La pandemia Covid-19 sta impattando in maniera significativa sulla stabilità della regione e sul programma di allargamento dell’Unione Europea. Questo è quello che sostengono gli esperti del Weimar Plus Working Group che anche quest’anno si sono riuniti per fare il punto sulla situazione socio-economica e politica nei Balcani occidentali.
Il servizio di pubblicazione del parlamento europeo (EPRS) ha condotto uno studio tematico sui Balcani occidentali riguardo alla pace e alla sicurezza nella regione. Lo studio, primo nel suo genere, offre una panoramica della regione nel 2018, sottolineando come l'approccio dell'UE sia cambiato negli anni; dall'iniziale approccio di stabilizzazione degli anni novanta si è passati oggi ad un approccio costruttivo di peace-building nell'ottica dell'allargamento. Lo studio sottolinea gli sforzi profusi dall'UE ed i risultati ottenuti nella regione, includendo aspetti sia di diritto sia di economia.
Il percorso di allargamento dell’Unione Europea ai Balcani Occidentali fa da cornice e sfondo alle relazioni bilaterali e multilaterali che si realizzano tra paesi membri e paesi in via di adesione. Le emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, dalla pandemia al riaccendersi dei flussi migratori attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”, pongono quesiti di grande rilevanza politica, che potranno avere un impatto anche sul percorso di integrazione dei paesi della regione nell’Unione Europea.
L'European policy institute di Skopje ha pubblicato nel maggio del 2020 un documento programmatico che analizza le condizioni bulgare all'accettazione del percorso verso l'Ue della Macedonia del Nord e il loro possibile impatto, nonché cosa fare per affrontare le nuove sfide che si pongono per l'adesione all'UE della Macedonia del Nord, concentrandosi sul prossimo quadro negoziale, in vista della nuova metodologia di allargamento.
Quest'analisi – del 2015 - curata da Rosa Balfour and Corina Stratulat per conto dell'European Policy Center si concentra sulle posizioni in ciascun paese dell'Unione europea sul tema dell'allargamento. Un punto di vista quantomai interessante per comprendere appieno le dinamiche su questa specifica tematica.
Era già accaduto nel 2008. Quell'anno la Slovenia durante il suo mandato alla presidenza dell'Ue, era riuscita a negoziare un compromesso sulla liberalizzazioni dei visti per i Balcani occidentali.
È trascorso ormai più di un anno dall'avvio della pandemia da Covid-19 e molto è cambiato tanto nelle nostre vite quanto nelle dinamiche globali. Ma – si chiede la ricercatrice Senada Šelo Šabić in un paper pubblicato per la Friedrich-Ebert-Stiftung nel gennaio 2021 – ha impattato in qualche modo sulla politica estera degli stati del sud-est Europa?
Nel 2018, il CEPS , un think tank con sede a Bruxelles che si occupa di affari europei, decise di realizzare uno studio di comparazione tra i paesi dei Balcani e quelli che, ad est, avevano sottoscritto un Accordo di associazione con l'Ue (Ucraina, Georgia e Moldavia) per verificare il loro progressivo allineamento alle normative Ue.
Tredici anni dopo la separazione del Kosovo dalla Serbia, i due paesi restano bloccati nel reciproco non riconoscimento, con effetti deleteri per entrambi. Secondo un recente rapporto dell'International Crisis Group le due parti devono andare oltre i dettagli tecnici dei negoziati per affrontare le questioni principali nella loro relazione: l’indipendenza di Pristina e l’influenza di Belgrado sulla minoranza serba del Kosovo.
Nell'ultima pubblicazione del 2020 della serie di analisi titolate “ Political Trends & Dynamics” che la Friedrich-Ebert-Stiftung dedica ai Balcani occidentali si è chiesto ad una serie di analisti dell'area di intervenire sul tema dello stato di diritto.