Il gabinetto von der Leyen si prepara a presentare i nuovi documenti annuali che definiscono il percorso di adesione dei Paesi candidati e le riforme da implementare. L'edizione 2024 sarà cruciale anche per le prospettive dei negoziati di Ucraina, Moldova e Bosnia Erzegovina
Come ogni anno, a Bruxelles, l'ingresso nella stagione autunnale porta con sé un evento particolarmente atteso per le prospettive di adesione di nuovi Paesi membri all'Unione Europea: la presentazione dell'annuale 'Pacchetto Allargamento' da parte della Commissione Europea. Si tratta del punto di riferimento istituzionale per comprendere lo stato di avanzamento di ogni singolo Paese candidato (o potenziale candidato) all'adesione attraverso i progressi e le carenze riportati dall'esecutivo Ue, ma anche il clima generale di spinta o stallo sul fronte della politica di allargamento dell'Unione per i mesi a seguire.
Dopo il successo del Pacchetto 2023, in cui era stata messa nero su bianco la raccomandazione agli attuali 27 Paesi membri di avviare i negoziati di adesione con Ucraina, Moldova e Bosnia Erzegovina e di concedere lo status di Paese candidato all'adesione alla Georgia - tutti obiettivi raggiunti in sede di Consiglio - il 2024 è l'anno della verità. Perché dall'insieme di documenti che saranno pubblicati entro poche settimane non emergerà solo il livello di preparazione raggiunta dagli ormai storici Paesi in fase di negoziati, ma dipenderanno anche le tempistiche e la forma dei futuri quadri negoziali con Kyiv, Chișinău e Sarajevo.
Cosa sono i Pacchetti Allargamento
Il "Pacchetto Allargamento" è un insieme di documenti che spiegano, di anno in anno, la politica della Commissione Europea sull'integrazione di nuovi possibili Stati membri, sia quelli ufficialmente candidati all'adesione (a oggi Albania, Bosnia Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina), sia i potenziali candidati (attualmente solo il Kosovo).
Il pilastro centrale del Pacchetto Allargamento è la "Comunicazione sull'allargamento", un documento che sintetizza gli sviluppi principali dell'ultimo anno: progressi, sfide affrontate e da affrontare, stato di salute socio-politica dei Paesi coinvolti, proposte per il prosieguo della strada verso l'adesione. Oltre alla Comunicazione, un altro pilastro di ogni Pacchetto è costituito dalle relazioni – una per ciascun Paese coinvolto dal processo di adesione – in cui l'esecutivo Ue dettaglia progressi e carenze sul fronte dello Stato di diritto, attraverso un'analisi dettagliata del quadro delle riforme fondamentali, raccomandazioni e linee guida per l'implementazione delle priorità per allinearsi agli standard dell'Unione.
La storia dei Pacchetti Allargamento affonda le radici nei primi paper della fine degli anni Novanta, quando la Commissione allora guidata da Jacques Santer prese in mano la situazione della politica di allargamento e fornì una spinta istituzionale propulsiva in vista del futuro ingresso di 13 nuovi Paesi membri (10 sarebbero entrati nel 2004, altri due nel 2007, mentre la Turchia ancora attende). Anche se allora non si chiamavano "Pacchetti" - il nome si sarebbe imposto solo all'inizio degli anni Duemila - si trattava in ogni caso di una raccolta di documenti annuale basata sugli stessi pilastri di oggi: una strategia (diventata poi la comunicazione sulla politica complessiva) e i report Paese per Paese, che hanno assunto varie denominazioni nel tempo senza però mai cambiare nella sostanza.
Nello stesso anno dell'ultimo allargamento dell'Unione (con l'ingresso della Croazia) nel 2013, l'Islanda ha fatto la sua ultima apparizione nei Pacchetti Allargamento, prima di ritirare la domanda di adesione all'Ue. Nel 2005 hanno fatto la prima comparsa Montenegro, Serbia, Kosovo, Albania e Bosnia Erzegovina, nel 2006 l'allora ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (FYROM). Ultime in ordine cronologico a essere incluse sono state Georgia, Moldova e Ucraina nel 2023, evento celebrato con entusiasmo a Bruxelles per il rinnovato slancio di una politica stagnante per un decennio.
Verso il Pacchetto Allargamento 2024
In particolare dopo gli stravolgimenti per la politica di allargamento Ue scatenati dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022 e dalla decisione di spingere i negoziati con tre nuovi candidati, l'attesa per il Pacchetto 2024 è palpabile. Come emerge dall'agenda dei punti previsti all'ordine del giorno del Collegio dei commissari, la presentazione è prevista per il 16 ottobre, alla vigilia del Consiglio Europeo del 17-18 ottobre. Dalle bozze di conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri al momento non è previsto un punto specifico sull'allargamento, ma le indicazioni della Commissione potrebbero fornire una base per una discussione quantomeno informale tra i leader Ue. E se non a questo Consiglio Europeo, senza dubbio al vertice informale di Budapest (8 novembre) o a quello ordinario del 19-20 dicembre.
Tra gli osservati speciali ci sono, appunto, Ucraina e Moldova, che lo scorso 25 giugno hanno ricevuto il semaforo verde dal Consiglio dell'Unione Europea per l'avvio dei negoziati di adesione. In questo momento è in corso il processo di screening dell'acquis Ue, in vista della posizione negoziale da adottare per convocare le conferenze intergovernative sul primo gruppo di capitoli dedicati a criteri economici, funzionamento delle istituzioni democratiche e riforma della pubblica amministrazione (5 su 33 totali). La Bosnia Erzegovina attende invece il quadro negoziale che proprio la Commissione Europea è chiamata a elaborare, ma il costante stallo istituzionale nel mettere a terra le riforme richieste da Bruxelles non sta certo agevolando la possibilità di vedere l'avvio effettivo dei negoziati in tempi brevi.
Montenegro e Albania attendono giudizi da primi della classe. Podgorica in quanto "Paese più avanzato" sulla strada dell'adesione (parole della stessa presidente della Commissione von der Leyen), che punta al 2028 come anno di ingresso come 28° Paese membro (è da mesi il mantra del primo ministro Milojko Spajić). Tirana è galvanizzata dal recentissimo giudizio positivo di Bruxelles sull'allineamento ai parametri di riferimento per l'apertura dei negoziati sul primo gruppo di capitoli, che a tutti gli effetti permetterà a Tirana di sedersi ora ai tavoli negoziali.
Non sono attese grandi novità dalla Turchia, i cui negoziati sono congelati dal 2018, mentre la Georgia pagherà lo scotto dell'adozione negli ultimi mesi di una serie di leggi completamente in controtendenza rispetto al percorso di avvicinamento all'Unione. In affanno anche la Macedonia del Nord, che con il nuovo governo di destra nazionalista ha avuto una battuta d'arresto notevole sugli emendamenti alla Costituzione nazionale richiesti da Bruxelles per aprire il Cluster 1 dei negoziati. Rimarrà infine delicato come sempre il passaggio su Serbia e Kosovo, che saranno sì valutate singolarmente sul piano delle rispettive riforme implementate, ma inevitabilmente nel contesto di un rapporto che non accenna a normalizzarsi nonostante oltre dieci anni di dialogo mediato dall'Ue.
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