E' settembre e anche in Bosnia Erzegovina inizia un altro anno scolastico. Poche le novità rispetto al passato: genitori e figli alle prese con classi segregate, riforme arenate, una pesante frammentazione istituzionale in cui un ministero dell'educazione statale unico pare restare un lontano miraggio
“Questa è una scuola unica, anche se i programmi sono diversi per croati e musulmani”, sottolinea il direttore di una scuola statale del cantone di Zenica-Doboj, in Bosnia Erzegovina. “Martina e Ana frequentano la scuola parrocchiale, non vanno alla scuola pubblica di Brankovici”, racconta un genitore. “I miei figli andranno alla scuola cattolica; noi non siamo credenti ma la scuola cattolica è l’unico istituto a Sarajevo che ci permette di scegliere l’ora di etica al posto dell’ora di religione”, dice una mamma italiana che da anni vive a Sarajevo. In Bosnia Erzegovina sta per iniziare la scuola ma il sistema scolastico è sfortunatamente ancora buono specchio dell'apparato istituzionale del paese: un sistema caratterizzato da una transizione non ancora completata e dalle conseguenze delle derive nazionaliste degli anni '90.
I modelli educativi del passato
La scuola di oggi e il ruolo che viene attribuito all’educazione risentono ancora delle influenze dell’ideologia comunista. Il sistema scolastico della Jugoslavia socialista era un sistema centralizzato basato sull’ideologia marxista-leninista che puntava da un lato a dare un’educazione a tutta la popolazione e dall’altro a indottrinare i futuri sostenitori del partito unico.
Dopo che la Bosnia dichiarò la propria indipendenza e con lo scoppio del conflitto, il sistema scolastico monolitico jugoslavo fu spezzato in tre sistemi diversi corrispondenti alle tre nazioni presenti sul territorio. L’educazione divenne uno strumento essenziale per la costruzione dell’identità nazionale bosgnacca, croata e serba e materie come la storia, la lingua, la letteratura e la religione vennero utilizzate per trasmettere alle nuove generazioni le convinzioni di uno specifico gruppo etnico.
Dopo la fine del conflitto del 1992-1995 fu introdotto il sistema delle “due scuole sotto un tetto” come espediente per facilitare il ritorno delle famiglie con figli in età scolare in quelle aree in cui una nazione era diventata minoritaria durante la guerra. Si trattava di organizzare classi separate per alunni appartenenti a etnie diverse, in modo da permettere ai ragazzi di ogni gruppo etnico di studiare la 'propria lingua' (croato, serbo o bosniaco), la propria religione (cattolica, ortodossa o islamica) e la versione della storia considerata corretta e accettabile.
In questo modo le famiglie avrebbero potuto dare ai propri figli un’educazione “appropriata” secondo gli standard del proprio gruppo etnico e non sarebbero state obbligate a trasferirsi in aree in cui quel gruppo etnico era la maggioranza solo per iscrivere i ragazzi a una scuola croata, serba o musulmana.
Negli anni successivi alla sua istituzione tuttavia, questo sistema finì per istituzionalizzare e legittimare la segregazione dei ragazzi, i quali si ritrovarono non solo a frequentare classi diverse, ma anche a vivere in spazi diversi, accedere all’edificio scolastico attraverso entrate diverse, oppure a frequentare la scuola in orari diversi.
La riforma del sistema scolastico: lavori in corso
Il sistema delle “due scuole sotto un tetto” fu condannato dal Consiglio d’Europa nell’aprile del 2002, anno in cui la Bosnia Erzegovina ne divenne membro ufficiale. L’organizzazione internazionale chiese infatti alle autorità bosniache di eliminare ogni forma di segregazione e separazione fra i vari gruppi etnici.
Nell’autunno dello stesso anno il ministero degli Affari civili, l’autorità statale competente per le riforme del sistema scolastico, pubblicò un documento in cui affermò l’importanza dell’integrazione e della multiculturalità. Nel documento si legge: “Il nostro obiettivo generale è depoliticizzare l’educazione; metter fine alla segregazione e alla discriminazione a scuola, rispettare la diversità culturale che caratterizza il nostro paese”.
Lo stesso approccio fu utilizzato per disegnare la legge quadro sull’educazione primaria e secondaria del 2003 con cui furono introdotte varie novità come il curriculum comune. Materie quali matematica e scienze divennero comuni a tutte le scuole della Bosnia Erzegovina, mentre rimasero differenziati i programmi delle materie umanistiche, come lingua, letteratura, storia e geografia. I simboli religiosi e politici furono eliminati e le scuole dovettero adottare nomi neutri considerati “accettabili” dai membri di tutti i gruppi etnici. Le “due scuole sotto un tetto” furono unificate amministrativamente in un’unica istituzione.
