L'ex generale dell'esercito bosniaco è stato fermato dalla polizia austriaca a Vienna mentre si stava recando in Italia per partecipare ad un incontro. Le reazioni a Sarajevo e in Italia
Ieri sera, poco dopo le 21.00, il generale in pensione dell'esercito bosniaco Jovan Divjak è stato arrestato presso l'aeroporto di Vienna. Secondo il portavoce del ministero degli Interni austriaco, Rudolf Golia, Divjak sarebbe stato arrestato sulla base del mandato di cattura internazionale emesso dalla Serbia per i fatti della Dobrovoljačka ulica. In quella strada di Sarajevo, il 3 maggio del 1992, nel corso di violenti scontri tra una colonna dell'esercito jugoslavo (JNA) che si stava ritirando dalla città e alcuni cittadini e membri del nascente esercito bosniaco, ci furono diverse vittime. Divjak, generale serbo che durante la guerra si è schierato a difesa di Sarajevo insieme a croati e musulmani contro l'esercito di Mladić, è ritenuto responsabile per quei fatti dalla procura di Belgrado, insieme ad altre 17 persone. Uno di loro, l'ex presidente bosniaco Ejup Ganić, è stato arrestato all'aeroporto londinese di Heathrow il primo marzo dello scorso anno per le stesse accuse. Il giudice inglese Timothy Workman aveva però in quel caso respinto la richiesta di estradizione della Serbia, liberando Ganić e dichiarando che le accuse contro di lui da parte della Serbia erano “politicamente motivate.”
Sarajevo
La notizia dell'arresto di Divjak è giunta a Sarajevo nella tarda serata di ieri, dopo la conferma resa ai media bosniaci dall'ambasciatore di Bosnia Erzegovina a Vienna, Haris Hrle, che ha detto di “attendere le prossime mosse procedurali che verranno fatte dalle autorità austriache”.
La Procura di Stato bosniaca, citata dall'agenzia B92, ha ribadito tramite il portavoce Boris Grubešić quanto già affermato nel caso Ganić, sostenendo che i fatti della Dobrovoljačka “si sono svolti in territorio bosniaco, i sospettati sono cittadini bosniaci e l'unica istituzione deputata a occuparsi di quella vicenda è la Corte della Bosnia Erzegovina”.
Haris Silajdžić, presidente del Partito per la Bosnia Erzegovina, citato dal portale bosniaco 24 sata info,ha dichiarato che l'arresto di Divjak rappresenta "un altro tentativo revisionista della Serbia nei confronti della guerra in Bosnia Erzegovina". Stjepan Kljuić invece, già membro della presidenza della Bosnia Erzegovina e fondatore nel 1990 dell'Unione Democratica Croata (HDZ) della Bosnia Erzegovina, ha dichiarato alla televisione bosniaca che Belgrado “prosegue con la politica di Milošević”.
Jovan Divjak è una personalità molto conosciuta e stimata a Sarajevo, dove ha fondato un'associazione che aiuta gli orfani di guerra, "Obrazovanje gradi BiH " (L'educazione costruisce la Bosnia Erzegovina). Nella notte la notizia del suo arresto è iniziata a circolare sui social network, e si è subito formato un presidio di fronte all'ambasciata austriaca. Il portale Sarajevo X, una delle fonti più utilizzate dagli internauti della capitale bosniaca, ha dato notizia di una manifestazione che si terrà domani alle 13.00, sempre di fronte alla sede della rappresentanza diplomatica austriaca.
Divjak e l'Italia
Al momento dell'arresto, Divjak si stava recando in Italia per partecipare a Casalecchio di Reno ad un incontro indetto dall'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti e dall'Associazione Percorsi di Pace. Divjak è molto noto nel nostro Paese, anche grazie alla pubblicazione del libro Sarajevo mon amour, della casa editrice Infinito edizioni. L'editore, Luca Leone, ha dichiarato ad Osservatorio che “l'arresto di Jovan Divjak dimostra una volta di più che sia in Bosnia Erzegovina che in Serbia la giustizia percorre strade e velocità diverse. Una giustizia politicizzata richiede l'arresto di un eroe di guerra, mentre ben poco si è fatto in 15 anni per arrivare all'arresto di ricercati per crimini di guerra come Mladic. Esprimiamo la nostra solidarietà a Jovan Divjak e auspichiamo che il governo della Bosnia Erzegovina si spenda a sostegno di un uomo che ha dedicato la sua vita alla difesa di una Bosnia multietnica".
Da Sarajevo Valentina Pellizzer, direttrice di Oneworld South East Europe, ha dichiarato ad Osservatorio che "Divjak merita la difesa della gente. A differenza di altri lui ha dimostrato di essere un essere umano, non un profittatore". Secondo Daniele Onori, responsabile dell'Ufficio Culturale dell'Ambasciata d'Italia in Bosnia Erzegovina, "l'arresto di Jovan Divjak è sentito a Sarajevo come un vero e proprio insulto alla città e a coloro che l'hanno difesa durante l'aggressione, oltre che ad un uomo che negli anni del dopoguerra ha sempre lavorato per il bene della Bosnia Erzegovina, soprattutto con le sue opere verso i più giovani. Ho conosciuto personalmente il generale Divjak e le sue numerose attività e raramente ho incontrato in questi miei anni a Sarajevo persone che più di lui si siano sforzate di unire e non di spaccare ulteriormente il Paese."
Christophe Solioz, segretario generale del Centro per le Strategie di Integrazione Europea (CEIS), un centro studi che ha più volte ospitato Divjak, ha dichiarato di essere “costernato”. L'arresto, secondo Solioz, rappresenta una “mossa politica da parte della Serbia che deve fare concessioni al suo esercito in vista di un futuro arresto di Mladić. Il problema è che tra Serbia e Bosnia Erzegovina non ci sono le buone relazioni che faticosamente stanno emergendo ad esempio tra Serbia e Croazia, dopo l'incontro tra Tadić e Josipović a Vukovar. Vorrei fare un appello al presidente serbo Boris Tadić, che ha saputo trovare un atteggiamento degno a Srebrenica e Vukovar, di prendere le difese di Divjak.”
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