Spirito libero e amante della provocazione, il regista Andrey Slabakov, racconta della sua esperienza in Rai, dei dolorosi compromessi necessari a far cinema in Bulgaria, e della sua rabbia verso un certo cinema "d'impegno sociale", promosso dall'UE nei Balcani negli anni passati
Andrey Slabakov, regista, nato nel 1960, figlio del noto attore Petar Slabakov. Si è diplomato al VITIZ nel 1984. Ha poi lavorato come assistente regista al "Kinocentar Boyana" fino al 1990. Dal 1991 al 1995 è vissuto in Italia, dove ha diretto alcuni serial tv di Rai2. Nel 1998 ha girato "Wagner", il suo primo film per il grande schermo. "Hindemit", il suo secondo lungometraggi, è stato da poco presentato al "Sofia Film Fest".
Come è iniziata la sua carriera all'interno del mondo dal cinema?
Mi sono diplomato al VITIZ nel 1984, dove ho studiato regia cinematografica. All'epoca, cioè prima dell'89, era obbligatorio, per i neo-diplomati, lavorare per almeno due anni come assistente alla regia, e fino ad allora non si aveva il diritto di debuttare con un proprio film. Questa regola valeva per tutti, e in generale non era una cattiva pratica, perché in fin dei conti ti dava la possibilità di imparare le basi tecniche. Il mio primo film fu un documentario, "Vlak za moreto" (Treno per il mare), che ha raccolto molti premi in tutto il mondo. Dopo di che partii per l'Italia e dopo un po' ho iniziato a lavorare per Rai 2. Era il 1991. Prima, naturalmente, ho dovuto lavorare a raccogliere pomodori, anzi più precisamente peperoni e pere. E posso dire di averne raccolto un sacco. Non è facile essere stranieri, ed io all'epoca non sapevo nemmeno una parola di italiano, se non "buongiorno" e "ciao". Alla fine ho lavorato per circa un anno nell'agricoltura. Poi ho iniziato a battere le mani. Io batto le mani in modo davvero rumoroso, e forse per questo mi presero a far parte del pubblico in Rai. Poi iniziai a dare una mano a vari assistenti dei programmi a cui partecipavo, e tra una parola e l'altra è venuto fuori che ero regista. Allora mi dissero: "e perché ti limiti a battere le mani allora?", e mi chiesero se potevo fargli vedere qualche mio lavoro. Io gli portai delle cassette. Per farla breve, non so precisamente come è successo, forse solo fortuna, ma cominciai a lavorare in Rai. Per me lavorare in Rai è stata senza dubbio un'esperienza molto importante. La Rai, dal punto di vista organizzativo, è una struttura a prova di bomba. Al momento la televisione nazionale bulgara, che ha pretese di fornire un servizio pubblico, non riesce ad avvicinarsi nemmeno lontanamente a quello che fa la Rai. E' indietro di molti anni. In Rai, invece, tutto funziona in modo ideale. Per me, come dicevo, si è trattato di un periodo eccezionalmente ricco, in cui ho affinato le mie capacità di regia. IPoi, nel 1995, tornai in Bulgaria per girare il mio primo film per il grande schermo ("Wagner", 1998), e alla fine sono rimasto qui.
Un tema di grande centralità è il rapporto tra cinema e società. Qui dal 1989 c'è stato un cambiamento del sistema politico e...
Chi dice che c'è stato questo cambiamento? Quando è successo? Questo cambiamento non c'è stato nel 1989, così come non c'è stato nel 2007. Non è mai avvenuto. E' successo invece qualcosa di molto più preoccupante, e cioè che oggi non c'è nessun sistema. Al momento la Bulgaria continua a vivere in un limbo che non è né socialismo né capitalismo. O meglio, forse il capitalismo è arrivato, ma non certo la democrazia. Oggi in Bulgaria si è selezionato il peggio dei due sistemi. Dopo l'ingresso nell'Ue alcune cose sembrano muoversi, ma non so dire se nella direzione giusta o in quella sbagliata, ma almeno ci sarà un qualche tipo di sistema. Perché anche il socialismo aveva alcuni aspetti positivi, insieme a quelli negativi. E lo stesso si può dire della democrazia. Di sicuro se qualcuno riuscisse a sintetizzare gli aspetti positivi dell'uno e dell'altro sistema, allora si creerebbe un sistema perfetto, ma quel qualcuno è ancora lontano dal nascere...
