La riva settentrionale del Mar Nero è stata una battigia sulla quale nel corso dei secoli sono fluiti e rifluiti numerosi popoli: essa è stata un luogo dove i "detriti" delle migrazioni e delle invasioni si sono depositati per più di quattromila anni
Per gli antichi greci il Mar Nero era un oceano: chi vi si inoltrava oltrepassava i limiti del mondo abitato a levante, così come le Colonne d'Ercole erano il valico estremo per chi navigava verso ponente. Questa percezione appartenente alla tradizione classica ha originato una visione della regione che si estende oltre il Mar Nero come remota, sconosciuta e minacciosa per l'Europa. Una visione protrattasi nel tempo, e persistente per certi versi anche ai giorni nostri.
Il professor Alberto Vidoni, facente parte del gruppo di studio che in Friuli Venezia Giulia promuove gli scambi culturali con la regione del Kuban, nel corso delle sue ricerche dedicate ai popoli dell'Eurasia, si è soffermato sul concetto di frontiera che il Caucaso da sempre rappresenta nella geografia e cultura di due continenti che si sono contrapposti.
Approfondendo il tema del confine tra Europa e Asia, anche attraverso il confronto con studiosi locali in occasione del convegno "Caucasica Latinitas" tenutosi nel maggio dello scorso anno a Krasnodar, il professor Vidoni ha dipinto un quadro affascinante delle ondate migratorie che si sono susseguite in quel territorio: «la riva settentrionale del Mar Nero è stata una battigia sulla quale nel corso dei secoli sono fluiti e rifluiti numerosi popoli: essa è stata un luogo dove i "detriti" delle migrazioni e delle invasioni si sono depositati per più di quattromila anni. Gli Sciti si trovavano già nelle steppe a nord del Mar Nero quando nel VI secolo a.C. giunsero i Greci; successivamente la pressione demografica dall'Asia centrale vi portò i Sarmati -ai quali poi da nord si aggiunsero i Goti-, poi gli Unni, i Chazari ed i Mongoli Tatari dell'Orda d'oro. In definitiva la regione è stata una cerniera tra i popoli nomadi eurasiatici alternatasi nella pianura a settentrione del Caucaso e la lunga serie di imperi succedutisi a sud e sudovest del Mar Nero».
In effetti, attingendo dalle fonti antiche, si scopre che essa ha ospitato molteplici passaggi e transiti di genti essenzialmente tribali, accomunate da usi e costumi, ma sostanzialmente incapaci di costituire una vasta organizzazione istituzionale almeno fino all'età moderna, ragione per cui fin dai tempi della colonizzazione greca quel territorio ha offerto lo spunto per discutere la questione del rapporto tra barbarie e civiltà. E ancora nel Novecento, durante gli anni successivi al primo dopoguerra, lo storico Arnold J. Toynbee indicava tre false antitesi esistenti come stereotipi nell'immaginario degli occidentali che guardavano ai territori circostanti il Mar Nero: Cristianità e Islam, Europa e Asia, civiltà e barbarie. L'autore britannico diceva che se i confini di queste opposte categorie sembravano chiari e indiscutibili a una certa distanza, appena giunti in quelle terre cominciavano ad apparire semplicemente ridicoli.
In realtà, infatti, le popolazioni risiedenti in quella zona di intersezione tra Asia ed Europa hanno costituito nel tempo una sintesi di caratteri culturali estremamente variegati, quasi un continuum naturale di gradazioni antropologiche che rispecchiavano la struttura morfologica che unisce i due continenti.
«Le notizie più antiche su questa regione, compresa tra i fiumi Don e Volga e il massiccio caucasico, sono testimonianze archeologiche -ricorda il professor Vidoni-. Le fonti scritte greche ed assire parlano dei primi popoli insediati nel territorio come provenienti dalle steppe eurasiatiche. Da parte loro, i greci della Ionia raggiunsero le coste settentrionali del Mar Nero verso il VI secolo a.C. e vi fondarono degli empori commerciali. Queste colonie greche, la più famosa delle quali fu Panticapea, diedero vita verso il 480 a.C. ad uno stato unitario, il regno di Bosforo, che influenzò fortemente le popolazioni locali. I Sindi e i Meoti, infatti, nel corso del V secolo, crearono un'altra realtà politica relativamente forte intorno alla città di Gorgippa, l'attuale Anapa, entrando in sempre maggiori rapporti con la civiltà mediterranea».
