Sta nascendo una coalizione di organizzazioni che chiedono decisioni trasparenti e inclusive sul piano di recupero per l’Italia. Tutti hanno diritto di sapere chi interagirà con i decisori pubblici per orientarne le scelte strategiche. Pubblichiamo l'appello rivolto al governo
Con l’approvazione del Recovery Fund europeo, assisteremo alla più grossa iniezione di fondi pubblici nel sistema economico italiano dai tempi della Seconda guerra mondiale. Il nostro Paese nei prossimi anni si troverà a spendere oltre 200 miliardi di euro in risposta alle tragiche conseguenze della pandemia. Non possiamo permetterci di sprecare neppure un centesimo di queste risorse vitali e non possiamo consentire l’assalto alla diligenza, con i portatori di interessi più influenti e organizzati, le grandi aziende e le corporazioni, in grado di influenzare le politiche pubbliche di spesa a favore dei loro settori di interesse. Il rischio è che la politica - in questa fase cruciale per il futuro del Paese - finisca per favorire solamente chi è più avvantaggiato nei rapporti con il potere e tutti quei soggetti più pronti ad “accogliere” gli investimenti pubblici, escludendo dal piano di “recupero” per il Paese le categorie maggiormente colpite dalla pandemia e i portatori di interessi generali che hanno più limitata capacità di farsi ascoltare.
C’è anche un’altra strada possibile: quella di mettere in campo tutti gli strumenti indispensabili a rendere più aperte e trasparenti le decisioni che verranno prese. Il Governo dovrebbe cogliere questa opportunità per costruire una nuova relazione fiduciaria con i cittadini, che sia da una parte basata su un intervento economico in grado di aiutare strategicamente quante più persone possibile, soprattutto quelle più vulnerabili e provate dalla crisi; e che dall’altra assicuri che le risorse messe in campo non vadano sprecate. Serve che la società civile sia coinvolta prima, nel momento della decisione sull’allocazione delle risorse, e non dopo, con il solo monitoraggio sul loro uso. La storia ci insegna che quando il denaro si muove con la stessa rapidità con cui si muoverà in Italia quando arriveranno i fondi dell'Europa, aumentano i rischi di corruzione, illegalità, infiltrazioni criminali, e di un uso spregiudicato dei fondi per alimentare clientele o relazioni affaristiche opache.
L’apertura del processo decisionale dovrebbe partire fin da subito e dovrebbe coordinarsi col tentativo di regolamentare l’attività di lobbying (o meglio: di rendere più trasparente il rapporto tra portatori di interessi e decision makers) a cui sta lavorando il Parlamento. La Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ha iniziato un ciclo di audizioni ma è più che urgente che la legge entri in vigore prima che affluiscano le risorse del Recovery Fund.
Sono molteplici le motivazioni che ci spingono a chiedere fortemente l’approvazione di una legge sul lobbying nel nostro Paese. Sicuramente, avvertiamo il bisogno di garantire maggiore trasparenza dei processi decisionali, di fare emergere pubblicamente i contributi degli stakeholder, le motivazioni che hanno spinto il decisore a compiere una determinata scelta e facilitare le attività di controllo e di monitoraggio da parte dei cittadini.
Ma dobbiamo anche assicurarci che le risorse non vadano sprecate o avvantaggino esclusivamente alcuni interessi a discapito della collettività. Per questo le scelte che riguardano il nostro futuro dovranno essere prese in maniera inclusiva, ascoltando il punto di vista di tutti i portatori di interessi e in particolare di chi rappresenta gli interessi generali.
La Commissione europea ha stabilito una serie di priorità su cui gli investimenti del Recovery plan dovranno essere indirizzati: economia verde e digitale, politiche di coesione, clima e fondo di transizione, potenziamento della sanità, protezione civile europea, ricerca scientifica, agricoltura. Crediamo che la società civile possa giocare un ruolo fondamentale in questa sfida, dare un forte contributo alla costruzione delle politiche di sviluppo del nostro Paese nel segno della sostenibilità ambientale e sociale. Inoltre, sarà anche chiamata a monitorare e controllare che i fondi vengano impiegati in maniera corretta perseguendo le priorità stabilite dall’UE. Affinché ciò si realizzi, dovrebbero essere garantiti degli standard di trasparenza elevati della spesa pubblica, con la possibilità di rintracciare i dati relativi agli aiuti ricevuti, agli appalti, alle spese, alle decisioni assunte, anche dalle tante, forse troppe, task force.
Da anni, con una campagna che ha trovato l’appoggio di decine di organizzazioni della società civile e il supporto di oltre 10.000 cittadini, chiediamo che sia approvata una legge sul lobbying nel nostro Paese. Maggiore trasparenza e maggiore inclusività dei processi decisionali sono per noi due elementi che renderebbero migliore la nostra democrazia, soprattutto ora, dove in ballo c’è il futuro di intere generazioni. La nostra richiesta è quella di accelerare l’iter di approvazione della legge, concludere al più presto il lavoro della Commissione Affari costituzionali, e arrivare a discutere la legge alla Camera entro la scadenza del 15 ottobre, giorno in cui dovranno essere presentate in Europa le misure per l’ottenimento dell’anticipo del 10% delle risorse del Recovery fund.
Ecco, un piano per la rinascita del nostro Paese e non una torta di cui tutti vogliono una fetta. È questo l’obiettivo del Recovery fund e per raggiungerlo c’è bisogno che la politica torni ad ascoltare i bisogni dei cittadini, soprattutto delle organizzazioni della società civile, delle reti sociali e del Terzo settore che hanno permesso al nostro Paese di sopravvivere, non senza danni, a questa tremenda crisi.
Cittadinanzattiva
Cittadini per l’aria
Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili
Fondazione Etica
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa/Centro per la Cooperazione Internazionale
Slow Food Italia
The Good Lobby
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto ESVEI, co-finanziato da Open Society Institute in cooperazione con OSIFE/Open Society Foundations. La responsabilità dei contenuti di questa pubblicazione è esclusivamente di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.
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