Forse si può mettere in dubbio il valore del cambiamento nel sistema politico, ma i cambiamenti occorsi nel mondo dell'industria cinematografica in Bulgaria dopo l'89 mi sembrano innegabili...
Al momento si è ricreato un qualche tipo di interesse verso il cinema, ma soltanto grazie all'opera di "Lambo" (soprannome di Stefan Danailov, uno dei più famosi attori bulgari, attualmente ministro della Cultura), che fa parte del sistema cinematografico, e quindi ha una visione più chiara dei problemi del settore, e da qualche anno si è ricominciato a fare un po' di film. C'è stato però un lungo periodo in cui si faceva al massimo un film l'anno, una situazione di abbandono unica al mondo. Al momento se ne girano cinque o sei, il che costituisce un passo avanti incredibile. Però appunto per anni se ne è fatto solo uno, e per un regista poter girare un film ogni dieci anni è una cosa incredibilmente dannosa.
Ma il cinema contemporaneo bulgaro, gioca un qualche ruolo all'interno della società?
Noi cineasti abbiamo grossi problemi con la distribuzione. Il cinema contemporaneo ha un suo qualche ruolo, la gente avrebbe voglia di guardare film, ma purtroppo la maggior parte dei nuovi film non è particolarmente apprezzata, e il pubblico in generale non è soddisfatto. Ci sono film che piacciono, ma non c'è dove guardarli, perché da noi, come in tutta Europa, gli americani hanno fatto piazza pulita, e si proiettano solo ed esclusivamente film d'oltreoceano.
Fino al 1989, che ruolo aveva la cinematografia in Bulgaria?
Sicuramente aveva un ruolo molto più consistente. La gente andava molto più spesso al cinema. Si capisce che c'erano elementi di propaganda, un sacco di film russi, o meglio sovietici, molto meno film americani, ma questo si rivelava però a vantaggio proprio del cinema americano, visto che coloro che selezionavano i film americani che arrivavano nelle sale, non so bene attraverso quali criteri, alla fine ci hanno fatto vedere quasi tutto il meglio della loro produzione. Questo significa che non abbiamo visto tutti gli stupidi "action movies" o i vari thriller fatti in serie, e da questo punto di vista non posso certo dire che in qualche modo la società ne abbia sofferto. C'era allo stesso tempo un forte interesse verso il cinema, soprattutto americano, inglese, francese, che in qualche modo poteva essere guardato, perché questi film venivano proiettati in modo clandestino e tutti ne parlavano, se ne discuteva. E lo stesso succedeva per i film bulgari, si accendevano discussioni sui film censurati, insomma, c'era interesse a tutti i livelli. Al momento invece siamo sommersi dal cinema spazzatura...
Se parliamo di risorse finanziarie, umane e materiali, cosa è cambiato prima e dopo l'89?
Provo a spiegarlo nel modo più elementare. Fino all'89 in Bulgaria si producevano ogni anni circa 30 film per il grande schermo, e tra 50 e 70 per la televisione, in pellicola. Al momento se ne fanno, come dicevo, cinque o sei, e a produrre è principalmente la televisione, cosa che io non credo ragionevole. Di film per la televisione ne vengono realizzati una decina. Questo significa che, dal punto di vista della produzione, il calo è pari a circa l'80%. E mi sembra evidente che con un crollo del genere anche la qualità ne abbia inevitabilmente sofferto. Il problema della mancanza di fondi ci tormenta continuamente. Più o meno ci sono soldi a sufficienza per fare qualche film con un sacco di compromessi, ma d'altra parte non c'è un soldo bucato per la presentazione, per la distribuzione o per la pubblicità. I soldi del budget dedicati a queste fasi sono così ridicoli che quasi mi vergogno a parlarne. Per un film per il grande schermo si mettono a disposizione, per la sua reclamizzazione, 3500 euro. Credo che non ci sia alcun bisogno di fare altri commenti.
