A settembre sono nuovamente aumentati gli sbarchi di migranti, rifugiati e richiedenti asilo sulle isole della Grecia. Atene invita alla calma, ma opposizione e Ong parlano di una situazione sempre più difficile. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [30 settembre 2017]
Sono 3500 i migranti arrivat in Grecia dalla vicina Turchia a settembre, soprattutto via mare, un significativo aumento rispetto ai mesi passati che torna a far temere le autorità greche.
La situazione è difficile soprattutto sulle isole di fronte alle coste turche: a Samo il campo profughi locale, disegnato per ospitare 700 persone ha superato i tremila ospiti, tra cui moltissimi minori. Più a nord, a Lesbo, la situazione è analoga, con 4700 migranti in un campo per 2500 persone.
Gli sbarchi delle scorse settimane rappresentano gli arrivi più numerosi dalla firma del controverso accordo Ue-Turchia - sottoscritto nel marzo 2016 – col quale venne bloccata la cosiddetta “rotta balcanica”. Ankara decise allora di sigillare di fatto le proprie frontiere ottenendo in cambio aiuti per circa sei miliardi di euro da parte di Bruxelles.
Il ministro delle Politiche migratorie greco Yannis Mouzalas ha ammesso un “notevole incremento” degli sbarchi, dichiarando però di non intravedere il rischio di un collasso degli accordi con la Turchia.
Una posizione contestata dall'opposizione conservatrice, che ha sottolineato i rischi legati al crescere delle tensioni tra Turchia e Unione europea, ma anche dalle Ong impegnate nell'Egeo, che contestano la lentezza e i limiti dell'intervento delle autorità di Atene.
Sotto accusa anche il fallimento del sistema di solidarietà europeo: nonostante la decisione del 2015 di ricollocare 160mila persone, soprattuto da Grecia e Italia, ad oggi meno di 30mila hanno effettivamente trovato rifugio in altri paesi dell'Ue.
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