Tra le “vittime collaterali” della crisi egiziana c'è il rapporto politico del Cairo con la Turchia. Con la dura critica alla brutale repressione dei sostenitori del presidente deposto Mohamed Morsi, Ankara rischia di perdere definitivamente uno dei pilastri della propria influenza nell'area. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [18 agosto 2013]
Turchia ed Egitto hanno ritirato i rispettivi ambasciatori, ed annullato esercitazioni navali congiunte in programma per il prossimo autunno. Le relazioni tra i due paesi sono oggi sul punto di rottura, dopo che il premier turco, l'islamico moderato Recep Tayyp Erdogan si è posizionato sullo scacchiere internazionale come uno dei principali critici al nuovo potere militare egiziano.
“Quello che accade oggi in Egitto è terrorismo di stato. Non c'è alcuna differenza tra il capo dell'esercito egiziano al-Sisi e il dittatore siriano Assad”, ha dichiarato ieri Erdogan, che ha criticato duramente il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'Organizzazione della cooperazione islamica e l'Unione europea per “la mancata condanna di quanto avviene oggi in Egitto”.
In Turchia gli avvenimenti egiziani vengono seguiti con molta attenzione. Dall'elezione di Morsi, nelle prime elezioni libere egiziane del giugno 2012, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo di Erdogan ha coltivato una solida alleanza politica con i Fratelli Musulmani, facendo dell'Egitto uno dei cardini delle politica estera turca in Medio Oriente.
Dopo la perdita dell'ex alleato Assad, la crisi egiziana rischia però di mandare definitivamente in pezzi la visione geopolitica di Ankara che, trainata da una forte crescita economica e forte di un sistema politico che vuole conciliare “democrazia e Islam”, voleva farsi modello e polo d'attrazione per tutti i paesi interessati dalla primavera araba.
Una relazione fatta anche di investimenti economici, oggi messi in forse: la compagnia turca Yildiz, che ha delocalizzato parte della propria produzione di biscotti in Egitto, ha annunciato la sospensione della produzione, decisione che potrebbe essere seguita dal settore tessile, che rappresenta buona parte dei due miliardi di dollari investiti dalla Turchia in Egitto.