Dal suo punto di vista, quali erano, durante il vecchio regime, i temi su cui lo stato più insisteva venissero mostrati attraverso il cinema?
Come in ogni sistema totalitario, era inevitabile che lo stato avesse delle richieste nei confronti dell'industria cinematografica. La questione è che, nel momento in cui si producono 30 film, riescono a passarne anche alcuni belli e significativi. Voglio dire che all'epoca c'era una qualche chance di produrre buon cinema. Oggi, a differenza di quanto succedeva allora, non esiste più la censura ideologica, ma un tipo di censura ancora più terribile, almeno dal mio punto di vista, la censura economica. Non ti dicono più "questo film non si deve girare", ma ti dicono semplicemente "non ci sono i soldi", e la questione finisce lì.
Quindi oggi la censura esiste ancora, seppure sotto forma di censura economica...
Assolutamente. Il problema è che noi facciamo compromessi, fin dall'inizio. Ad esempio, presenti una sceneggiatura. Il tuo progetto passa varie commissioni, e arriva a quelle finanziarie, dove sei costretto a ridurre sempre di più il tuo budget, per riuscire a rientrare nelle spese previste. E così inizi a fare compromessi sempre più grandi, e naturalmente già il progetto non somiglia più a quella che era la tua idea iniziale. D'altra parte, sono già sei o sette anni che aspetti, perché questo è in media il periodo che un regista bulgaro oggi deve essere disposto ad aspettare per poter girare un film. E alla fine, pur di lavorare, sei disposto a fare compromessi che rendono il film molto più brutto. Poi ci sono problemi anche con le coproduzioni, che di tanto in tanto si fanno in Bulgaria. Questo perché ci vengono richieste delle cose che sono piuttosto strane. Ad esempio, se si tratta di un film su rom, oppure sui problemi di convivenza etnica, allora si troveranno i soldi, ma se si tratta di un film esistenziale, allora non interessa a nessuno. Non riesco a capire perché. C'è stato un lungo periodo, in cui venivano dati soldi solo per film in cui i bulgari appaiono come esseri stupidi, rozzi, come mostri disperati che rovistano nei secchioni dell'immondizia. E questo veniva definito "impegno sociale". E così apparve una serie di film su questo tono, che non erano affatto belli. Non che non ci siano problemi del genere in Bulgaria, ma erano rappresentati in modo che potessero piacere al pubblico di determinati paesi, dei paesi che tiravano fuori i soldi. Forse facendo così, proprio quei paesi provavano a sollevare la propria autostima. C'era una forma di violenza da parte della cosiddetta Unione Europea, una spinta perché realizzassimo un certo tipo di cinema, su soggetti che affrontavano problemi di convivenza etnica, che avrebbero dovuto proprio soffocare i conflitti etnici nei Balcani, ma in realtà li hanno volutamente catalizzati, li hanno resi più gravi.
Se parliamo di censura ideologica, ne ha mai dovuto subire gli effetti?
Sì, mi è successo. Il mio primo documentario, che come dicevo si intitola "Vlak za moreto" è stato bloccato per tre o quattro anni. La cosa interessante è che in Bulgaria è stato proiettato per la prima volta nel 1993...Visto che tutti dicono che allora c'era già la democrazia, qualcuno mi vuole spiegare perché questo film è stato bloccato, anche considerato il fatto che ha vinto numerosi premi, e che è un buon film?
Qual'è la ragione, secondo lei?
La ragione sta nel fatto che non piaceva a nessuno dei partiti politici. Questo film parla proprio di problemi sociali ed etnici: è ambientato in un vagone ristorante di un treno, dove ci sono bulgari, rom e turchi, che litigano tra di loro e si danno addosso per la storia del cambiamento forzato dei nomi (il cosiddetto "Processo di rinascita"). Ma alla fine, nel corso del film, diventa chiaro che le persone non si dividono a seconda del gruppo etnico, ma a seconda di categorie morali interiori, e di quanto ognuno di loro sia stato fatto inferocire dal sistema totalitario. E visto che in ogni gruppo etnico ci sono state persone che si sono comportate in modo indegno, nessun partito apprezzò il film, che appunto per questa ragione non è uscito, se non nel 1993, quattro anni dopo essere stato girato.
