Foto: Camera dei deputati, CC BY-ND 2.0, da Flickr .

Le attuali regole per rendere più trasparenti i finanziamenti alla politica non funzionano. Dati inutilizzabili e informazioni inaccessibili rendono di fatto la trasparenza un bluff. Da OpenPolis una proposta su come risolvere il problema

21/10/2019 -  OpenPolis

(Questo articolo è stato pubblicato su OpenPolis nell'ambito del progetto ESVEI)

Negli ultimi anni il finanziamento ai partiti politici ha subito una vera e propria rivoluzione. Con la graduale abolizione del finanziamento pubblico, e il passaggio ad un sistema principalmente incentrato su quello privato, le regole del gioco sono cambiate.

Tutto questo in un periodo storico in cui il tema della trasparenza appare sempre più centrale. Non a caso in questa stessa fase sono state approvate numerose leggi per aumentare gli obblighi di comunicazione e rendicontazione economica sia per i partiti che per gli eletti: molte operazioni che a vario modo hanno cercato di rendere più comprensibile il flusso di denaro, in entrata ed in uscita, intorno alla politica.

Ma queste operazioni sono state fallimentari. Le attuali norme obbligano il sistema politico a comunicare una serie di informazioni, ma i modi e le tempistiche in cui vengono fornite rendono tutti questi tentativi inutili. Dai rendiconti delle spese elettorali dei parlamentari, alle loro dichiarazioni patrimoniali, passando per i bilanci dei partiti: tante le informazioni che in teoria vengono rese disponibili, ma che in pratica non aiutano il monitoraggio della materia. Risolvere il problema sarebbe facile, e costerebbe anche poco.

Il contesto, la rendicontazione di partiti e parlamentari

Prima di entrare nella specificità dei problemi, capiamo un po’ meglio quali sono gli attuali obblighi di trasparenza sul tema dei finanziamenti alla politica.

La legge per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive risale al 1982. In particolare stabilisce che i parlamentari (tra gli altri) sono tenuti a consegnare alla camera di appartenenza la dichiarazione patrimoniale, la dichiarazione dei redditi e i contributi ricevuti per la campagna elettorale. Nella XVI Legislatura – anche grazie alla campagna di sensibilizzazione di OpenPolis – gli uffici di presidenza di camera e senato hanno istituito un sistema di pubblicazione volontaria sul web delle dichiarazioni per i parlamentari che davano il consenso. Pubblicazione che dal febbraio del 2014 è diventata obbligatoria. Il tutto poi per il “decreto trasparenza” (dlgs 14 marzo 2013 n.22) deve essere in formato aperto, per facilitarne il riutilizzo.

Per quanto riguarda i partiti le ultime modifiche in termini di trasparenza sono state apportate con la legge anticorruzione del governo Conte I, approvata a fine 2018. Sul tema dei contributi è previsto per i partiti l’obbligo di annotare – entro il mese successivo a quello della percezione – in un apposito registro, per ogni contributo ricevuto, l’identità dell’erogante, l’entità del contributo e la data dell’erogazione. I medesimi dati devono essere riportati nel rendiconto del partito e contestualmente pubblicati sul relativo sito internet. Bilanci che vanno resi disponibili online entro il 15 luglio di ogni anno.

Perché queste informazioni sono inutilizzabili

Se in teoria il quadro delle norme nel nostro paese potrebbe sembrare avanzato, in realtà è ben lontano dell’esserlo. Per capire lo stato dell’arte può essere utile fare esempi concreti su che cosa si ha a che fare quando si analizza questa materia.

In un sistema che si sta muovendo sempre più nella direzione del finanziamento privato, il tema dei contributi ricevuti dagli eletti sta crescendo in importanza. Appare evidente però che non vengano utilizzati, quando c’è l’obbligo di pubblicazione, formati che rendano i dati pienamente accessibili, consultabili e riutilizzabili. Al contrario, si tratta per lo più di documenti scritti a mano, poi scansionati e infine inseriti in formato pdf (con il risultato che alcune parti sono illeggibili).

Qui per esempio quanto comunicato dal deputato Emanuele Fiano sul sito di Montecitorio nella sezione dedicata ai contributi ricevuti. Al di la di quanto riportato nel documento, sembra essere fuori dal tempo la qualità della documentazione fornita. Non solo si è in completa mancanza di dati riutilizzabili, come prescritto dalla legge, ma quanto reso disponibile non è assolutamente leggibile. È difficile sostenere che un membro del parlamento non abbia la capacità, nonché i mezzi, per fornire queste informazioni in un formato migliore. Al tempo stesso nessuno all’interno delle istituzioni si prende la responsabilità di verificare, e quindi condannare, tali comportamenti.

I casi sono numerosi, e coinvolgono politici di tutti gli schieramenti in parlamento. Perché pure nei casi in cui le parole e i numeri sono leggibili, sono scritti a mano, e sta quindi alla libera interpretazione del cittadino comprendere la grafia del parlamentare di turno. Qui per esempio la documentazione ufficiale consegnata dal senatore Casini riguardo le spese sostenute in campagna elettorale. Ancora una volta sembra irreale che nel 2019 la soluzione scelta dalle istituzioni per comunicare questa tipologia di dati sia la seguente.

