Foto - Castlesky/shutterstock

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La scorsa settimana il governo di Pristina ha deciso di imporre tariffe doganali del 10% sui prodotti serbi e bosniaci, suscitando forti proteste a Belgrado e Sarajevo, e il secco "no" da parte di Bruxelles. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [12 novembre 2018]

Una vera e propria guerra commerciale rischia di scoppiare tra Kosovo, Serbia e Bosnia Erzegovina dopo la decisione, presa dall'esecutivo kosovaro lo scorso 6 novembre, di applicare una tariffa doganale del 10% sulle importazioni serbe e bosniache.

Una decisione controversa, che la leadership kosovara vede come ritorsione nei confronti della Serbia, con cui i rapporti si sono ulteriormente raffreddati, nonostante gli sforzi dell'Unione europea di portare avanti il processo di dialogo tra le due parti, ma anche verso la Bosnia, che non riconosce l'indipendenza dichiarata da Pristina nel 2008.

Le nuove tariffe mirano a colpire l'export serbo in Kosovo, che nel 2017 si è attestato intorno ai 400 milioni di euro. “La Serbia finanzia campagne contro il Kosovo anche utilizzando i proventi che arrivano dal nostro mercato”, ha dichiarato alla stampa il vice-premier Enver Hoxhaj.

L'introduzione di dazi ha sollevato forti proteste in Serbia e in Bosnia, ma anche tra la comunità serba che vive in Kosovo. Il partito di riferimento della minoranza, la Srpska Lista, ha minacciato proteste di piazza se non ci sarà un marcia-indietro sulla decisione.

Preoccupazione anche in Bosnia, che esporta in Kosovo metalli, carne, prodotti caseari, legno e macchinari per circa 80 milioni di euro l'anno: una fetta di mercato che rischia ora di perdere. Anche l'UE ha chiesto a Pristina un immediato dietro-front: le nuove tariffe sono infatti in evidente contraddizione con le regole di libero scambio all'interno dello spazio CEFTA.

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