Come sono cambiati in questi anni, i luoghi più importanti dell'industria cinematografica bulgara, il centro cinematografico, l'accademia ecc...?
Io non sono riuscito a capire perché hanno venduto il "Kinocentar Boyana", perché l'anno inserito nelle strutture da privatizzare, visto che non è mai stato in perdita. Quindi chiaramente, si è trattato di un qualche tipo di imbroglio. Io non do la colpa a Varot (direttore della "New Image", società americana che ha rilevato "Boyana"), perché anche io comprerei il "Kinocentar", se me lo offrissero a quattro soldi. Chiunque l'avrebbe fatto. Quindi la colpa non è sua, ma di qualche bulgaro, che ha valutato il valore dell'intera struttura intorno alla cifra veramente irrisoria di quattro milioni di euro. Soltanto il terreno, senza voler esagerare, ne vale almeno ottanta., senza tutto quello che ci si trova sopra, senza il fondo immobiliare, il materiale tecnico, senza i magazzini, le armerie, i centri di lavorazione chimica, senza laboratori. Qualcuno l'ha stimato e venduto a prezzo stracciato, e secondo me questo qualcuno dovrebbe passare parecchi anni in galera.
C'erano, prima dell'89, forme di pressione da parte del potere, perché il pubblico andasse a vedere alcuni film in particolare?
Si capisce che c'era. C'erano delle "gite organizzate" al cinema. Parliamo ad esempio di "Han Asparuh", o di altri film che venivano ordinati direttamente dai piani alti del potere, film che non passavano attraverso l'approvazione dei consigli artistici, ma venivano pagati direttamente dal budget dello stato. Credo che "Han Asparuh" sia stato visto da otto milioni di bulgari, il che significa che tutta la Bulgaria, poppanti compresi, l'ha guardato, il che, naturalmente, è impossibile. Ma c'erano anche forme di "gita organizzata" che non erano per forza negative. Voglio dire che, oltre ad essere propagandistico, era anche un film istruttivo, in cui si raccontava la nascita della nostra nazione. E intere scuole venivano portate a guardarlo.
Quali sono le sue aspettative rispetto al fenomeno della moltiplicazione delle televisioni, porterà nuove possibilità per il cinema?
No, assolutamente. La moltiplicazione delle televisioni avrà lo stesso effetto della moltiplicazione dei partiti. La gente oggi non vota più, e d'altra parte, smetterà di guardare la televisione. Questo è l'effetto di questi fenomeni, e non si può fare niente per evitarlo. Ci dovrebbe essere un qualche tipo di regolamento, attraverso il quale le tv siano obbligate a trasmettere una determinata quantità di cinema bulgaro. Questo non vuol dire che sono nazionalista, ma credo che un paese dovrebbe difendere la sua produzione nazionale.
Esistono tratti che differenziano il cinema bulgaro da quello degli altri paesi della regione?
Inizierò dai tratti più negativi. Continuiamo a fare un cinema molto locale, che probabilmente è del tutto incomprensibile agli altri. Ci occupiamo di alcuni problemi locali che non siamo in grado di portare ad un alto livello comunicativo, perché siano capiti da tutti. Con questo voglio dire che facciamo film solo per noi stessi, cosa che secondo me non ha molto senso. La cosa positiva è che quanti più film riusciremo a produrre, tanto più questa tendenza scemerà, e spero davvero che questo succeda.
Secondo lei, quale futuro aspetta la cinematografia e l'industria cinematografica bulgara?
In Bulgaria non c'è più un'industria cinematografica, così come è scomparsa in tutta Europa. Questo tipo di industria è una priorità per gli americani, ci metto dentro anche l'India ed alcuni altri paesi. Non abbiamo industria, ma dobbiamo fare film che siano belli, che vengano notati, che siano particolari. Tentare di somigliare a Emir Kusturica è stupido, come lo sarebbe il contrario. Noi siamo diversi, e lo sappiamo. Il fatto che ci abbiano affibbiato l'etichetta di "balcanici", è un discorso a parte. Spero comunque che le cose inizino a girare per il verso giusto, è tempo di tirare fuori idee nuove.
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