Con l'ennesima manifestazione nel centro della capitale Sofia, la Bulgaria ha registrato ieri cento giorni di proteste consecutive contro il governo del premier Boyko Borisov, accusato di corruzione e gestione familistica del potere. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [17 ottobre 2020]
Non sono bastate la pioggia battente e il preoccupante aumento dei casi di COVID-19 nel paese a fermare le proteste in Bulgaria. Ieri sera, migliaia di persone si sono date nuovamente appuntamento nel centro della capitale Sofia per “festeggiare” i cento giorni di manifestazioni contro il premier di centro-destra Boyko Borisov e il procuratore generale Ivan Geshev.
Questa volta la protesta ha ricevuto anche l'appoggio di alcuni eurodeputati, come il croato Ivan Sinčić e l'olandese Paul Tand, che hanno parlato alla folla incitandola a non desistere. Lo stesso parlamento europeo, lo scorso 8 ottobre, ha votato una severa risoluzione sulla Bulgaria in cui condanna lo stato di diritto nel paese, il perdurare di una corruzione endemica, la mancanza di riforme del sistema giudiziario e il peggioramento della libertà di stampa.
Alle proteste di ieri si sono aggiunti anche gli studenti dell'Università di Sofia, che hanno sfilato dietro un grande striscione che recitava “Dimissioni!”, mentre centinaia di intellettuali hanno firmato una petizione con cui chiedono all'attuale governo di farsi da parte.
Borisov – che ha dominato la politica bulgara nell'ultimo decennio - è accusato insieme al procuratore Geshev di aver costruito un sistema di potere corrotto e familistico, cementato dal controllo dei media. Nonostante il clima infuocato, però, il premier sembra deciso ad andare avanti fino alle elezioni politiche, previste per la prossima primavera: una scommessa che, visto il clima degli ultimi mesi, rischia seriamente di mettere la parola fine alla sua carriera politica.
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