Polemiche in Kosovo dopo le elezioni dell'8 giugno. Il PDK è primo partito, ma l'opposizione si accorda per dare vita al prossimo esecutivo. Per Thaçi, però, il ribaltone sarebbe impedito dalla costituzione. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [12 giugno 2014]
Si ingarbuglia la situazione politica in Kosovo, reduce dalle elezioni politiche anticipate dello scorso 8 giugno. Dopo aver conservato la maggioranza relativa col 30% dei voti, il Partito democratico del premier uscente Hashim Thaçi ha proclamato vittoria e si preparava a creare una nuova coalizione di governo.
Le principali forze dell'opposizione, la Lega democratica del Kosovo, l'Alleanza per il futuro del Kosovo e il nuovo partito NISMA, hanno però annunciato a sorpresa un accordo a tre, candidandosi a governare il paese e proponendo come nuovo premier l'ex primo ministro Ramush Haradinaj, storico rivale di Hashim Thaçi fin dai tempi della loro militanza nell'UÇK.
L'intesa potrebbe contare anche sul supporto esterno dei nazionalisti del movimento “Vetëvendosje”, che però ha posto due condizioni pesanti: lo stop alle privatizzazioni e l'interruzione del dialogo con Belgrado, facilitato in questi anni dall'Unione europea.
Ora lo scontro si concentra sulla Costituzione. Secondo Thaçi, l'articolo 95 garantisce il mandato per creare un nuovo governo solo al partito emerso vincitore dalle urne. In caso di impossibilità a formare un nuovo esecutivo, sostiene Thaçi, l'unica alternativa sono nuove elezioni anticipate. Un'interpretazione rigettata dalle altre forze politiche, per le quali ha diritto a governare chiunque riesca a creare una maggioranza stabile al parlamento di Pristina.
E mentre il livello della polemica si alza, molti occhi sono puntati sulle ambasciate di Stati Uniti e dei maggiori paesi europei. A prescindere dai numeri in parlamento, infatti, difficilmente un nuovo governo potrà nascere senza il benestare dei principali sponsor internazionali del Kosovo.
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