Un’altra questione ricorrente è quella delle pecette, situazioni in cui la documentazione viene consegnata e, leggibile o meno che sia, alcune parti vengono coperte intenzionalmente. Fino alla scorsa legislatura l’obbligo di pubblicità per le donazioni ricevute era per qualsiasi somma superiore ai 5.000 euro (attualmente abbassata a 500). La maggior parte delle informazioni riguardanti i donatori vengono però coperte dagli eletti con delle pecette. Un conto è cancellare aspetti sensibili, un altro è rendere la presentazione del documento inutile.

Riportiamo due casi, ma se ne potrebbero anche citare altri, delle onorevoli Meloni e Boschi. Quest’ultima tra l’altro, oltre a coprire la maggior parte del testo, cancella a penna l’importo ricevuto e ne riscrive uno più basso a mano. Coprendo così tanti elementi “l’obbligo di pubblicità” per le donazioni superiori ad una determinata cifra di fatto non viene rispettato: rimane il solo importo, come nelle comunicazioni relative alle donazioni più piccole.

 

Durante la scorsa legislatura con il progetto Patrimoni trasparenti avevamo denunciato i tanti problemi con l’attuale sistema di rendicontazione per deputati e senatori. Incongruenze su cui nessuno faceva verifiche, tra cui l’alto numero di parlamentari, ben 266, che dichiarava di non aver avuto spese né contributi di nessun tipo per la campagna elettorale: fatto poco verosimile. Con l’attuale legislatura nulla è cambiato, e la finta trasparenza sul tema continua.

La situazione per i partiti

Gli obblighi di trasparenza per i partiti ormai sono molto ampi. Oltre a bilanci e rendiconti, sui siti internet delle strutture deve essere pubblicato l’elenco dei donatori che hanno elargito complessivamente una cifra superiore ai 500 euro su base annua. I documenti nel caso dei partiti sono più facilmente rintracciabili, ma il problema, ancora una volta, riguarda il modo in cui vengono messi a disposizione.

Ogni partito adotta dei modelli di bilancio differenti, rendendo a volte complicato il confronto tra i diversi documenti. Ma questa sembra essere la complicazione minore, visto che i documenti vengono rilasciati in formati non riutilizzabili, con i dati non facilmente estraibili, se non manualmente. Qui per esempio una parte del bilancio 2018 della Lega.

Il problema riguarda anche l’elenco dei donatori. Tutti i partiti hanno predisposto una sezione sul proprio sito in cui è possibile navigare l’elenco dei donatori. Ancora una volta però si tratta di lunghi elenchi pubblicati in formato pdf. Il punto è che comunicare questi elementi non basta per garantire trasparenza. Bisogna fornire i dati in formati aperti, così da poterli analizzare e confrontare, senza dover intervenire manualmente. Questo per esempio è l’elenco pubblicato dal Partito democratico per le donazioni ricevute nel 2019.

Cambiare le cose costa poco, ma non c’è volontà politica

Anche la commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici pubblica l’elenco delle erogazioni ai partiti e ai movimenti politici iscritti nel registro nazionale. Si tratta di un utile punto di riferimento, che aggrega in un unico posto tutti i dati a disposizione: le strutture coinvolte dalla normativa, i diversi donatori e l’importo in questione.

Le informazioni però, pubblicate così, non sono riutilizzabili, se non intervenendo manualmente. La commissione di garanzia stessa ha più volte lanciato l’allarme sulle poche risorse a disposizione per svolgere il proprio lavoro di vigilanza. Il fatto stesso che all’organo predisposto non vengano forniti i mezzi per fare il proprio lavoro, dimostra che la trasparenza su questo ambito sia un bluff.

È necessaria quindi l’introduzione di uno strumento unico e centralizzato per l’inserimento dei dati di bilancio per i partiti e, nel caso delle donazioni, anche per i membri del parlamento. Questo permetterebbe una più facile raccolta dati da parte degli organi predisposti, e soprattutto rappresenterebbe una vera azione di trasparenza verso i cittadini. La creazione di tale strumento ha un costo bassissimo, trattandosi di qualcosa facilmente realizzabile, e permetterebbe di risolvere 3 questioni centrali:

  • l’uniformità dei modelli e dei documenti di bilancio condivisi;
  • la necessità di avere un quadro unico per la condivisione dei dati sulle donazioni;
  • la creazione di un sistema che permetta a cittadini, giornalisti, attivisti e ricercatori di avere realmente accesso alla base dati in formato aperto.

Perché tutto ciò è un problema

Come già abbiamo avuto modo di raccontare l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ha di fatto moltiplicato il numero di soggetti coinvolti. Non solo, questa transizione ha dato nuova centralità al finanziamento privato, che ad oggi può rappresentare una grande opportunità per partiti e movimenti politici. L’assenza completa di un sistema centralizzato e adatto ai nostri tempi per condividere tutte queste informazioni non è accettabile.

Tutto ciò è un rischio perché non permette un reale monitoraggio del tema. Un monitoraggio necessario perché è l’unico modo per accertarsi che il finanziamento privato non diventi una via per compiere illeciti, e un mezzo per interferire sui processi democratici del paese. Non avere reali dati a disposizione sul tema dei finanziamenti alla politica rende il sistema più vulnerabile.

 

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto ESVEI, co-finanziato da Open Society Institute in cooperazione con OSIFE/Open Society Foundations. La responsabilità dei contenuti di questa pubblicazione è esclusivamente di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. 


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