La bandiera bosniaca

A vent'anni dall'inizio della guerra in Bosnia Erzegovina un'analisi sugli anni della transizione e le prospettive di integrazione europea. Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

23/07/2012 -  Enrico Tricanico

Il 6 aprile del 2012, a vent’anni esatti dall’inizio della guerra di Bosnia, per le strade di Sarajevo sono state disposte 11.541 sedie rosse vuote, il numero dei caduti nella capitale bosniaca durante la guerra. Sedie vuote a ricordare il vuoto nel cuore di quello che resta della Porta d’Oriente. Una linea rossa lungo la città, per ricordare le atrocità di 1.395 giorni di assedio. Nell’anno in corso, la Croazia aderisce ufficialmente all’Unione Europea ed in Serbia viene eletto un presidente ultranazionalista che mette già in discussione la precaria stabilità dei Balcani Occidentali. Questi avvenimenti e ricorrenze ci ricordano come nel centro dell’Europa ci siano ancora aperte questioni che si tende a porre nel dimenticatoio.

Le pagine della tesi sono il modesto tentativo di una breve ricostruzione storica degli ultimi vent’anni, letti in chiave politologica, evidenziando le difficoltà della transizione democratica in Bosnia ed Erzegovina e le prospettive di integrazione europea, che sono gli unici elementi che possano far pensare ad una definitiva cicatrizzazione della ferita ancora aperta, conosciuta come questione jugoslava. Nell’evoluzione della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, che prima della totale disgregazione, aveva avviato un lento processo di democratizzazione, è stato necessario porre l’attenzione sulle molteplici differenze che lo stato socialista jugoslavo presentava nei confronti dell’Unione Sovietica. Jugoslavia e Unione Sovietica vengono spesso accomunate come diverse fautrici dello stesso modello di stato socialista, in realtà l’organizzazione statale, oltre che le problematiche interne e le prospettive future, sono sempre state molto diverse se non agli antipodi.

Dopo aver vissuto le drammatiche fai della guerra civile, la transizione verso l’indipendenza della Bosnia ed Erzegovina, è stata più complessa delle altre, ed ha richiesto un sostanzioso intervento della Comunità Internazionale. L’importante ruolo degli agenti esterni che hanno fornito l’ausilio per la risoluzione del conflitto, hanno anche stabilito il nuovo quadro istituzionale della Bosnia ed “imposto” o “donato” il disegno della nuova Carta Costituzionale. La presenza di agenti ed osservatori internazionali è ancora piuttosto attuale.

Il ruolo dei fattori interni, invece passa necessariamente per l’analisi delle eredità jugoslave (e del conflitto), dal ruolo che ha assunto la comunità musulmana, da come è stata assorbita l’architettura istituzionale progettata da attori esterni e dalla complicata situazione dell’economia che non riesce ad attraversare il periodo di boom necessario al rilancio del paese.

Infine, in questo lavoro, si è cercato di analizzare il grado di democraticità raggiunto, tenendo conto del ruolo degli attori interni ma anche esterni. Gli strumenti valutativi e di analisi utilizzati sono stati: il modello democratico consensuale di Lijphart, l’analisi del sistema partitico e delle competizioni elettorali, l’evoluzione dei dati degli indicatori di Freedom House dal 2002 al 2011.

Ancora oggi, dopo vent’anni dalla guerra, la Bosnia ed Erzegovina rimane un dilemma situato nel cuore dell’Europa, ma anche un’ interessante esperienza di convivenza tra etnie diverse, in attesa di una nuova identità nazionale unitaria che si è persa con la morte del Maresciallo Tito e la successiva fine della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia.


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