Turchia e Bosnia Erzegovina cosa hanno in comune? E cosa vi è alla base del rinnovato interesse turco per le vicende bosniache? Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Nei Discorsi sulla Prima deca di Tito Livio Machiavelli confronta la prima Repubblica romana alla Firenze a lui contemporanea. Egli riconosce nella capacità di individuare il conflitto tra le diverse parti che compongono l’antica Repubblica e l’abilità nel canalizzarlo in Istituzioni (Senato e Tribuno della Plebe), la base della forza di Roma. I conflitti che animano uno Stato non sono neutralizzati, ma riconosciuti e rappresentati dalle e nelle Istituzioni. Tale assetto favorisce una pace sociale interna: i cittadini nella partecipazione alla Cosa Pubblica maturano un interesse pubblico e l’assetto statale ha il giusto retroterra per difendersi da un nemico esterno e così espandersi. In opposizione a Roma Machiavelli analizza una Firenze logorata e fragile per via dei tumulti di piazza, violenze ed esili; il potere politico fiorentino non riconosce i diversi umori che si scontrano nella società, non è in grado di lasciarli esprimere canalizzandoli in organi istituzionali. Firenze è fragile al suo interno e inerme ad attacchi esterni.
In questa tesi analizziamo la politica estera della Turchia e il suo incontro con la Bosnia Erzegovina. Due paesi diametralmente diversi ma legati da storia, tradizioni e cultura e che condividono il destino di realtà composite ognuna da tre diverse anime: bosgnacchi, serbi e croati; kemalisti, islamisti e kurdi.
Nella prima parte di questo lavoro abbiamo analizzato il retroterra turco, gli equilibri tra le tre componenti considerate. Partendo dalla tradizione ottomana, ci soffermiamo su temi quali il nazionalismo, la laiklik, gli equilibri tra esercito nei confronti di musulmani praticanti e kurdi approdando all’ultimo decennio, riportando una tendenza ad affrontare le controversie attraverso modi più pacifici ed istituzionalizzati. Benché persistano scontri violenti di una parte della popolazione kurda, essa non sembra così rappresentativa come lo era negli anni ‘90; benché le tensioni permangano tra islamisti e kemalisti, entrambi spostano lo scontro all’interno di istituzioni politiche riuscendo, i primi a riformare la Costituzione limitando il potere militare a vantaggio del civile.
Tale pace sociale interna, favorita da una politica economica espansiva, costituisce lo stabile retroterra turco da cui proiettare una rinvigorita politica estera. Nel descrivere la “Profondità Strategica” turca si sono considerati tre vettori: il Panturchismo, l’Islam e il Neo-Ottomanesimo. Riprendendo teorie ottocentesche quali il Panturanesimo e il Panturchismo, abbiamo analizzato i rapporti tra Ankara e l’est, in particolare con i paesi turcofoni dall’Azerbaigian al Kazakistan, tenendo conto del ruolo del contingente turco nel conflitto afghano e i nuovi equilibri con la Federazione Russa. La Turchia riscopre il suo ruolo tra i Paesi di fede musulmana, muovendosi delicatamente tra i difficili equilibri del golfo persico, tra i Paesi del Golfo e l’Iran e riscoprendo un ruolo guida all’interno dell’Organizzazione della Conferenza Islamica. Il Neo-Ottomanesimo sottintende il recupero della tradizione imperiale. La Turchia non rimane inerme rispetto al risveglio arabo cercando di costituire un ruolo di partner privilegiato nelle evoluzioni di Egitto, Tunisia e Libia.
La Turchia si riaffaccia sui Balcani cento anni dopo la ritirata dell’Impero Ottomano, ritrovandovi una realtà più o meno simile: una serie di staterelli frammentati e colmi di tensioni. Gli interessi turchi in Bosnia rispondono non tanto a strategie economiche, quanto a motivi di sensibilità elettorale e soprattutto a visioni diplomatiche e geopolitiche. E’ nella politica in Bosnia che la Turchia collabora cordialmente con americani ed europei, dimostrando a questi ultimi indubbie capacità di mediazione.
La grande percezione della Turchia di se stessa non corrisponde pienamente alle visioni delle componenti bosgnacca, praticante e non praticante, croata e serba. Le tre anime della Bosnia Erzegovina percepiscono in modo diverso la presenza turca, ma tutte hanno in comune il ridimensionamento dell’enfasi rivolto al ritorno di tale attore.
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