Presentata a Sarajevo la “Dichiarazione sull'unitarietà” della lingua parlata in Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, sottoscritta da più di 200 linguisti ed intellettuali dei quattro paesi ex-jugoslavi. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [30 marzo 2017]
Le quattro lingue parlate in Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, e definite “serbo-croato” o “croato-serbo” fino allo smembramento della Federazione jugoslava , dal punto di vista linguistico rappresentano un'unica lingua, unitaria anche se “policentrica”.
Questa la tesi della “Dichiarazione sull'unitarietà della lingua” presentata oggi a Sarajevo e frutto del lavoro e di duecento linguisti, intellettuali e figure pubbliche di spicco dei quattro paesi interessati.
Secondo gli autori, le differenze di lessico e ortografia nelle varie versioni della “lingua unica” che si parla nello spazio ex-jugoslavo, sono state esagerate ed utilizzate dalle ideologie nazionaliste che hanno contribuito allo sfascio della Jugoslavia e alla nascita di vari stati indipendenti sulle rovine della federazione di Tito.
“Un narcisismo delle piccole sfumature” che ha avuto conseguenze pesanti, dalla ghettizzazione dei “diversi” sulla base di differenze nell'uso della lingua, al blocco del normale sviluppo letterario e stilistico della “lingua contesa”. Ma anche sbocchi comici e paradossali, come la sottotitotolazione di film già totalmente comprensibili al pubblico interessato.
Vista la sensibilità dell'argomento nel contesto ex-jugoslavo, la “Dichiarazione” ha provocato polemiche soprattutto in Croazia, il paese che - più di altri – ha posto l'“unicità e diversità” del croato come pilastro della propria identità culturale e statuale.
Interpellato a riguardo, il premier croato Andrej Plenković si è limitato a rispondere piccato: “Il croato è una lingua ufficiale dell'Ue, e questa dichiarazione è solo un'iniziativa informale che non merita lo sforzo di una replica”.
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