Parliamoci chiaro: questo non è il momento migliore per parlare dell’ingresso della Turchia nell'Unione europea. Abbiamo appena visto la brutalità poliziesca manifestarsi a più riprese a Istanbul e in altre città turche, dopo che l'occupazione di un piccolo parco nel centro di Istanbul è andata fuori controllo.
Le istituzioni europee hanno criticato il governo turco per aver usato la mano pesante nel cercare di porre fine alle proteste. Il Primo ministro Erdoğan, da parte sua, in buona sostanza ha replicato che non gli importa cosa pensi di lui e delle sue politiche l'Unione europea. Dire che siamo di fronte ad una seria crisi di fiducia nel rapporto tra la Turchia e l'UE sarebbe un eufemismo.
Per chi si oppone all'ingresso della Turchia nell'UE, quanto sta avvenendo è un'ulteriore conferma di quanto ha sempre sostenuto, cioè che la Turchia non è in grado né vuole adeguarsi agli standard e ai valori europei nell'affrontare i conflitti sociali. Io concordo sul fatto che il governo turco è stato del tutto incapace di affrontare le recenti proteste, e che per questo dovrebbe essere criticato. Al tempo stesso, però, chiederei anche di non trarre conclusioni affrettate sul futuro delle relazioni tra la Turchia e l'Unione.
Bruxelles è nel mezzo di un complicato processo negoziale con la Turchia, il cui oggetto è la piena adesione del paese all'Unione. Se e quando questo accadrà, si tratterà di un evento che cambierà radicalmente entrambi i partner. Un'operazione che implica conseguenze di così lungo periodo non può dipendere dai successi o dai fallimenti di un particolare governo. In altre parole, il futuro della Turchia non può essere ostaggio dell'attuale amministrazione. Un recente sondaggio ha mostrato che la maggioranza dei turchi, inclusi settori dell'elettorato del partito di governo, concorda con le critiche dell'Unione sull'atteggiamento autoritario del Primo ministro turco e sulla sua incapacità di trovare un compromesso. Questo non è il momento di abbandonare i democratici turchi.
Un paio di osservazioni sulle argomentazioni presentate dalla mia ex collega al Parlamento europeo, Renate Sommer. Sfortunatamente, non superano la consueta combinazione di presupposti sbagliati e informazione di parte. Voglio menzionare quelle più preoccupanti.
Conclusioni del dibattito
Sì, il percorso delle riforme ispirate dall'UE è rallentato. È forse una sorpresa, dopo anni di ostruzione da parte di Francia e Germania e dopo che l'UE, la Francia e Cipro hanno bloccato la metà dei capitoli negoziali? Alla luce degli eventi delle ultime tre settimane, ad esempio, sarebbe sicuramente importante discutere normative e pratiche europee con la Turchia, e obbligare il paese ad adottarle e metterle in pratica. L'Unione europea, però, ha perso ogni capacità di influenza in questi settori, dato che questi capitoli (il 23 e il 24) sono bloccati da Cipro.
Un esempio di deliberata disinformazione è l'affermazione della signora Sommer secondo cui il governo turco avrebbe recentemente introdotto un divieto di consumare alcolici. Sommer sa molto bene che la nuova legge pone limiti alla pubblicità e alla vendita di bevande alcoliche, in particolare nei confronti dei più giovani. Molti paesi dell'UE hanno adottato normative simili. Questa rappresentazione sbagliata le permette però di sostenere che tutta la Turchia difende i valori islamici e che il partito di Erdoğan, che ha ottenuto il 50% dei voti nel 2011, è un partito islamico. Non è così. L'AKP è un partito socialmente conservatore, proprio come il partito di Sommer peraltro, che cerca di imporre i propri valori sul resto della società turca. Abbiamo già visto simili sforzi di ingegneria sociale conservatrice in molti altri paesi europei (viene alla mente la Polonia dei cattolicissimi fratelli Kaczynski). Io credo che bisognerebbe opporsi a gran parte di queste politiche (e molti turchi lo fanno), ma non mettendole l'etichetta di una specifica religione, che per la Turchia è quella islamica, come piace fare alla sig. ra Sommer. Facendo così, lei suggerisce in modo errato che il fatto che la maggioranza dei turchi siano musulmani rappresenta un ostacolo insormontabile al percorso della Turchia verso l'Unione europea.
La mia conclusione è che l'Unione europea dovrebbe mantenere la sua promessa e sostenere la Turchia nella sua strada a volte accidentata verso la piena democrazia. Alla fine di quella strada, e non a metà, saremo in grado di giudicare se la Turchia era in grado di percorrerla.
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