In viaggio da e per Yerevan

In viaggio da e per Yerevan (anitzsche/flickr)

La congiuntura negativa è data da un alto tasso di emigrazione, un periodo protratto di scarsa natalità, un bacino demografico di partenza di dimensioni limitate. Sempre più importante quindi il ruolo della diaspora, che potrebbe diventare una risorsa politica interna. Un approfondimento

30/03/2011 -  Marilisa Lorusso

Stando ai dati ufficiali l’Armenia ha 3.249.500 abitanti, di cui due milioni circa vivono in città, concentrati soprattutto nella capitale Yerevan. Le statistiche riportano una contrazione di soli duecentomila abitanti rispetto al 1989, quando si registrò l’ultimo censimento sovietico, ma è comune ritenere che i cittadini armeni effettivamente residenti nel Paese siano molti meno. Tanti, pur detenendo la cittadinanza, vivono da anni all’estero, soprattutto in Russia, o vi si recano periodicamente per motivi di lavoro. I demografi hanno ritenuto di dover dare un nuovo allarme riguardo il rischio di un’emorragia di armeni verso la Russia a seguito dell’introduzione di un programma per l’assegnamento facilitato della residenza in Russia per i cittadini armeni. Il programma, implementato per l’Armenia da due anni, consta di un decreto esecutivo che prevede la migrazione volontaria in ventisei unità territoriali della Federazione, dando la precedenza a quelle che si trovano nelle aree più remote del Paese. Il pacchetto di integrazione prevede l’assegnazione di un lavoro, una compensazione forfettaria per i beni che ci si lascia alle spalle, la cittadinanza entro sei mesi.

Si consideri che l’emigrazione coinvolge soprattutto uomini in età lavorativa (il 50% nella fascia 20-49 anni) e quindi sottrae al Paese una fetta significativa della potenziale classe lavoratrice. La disoccupazione dichiarata è del 7,1% un dato che non fotografa fedelmente la crisi del mercato del lavoro. Il sussidio di disoccupazione è in media di 16.700 dram al mese, al di sotto della soglia minima di povertà che è di 17.232 dram (1.000 dram equivalgono a 1,9 euro). Un lavoratore nel settore dell’istruzione, per esempio, ha un guadagno medio di 72.277 dram. Poco, e così molti emigrano, pur sapendo che difficilmente potranno trovare un lavoro conforme alla propria istruzione.

La scarsa natalità

L’emigrazione da sola non è l’unica causa della crisi demografica. La bassa natalità gioca la sua parte. Dal Servizio Nazionale di Statistica, Dipartimento Demografico e del Censimento si leva la voce allarmata di chi registra una differenza di diecimila nascite l’anno fra le coppie nate negli anni ’80 e quelle nate negli anni ’90. I dati relativi al 2009 indicano una crescita netta di 5,2 persone ogni 1.000, data dalla nascita di 13,7/1.000 e la morte di 8,5/1.000. Anche se questo non è un dato di crescita negativa, non è certo sufficiente a compensare il dato ufficiale dell’emigrazione.

Anche in questo caso si paga il pegno di un lungo periodo di assenza di politiche a sostegno della maternità. Il 24 febbraio di quest'anno, il governo ha emendato la legge sui “benefici di disoccupazione temporanea” del novembre scorso secondo la quale il congedo di maternità e la disabilità temporanea sarebbero stati abbreviati. La mobilitazione e il dissenso che aveva caratterizzato il periodo successivo alla presentazione della bozza di legge hanno fatto sì che il governo la rivedesse, pur non venendo incontro alla richiesta mossagli di detassare il periodo di congedo. La legge, entrata in vigore il primo dicembre, è stata quindi annullata con effetto retroattivo.

La diaspora: una risorsa anche politica?

L’auto rappresentazione di “noi, gli armeni”, indipendentemente da quale cittadinanza abbiano, da dove si trovino, da ulteriori altre nazionalità, emerge nelle parole del presidente Sargsyan che durante la sua recente visita in Lettonia ha così apostrofato i rappresentanti della comunità armena: “Sono giunto con l’umile missione di portarvi i saluti e gli auguri dal nostro popolo, la nostra patria, e di riaffermare che indipendentemente da dove vivano gli armeni – Riga, Vilnius, Parigi, Los Angeles, Yerevan o Vanadzor – siamo una nazione e la nostra forza è nella nostra unità”. L’identità nazionale che trascende la territorialità.

Sebbene la diaspora sia in condizione di esercitare pressioni per condizionare le scelte politiche, il suo contributo non è mai stato pienamente istituzionalizzato. Dal 2008 esiste un dicastero dedicatole, ma l’iniziativa promossa da alcuni di attivare un Senato per la diaspora costituirebbe un unicum nell’evoluzione del diritto costituzionale. In questa direzione si è orientata la Federazione Rivoluzionaria Armena (FRA), Dashnaktsutyun.

Il Partito, fondato nel XIX secolo, è un partito trans-nazionale dalle sue origini e presta particolare attenzione alla rappresentanza degli armeni extra-territoriali. Durante le celebrazioni per i centoventi anni dalla fondazione del Partito, a Toronto, nel dicembre 2010, Hrant Markaryan, rappresentante dell’Ufficio politico del Partito ha lanciato l’iniziativa di “[…] ampliare l’Assemblea Nazionale aggiungendo un senato pan-armeno che includa i rappresentanti delle diverse parti della diaspora. Che vengano eletti con lista proporzionale e possano anche partecipare alle discussioni e al processo decisionale”.

Da un aumento sostanziale di armeni extra-territoriali nell’Assemblea Nazionale la FRA trarrebbe giovamento, aumentando il proprio peso politico nell’organo legislativo. Ma al di là del contingente calcolo politico, la proposta rivela la necessità di percepire i diritti politici in modo inclusivo, non potendo l’Armenia ignorare l'importante ruolo che ha la diaspora nel sostentamento del Paese. Ed infatti, pur considerando il progetto irrealizzabile, dalle fila dell’opposizione parlamentare (rappresentata dal Partito dell’Eredità), si leva la contro-proposta di creare un Consiglio della diaspora, una sorta di organo amicus curiae, con funzioni di consulenza ma non decisionali nel processo legislativo interno. E si ricorda l’iniziativa risalente al periodo della presidenza Kocharyan, di creare una Conferenza Pan-Armena.

Il Partito Repubblicano, di maggioranza, si è invece riservato di esprimere un giudizio solo dopo aver esaminato un progetto formulato nei dettagli. Voci dissonanti considerano invece un’iniziativa di questo tipo dannosa ai principi di nazionalità, cittadinanza e statualità in generale. È effettivamente difficile immaginare un quadro parlamentare di questo tipo. Ma il seme della riflessione sulla cittadinanza extra-territoriale non limitata al diritto di voto è stato seminato.

(http://marilisalorusso.blogspot.com/ - il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)


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