Una tesi di laurea che prende in esame quanto pubblicato dai principali giornali serbi, bosniaci e serbo-bosniaci in relazione a quanto accadde a Srebrenica nel luglio del 1995 e ai fatti ad essa collegati negli anni a seguire. Riceviamo e pubblichiamo
Maggio 1980. Dopo trentacinque anni la dittatura monopartitica del "Maresciallo" Josip Broz Tito si spezza alla sua morte. Il concetto stesso di Jugoslavia, tenuto insieme dal credo di Tito ("fratellanza e unità" tra le diverse etnie) barcolla, e i vari nazionalismi delle diverse Repubbliche iniziano a risvegliarsi dal torpore dovuto, nonostante la dittatura, ad un generale benessere.
Ai movimenti indipendentisti che iniziano a diffondersi tra le Repubbliche si oppone la Serbia, che vive come un affronto il desiderio separatista in quanto è proprio lei, più o meno velatamente, a costituire la testa della Jugoslavia. Tra il popolo serbo prende rapidamente piede un vivace scontento, incoraggiato dal suo nuovo leader, Slobodan Milošević.
Maestro nei giochi di potere, Milošević si inserisce nella scena politica serba a seguito della pubblicazione di un Memorandum nel quale si sosteneva che il popolo serbo si fosse sempre sacrificato per gli altri, non ricevendo mai nulla in cambio, e nel quale i serbi venivano dipinti come eterne vittime di sopraffazioni.
La Slovenia si oppone per prima alla follia di Milošević dichiarando la propria indipendenza il 25 giugno 1991. è l’inizio della disgregazione dei Balcani; la Croazia si dichiara indipendente subito dopo, seguita dalla Bosnia Erzegovina nell’aprile del 1992. Proprio in Bosnia, subito dopo la dichiarazione d’indipendenza, viene sancita la nascita della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (Republika Srpska). È l’inizio del terribile conflitto bosniaco.
Nel giro di poche settimane dall’inizio della guerra già il 60% dell’autoproclamata Repubblica Srpska era stato “ripulito” per mezzo di atrocità, stermini, crimini. Sopravvivevano piccole zone isolate, tra cui Srebrenica, già dichiarata “zona protetta”, ma anche punto strategico per le forze serbo bosniache. Il 6 luglio del 1995 inizia l’attacco serbo alla città; i bosgnacchi chiedono aiuto alle forze di protezione dell’UNPROFOR, che riparano invece nel loro quartier generale. L’11 luglio iniziano gli stermini di massa degli uomini di età compresa tra i 17 e i 60 anni. Il numero dei morti, ancora indefinito, supera gli 8 mila.
Questo lavoro di tesi, svolto sul campo, prende in considerazione il comportamento dei principali giornali serbi, bosniaci e serbo bosniaci, analizzando ciò che essi hanno scritto in relazione a quanto accadde a Srebrenica nel luglio del 1995 e ai fatti ad essa collegati negli anni a seguire, giungendo fino al 2014, anno di redazione.
La spinta alla disintegrazione della Jugoslavia parte appunto dalla Serbia, da Slobodan Milošević, che si serve della disinformazione per realizzare il suo obiettivo: la supremazia della Serbia e del popolo serbo. Disinformazione messa in atto negli anni precedenti la guerra vera e propria attraverso l’appropriazione, per mezzo di vari metodi tra cui la promulgazione di nuove leggi, dei mass media da parte del nuovo regime. La guerra viene di fatto costruita nella mente della gente, imprimendo odio etnico e voglia di rivalsa.
Parallelamente a questi canali d’informazione, definibili “di regime”, ce ne sono molti altri, sia in Serbia che nelle varie Repubbliche, che mantengono il loro carattere libero, ai fini di raccontare la verità.
Si è cercato di rispondere ad una domanda fondamentale: cosa porta un giornalista a contraddire sé stesso? A rinunciare a tutto ciò che incarna e rappresenta?
La risposta sta non solo negli articoli di giornale ma anche nelle testimonianze, realizzate come interviste, di importanti personaggi della scena pubblica serba: Dragan Petrović, Đorđe Vlajić, Jovanka Matić, Boško Jakšić, Cedomir Antić, Sonja Biserko, Dragan Janjić e Nataša Kandić.
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