Dopo tre mesi di stallo, il Kosovo avrà finalmente un nuovo governo. Ieri il tycoon Behgjet Pacolli, ha firmato un accordo con la “coalizione degli ex-UÇK”. Ramush Haradinaj è il premier in pectore. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [5 settembre 2017]
Stallo prolungato, pressioni internazionali, voltafaccia politici sempre negati ma costantemente dietro l'angolo. Il Kosovo segue un canovaccio già messo in scena per uscire dalla crisi istituzionale che blocca il paese dalle elezioni anticipate del giugno scorso.
Questa volta è il miliardario Behgjet Pacolli, leader dell'Alleanza per un nuovo Kosovo a girare le spalle all'opposizione e ha fornire alla coalizione degli ex-guerriglieri dell'UÇK, prima alle scorse consultazioni, i voti necessari a formare il prossimo esecutivo.
Facendo appello al senso di responsabilità, Pacolli ha sciolto l'alleanza con la Lega democratica del Kosovo per poi sottoscrivere ieri sera un accordo con i partiti ex-UÇK: in cambio dei suoi quattro voti, vitali nel parlamento di Pristina, la formazione del facoltoso imprenditore riceverà almeno cinque ministeri nel nuovo governo, che a meno di sorprese dell'ultima ora sarà guidato da Ramush Haradinaj.
Con una maggioranza prevista di 63 seggi su 120, e con i voti indispensabili dei deputati delle minoranze etniche, tra cui quella serba, la nuova maggioranza dovrebbe riuscire ad eleggere un nuovo presidente dell'Assemblea nazionale già entro la settimana, per poi procedere a votare la fiducia al nuovo esecutivo.
Nonostante i numeri risicati, il nuovo governo dovrà affrontare una lunga lista di questioni delicate, rimaste nel cassetto in questi mesi ma pronte ad esplodere: all'interno dovrà affrontare l'altissima disoccupazione e gli annosi problemi nel campo di sanità, istruzione e giustizia, all'esterno il compito più gravoso sarà rilanciare i difficili negoziati di normalizzazione dei rapporti con la Serbia, al palo da anni.
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