Nonostante le disposizioni della legge quadro, la pratica delle “due scuole sotto un tetto” non scomparve affatto. Vere e proprie scuole multiculturali furono create solo nel distretto di Brcko, per opera soprattutto del supervisore internazionale, mentre nelle due Entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina, la Federazione e la Republika Srpska, le scuole rimasero fondamentalmente mono etniche. Oggi in Bosnia Erzegovina esistono ancora una cinquantina di “due scuole sotto un tetto”, specialmente nei cantoni di Zenica-Doboj, Erzegovina-Neretva e Bosnia Centrale.
Nonostante la comunità internazionale abbia cercato di promuovere l’approccio integrativo attraverso progetti specifici (l’OSCE ad esempio ha promosso la redazione di libri di testo in cui si adottano approcci multipli) e nonostante l’Unione Europea abbia identificato standard educativi basati sulla multiculturalità e il plurilinguismo che i paesi candidati devono adottare, non ci si è allontanati molto dall’approccio mono etnico e mono culturale del 1995.
Le apparenze ingannano: il centro scolastico cattolico di Sarajevo
Ci sono certamente delle eccezioni. A Sarajevo si trovano casi di scuole miste in cui studenti appartenenti a diversi gruppi etnici condividono la stessa aula e studiano le stesse materie. C'è per esempio il caso di una scuola dichiaratamente mono religiosa, il Centro scolastico cattolico, che riesce a integrare in una stessa classe alunni appartenenti a etnie diverse.
“Mentre nelle altre scuole cattoliche della Bosnia la quasi totalità degli studenti è croata, a Sarajevo la situazione è diversa: Sarajevo è una città con una popolazione mista in cui i croati sono una minoranza, di conseguenza anche gli studenti della scuola cattolica non sono solo croati, ma appartengono a diversi gruppi etnici”, spiega Ivana Habensus, pedagoga del Centro scolastico cattolico di Sarajevo. A suo avviso le ragioni per cui i genitori scelgono di iscrivere i propri figli al Centro cattolico sono la serietà della scuola, il metodo pedagogico adottato dagli insegnanti e il rigore richiesto agli studenti. La qualità della scuola, riconosciuta anche nel mondo del lavoro, fa passare in secondo piano il fatto che i ragazzi debbano obbligatoriamente studiare croato, l’unica lingua insegnata nel centro cattolico, e non possano quindi studiare bosniaco o serbo.
Per quanto riguarda l’insegnamento della religione, che con la storia e la lingua costituisce una delle materie maggiormente oggetto di dibattiti e dispute, il Centro scolastico cattolico ha cercato di accomodare le esigenze dei genitori che professano confessioni diverse offrendo la possibilità di sostituire l’ora di religione (in questo caso la religione cattolica) con l’ora di etica. In questo modo viene offerta un’alternativa vera e propria anche ai ragazzi che provengono da famiglie musulmane o ortodosse, oppure a ragazzi nati da matrimoni misti, oppure semplicemente a figli di genitori agnostici. Nelle scuole pubbliche della città, invece, i ragazzi e bambini i cui genitori non hanno scelto l’insegnamento della religione hanno semplicemente un’ora libera.
La strada verso la scuola multiculturale è ancora lunga
Uno dei principali ostacoli allo sviluppo del sistema scolastico bosniaco deriva dal complesso quadro istituzionale del paese. In Bosnia Erzegovina esistono oggi 14 ministeri con competenze nell’ambito dell’educazione: ciascuna delle due entità che compongono il paese - la Federazione di Bosnia Erzegovina e la Republika Srpska - ha un proprio ministero dell’educazione; il distretto di Brcko pure; ognuno dei 10 cantoni in cui è suddivisa la Federazione ha un ministero dell’educazione, mentre l’unica autorità a livello statale competente per il settore dell’educazione è il ministero degli Affari civili. Nonostante sia stata creata nel 2008 una conferenza dei vari ministeri dell’educazione, non esiste un vero e proprio ministero nazionale per questo settore.
Questa frammentazione, aggiunta alle risorse economiche limitate, fa sì che le riforme vengano attuate con tempi molto lunghi e in modo difforme nel paese. Soprattutto a livello delle municipalità, procrastinare una riforma può essere una strategia utilizzata per non implementare quegli standard considerati dalle élite politiche come non adeguati a un gruppo etnico.
Inoltre i modelli educativi precedenti, quello comunista basato sul principio dell’indottrinamento e quello nazionalista basato sulla scuola mono etnica, sono ancora il principale punto di riferimento di molti genitori, che preferiscono pertanto una scuola cento per cento croata, serba, o bosniaca, dove i ragazzi possono studiare “la loro” cultura, “la loro” religione e “la loro” lingua, in un ambiente “sicuro” e omogeneo. I documenti ufficiali e le brochure dell’Unione Europea che esaltano la scuola multiculturale non bastano a sradicare i pregiudizi e a cambiare la mentalità delle persone.
In generale le riforme scolastiche rimangono arenate e pure il dibattito su di esse. Nel 2005 si parlava di eliminare la segregazione, di integrare le scuole e di creare un unico ministero statale dell’educazione. Oggi, nel 2010, si dice lo stesso.
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