Il 1 gennaio 2014 sono cadute le restrizioni che impedivano ai cittadini di Romania e Bulgaria di lavorare in nove paesi dell'UE. Un evento che genera timori in paesi come Gran Bretagna e Francia. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [7 gennaio 2014]
Sono passati sette anni dall'ingresso di Romania e Bulgaria nell'Unione europea. Ora, a partire dal 1 gennaio scorso, cadono anche le ultime restrizioni che impedivano ai cittadini bulgari e rumeni di lavorare in nove paesi dell'Unione compresi Francia, Gran Bretagna e Germania. Nonostante si tratti di un appuntamento a lungo atteso, la piena libertà di movimento, ottenuta dai lavoratori dei due paesi membri più poveri dell'UE, continua a sollevare polemiche a livello europeo.
Il dibattito s'è arroventato soprattutto in Inghilterra, che nel 2004 si è fatta sorprendere dall'imponente arrivo di lavoratori dalla Polonia, allora appena entrata nell'Unione. Oggi, complice la recessione, il potenziale arrivo di nuovi immigrati, che possono attingere a servizi sociali e copertura medica, genera forti timori nell'opinione pubblica. Tanto che il premier britannico David Cameron ha annunciato una serie di controverse misure restrittive per limitare gli arrivi.
Anche in Francia i malumori sono evidenti, legati soprattutto alla possibile immigrazione di rom provenienti da Bulgaria e Romania: un' eventualità avversata in modo esplicito dalle autorità di Parigi.
Bucarest e Sofia ribattono parlando di timori infondati. Il governo rumeno ha denunciato quella che considera una campagna xenofoba e quello bulgaro, per bocca del ministro delle Finanze Petar Chobanov ha smentito il rischio di nuove ondate migratorie. “Chi voleva emigrare, lo ha già fatto”, ha dichiarato Chobanov.
Una posizione sostenuta anche dal Commissario europeo al Lavoro Laszlo Andor, che dopo aver ribadito che la libertà di movimento è uno dei principi fondanti dell'Unione, ha ricordato che negli ultimi anni tre milioni di rumeni e bulgari sono già emigrati in altri paesi dell'UE.