Eppure, anche se le fonti greche e latine danno informazioni sulla regione, la sua storia rimane oscura. Nei territori al di là del Mar Nero, i greci collocavano parte della loro mitologia: Eschilo, nella perduta tragedia Prometeo slegato, descriveva l'arrivo dei Titani che, davanti al luogo di sofferenza di Prometeo incatenato sulle cime del Caucaso, ricordavano di essere giunti da lontano passando il fiume Fase (Rioni), presentato come confine tra l'Asia e l'Europa. Molti autori classici, come Strabone, Erodoto e Plinio il Vecchio, fornirono elenchi dettagliati delle tribù che vivevano intorno alla costa settentrionale del Mar Nero: si trattava della mescolanza di fantasia e di testimonianze molto indirette, solo eccezionalmente basate su notizie di prima mano.
Uno dei popoli più temuti erano gli sciti, che, a quanto si diceva, facevano sacrifici di stranieri. «La definizione di scita -spiega il professor Vidoni-, era innanzitutto geografica: indicava popoli nomadi allevatori di cavalli e che risiedevano in un clima freddo. Tale descrizione venne assunta nell'immaginario greco e poi anche latino-romano come lo standard rappresentativo di tutti i barbari del nord: grande appariva la distanza tra le pratiche sociali del popolo delle steppe e quelle della civiltà mediterranea. Nemmeno il lungo periodo di supremazia bizantina sul Mar Nero ha contribuito a chiarire meglio la condizione e le caratteristiche di quel territorio che, pur essendo molto vicino al centro dell'impero, Bisanzio, risultava ancora una volta una periferia ed un confine che separava la civiltà mediterranea da qualcosa che appariva sempre e comunque molto diverso. Indicativo di questo atteggiamento per un mondo con il quale esistevano comunque rapporti di tipo economico, è il fatto di considerare sbrigativamente come un'unica gente scizia la molteplicità di popoli che nel corso dei secoli continuamente si succedeva nella regione. Le tracce del passaggio di europei attraverso queste steppe sono assai rare: l'entroterra era pericoloso, la lunghezza del viaggio faceva sì che il viaggiatore proveniente dall'Europa provasse la sensazione di passare da un universo conosciuto ad uno assolutamente altro, in cui i vecchi sistemi morali di riferimento non avevano più valore».
Soltanto alla fine del XIII secolo, l'ingresso del commercio italiano nel Mar Nero e il consolidarsi delle relazioni economiche stabilite dalle città marinare indusse a un nuovo avvicinamento tra i due mondi. Molte delle antiche colonie greche e romane furono rivitalizzate dai Veneziani e dai Genovesi, che traevano vantaggio dalla loro posizione di punti privilegiati di accesso alle ricchezze dell'Oriente: numerosi fonti e documenti evidenzano che in quell'epoca gli empori del Mar Nero erano affollati da mercanti provenienti da tutto il mondo allora conosciuto. L'aumento degli scambi e dei contatti marittimi e commerciali portò gli europei ad allargare la conoscenza diretta delle genti che abitavano intorno al Mar Nero, che cominciava così a diventare un mare di incontro di lingue, popoli e culture. Ed è questa l'identità che tutt'oggi il Mar Nero aspira ad assumere.
«Il rimescolamento dei confini tra popoli e culture è stato uno dei tratti salienti nella storia della sponda settentrionale del Mar Nero e forse proprio la molteplicità delle denominazioni di questo mare può essere assunta come sintesi simbolica -conclude il professor Vidoni-. Molti sono i nomi con cui il mare è stato conosciuto: il più antico pervenutoci è quello di Ponto Axeinos, 'mare buio', che potrebbe derivare da un più antico termine indoeuropeo riferito alla paura dei marinai di attraversare le sue acque tempestose o forse al colore dell'acqua più scura rispetto a quella meno profonda del Mediterraneo. Come si sia trasformato in Ponto Euxinus, il mare ospitale ('benevolo verso gli stranieri') degli antichi scrittori classici greci e latini, non è noto. Nel medioevo spicca la dicitura Mare Maggiore, propria delle città marinare italiane, che riprendeva il termine Ponto, 'mare', usato dai bizantini e la traduzione arada babr Buntus ('mar Mare'). Altri nomi come mare scita, mare sarmata, mare dei Chazari, mare dei Ros, mare dei Bulgari (e, nelle fonti arabe, mare dei Romani, ovvero dei bizantini), oltre a rimarcare il mutevole quadro storico, contribuivano a rafforzare la percezione di un territorio di periferia e di frontiera, mutevole nell'identità culturale e quindi anche nel nome. Solo con la dominazione turca, dalla fine del XV secolo, finalmente si è imposto il nome Mar Nero che, curiosamente, ha finito per riprendere l'antica designazione indoeuropea».
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