '92-'95. Tra il 1999 eil 2000 si organizzarono viaggi per portare medicinali, viveri, vestiario e stufe. Questo è il cartello apposto all'ingresso del villaggio, dove sono segnate le zone minate o a rischio mine

Stara Rijeka si trova oggi al confine tra le due entità di cui è composta la Bosnia Erzegovina: la Repubika Srpska e la Federazione croato-musulmana. Nel 1991 contava 674 abitanti, secondo il censimento del 2013 sono 87. La chiesa, distrutta durante la guerra, è stata ricostruita ad inizio anni 2000 anche grazie ai volontari del Gruppo Mori

Incontro — Boris Ljevak, giovane parroco di Stara Rijeka, è l'unico riferimento per gli abitanti, in maggioranza anziani, paese in cui le istituzioni sono totalmente assenti. Il Gruppo Mori dal 2003 aiuta la comunità, finanziando tra le altre cose il trasporto dei 16 minori lungo i 10 km di sterrato verso Ljublja che altrimenti dovrebbero fare a piedi

La delegazione trentina si è poi spostata a 5 km, nel villaggio di Briševo. Ivo Atlija racconta cosa accadde qui tra il 24 e il 25 luglio 1992. Le truppe serbo-bosniache, dopo aver bombardato il paese, uccisero 68 persone e deportarono gli uomini nei campi di concentramento. Atlija riuscì a nascondersi e, dopo mesi, a rifugiarsi in Germania. Nella chiesa è stata apposta una lastra con i nomi delle vittime e le foto del paese prima della guerra e dopo la distruzione totale.

Lapidi — Briševo aveva prima della guerra 421 abitanti, tutti croato-bosniaci. Ad oggi nessuno è più tornato a viverci. I parenti delle vittime hanno deciso quest'anno di apporre delle targhe in ciascun luogo in cui sono state uccise. Queste sono quelle spostate all'interno della chiesa dopo che, nel maggio scorso, sono state vandalizzate

Ivo Atlija, fin dal giorno dell'eccidio ha deciso di cercare giustizia per quelle vittime. Ecco perché ha testimoniato al Tribunale dell'Aja, in diversi processi: a carico del sindaco di Prijedor, Milomir Stakić, di Radovan Karadžić e di Ratko Mladić. Una parte della responsabilità di comando, rispetto ai fatti di Briševo, è entrata a far parte delle incriminazioni a Karadžić e Mladić

Sparse tra boschi e sentieri o vicini alle case oggi inesistenti, perché totalmente distrutte nel bombardamento precedente l'eccidio, sono state apposte delle stele nell'esatto luogo in cui sono stati rivenuti i corpi delle vittime. Luka Mlinar, 16 anni, era su questo sentiero il 24 luglio con il suo grande amico e compagno di classe, Mirsad, quando una granata li ha uccisi

Mirsad Švraka, ha trovato la morte accanto al suo amico Luka, sulla strada a 300 metri dalla chiesa di Briševo. Mirsad era del villaggio vicino, Rizvanovići, abitato da bosniaci musulmani sempre stati in ottimi rapporti con i croato-bosniaci di Briševo. Anche Rizvanovići ha subito la pulizia etnica. Aveva 1571 abitanti prima della guerra, ricostruito dopo il conflitto, vi sono però rientrate solo 800 persone

Casa — A Briševo oggi ci sono solo tre case, oltre alla chiesa che è stata ricostruita tra il 2003 e il 2004 anche grazie all'aiuto del Gruppo Mori. Le case vengono usate dai parenti solo a luglio di ogni anno nel giorno della commemorazione. Le macerie del resto del villaggio nei 27 anni dopo l'eccidio sono state coperte da alberi e sottobosco

Messa — Ogni anno il 25 luglio i superstiti dell'eccidio e i parenti delle vittime, che finirono da profughi a vivere in diversi paesi europei come Austria, Germania, Croazia ma anche Stati Uniti, vengono a ricordare i loro cari. Quest'anno erano in 300, in presenza dei quali il vescovo di Banja Luka, Franjo Komarica, ha officiato la messa

Chiesa — La chiesa di Briševo è molto piccola e una metà dei presenti ha dovuto ascoltare da fuori le preghiere e i canti. Nel giardino, accanto all'altro crocifisso attorniato da lumini, è stato montato un tendone dove l'Associazione di Briševo, costituita da familiari delle vittime e superstiti, ha organizzato un pranzo per tutti i partecipanti.

Croce — Dopo la messa, sotto al crocifisso nel giardino il vescovo Komarica ha benedetto i presenti e, dopo il minuto di silenzio, ha invitato l'assessore del Comune di Mori, Fiippo Mura, venuto qui con la delegazione trentina, a parlare a nome del Gruppo Mori e di tutti gli italiani che in questi anni sono stati solidali con le popolazioni colpite dalla guerra.

Alla commemorazione hanno partecipato anche rappresentanti istituzionali. Tra questi la ministra della Difesa della Bosnia Erzegovina, Marina Pendeš, che ha ringraziato la delegazione trentina per la presenza e la vicinanza, oggi come in passato. Accanto a lei Filippo Mura, assessore del Comune di Mori, e tre membri storici del Gruppo Mori: Vigilio Menegoni, Eddi Simonetti e Giorgio Simonini.

Nel pomeriggio del 25 luglio il gruppo si è spostato nel luogo di un'altra commemorazione: a Zecovi, villaggio musulmano a pochi chilometri da Briševo. Nel '92, deportati gli uomini i soldati hanno poi ucciso 150 civili tra anziani, donne e minori. Fikret Bačić racconta che quel giorno ha perso 31 familiari - tra i quali moglie e figli di 6 e 12 anni di età - poi occultati in fosse comuni. Ad oggi non ha ancora trovato i corpi.

Memoria — Fikret Bačić indica il "libro della memoria" in pietra: "In questo preciso luogo c'era il tavolo con le sedie del nostro giardino. Quel giorno i soldati si sono seduti a bere e mangiare. Dopo, hanno massacrato donne e bambini". Suo nipote Zijad, allora 14enne, è riuscito a nascondersi dietro a un muretto. Oggi è testimone al processo per crimini di guerra perpetrati a Zecovi, avviato alla Corte speciale di Sarajevo nel 2015.

Macerie — Mentre cala il sole e il gruppo si prepara a lasciare la zona di Prijedor per avviarsi verso l'Italia, lo sguardo cade sui resti di case diroccate. Portano indelebili i segni della guerra, che testardamente qualcuno prova a riportare in vita pur senza aiuti e dopo 24 anni dalla fine del conflitto. Come in questa, dove sono stati intonacati l'ingresso e le pareti di una stanza.

Viaggio della memoria a Prijedor

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