Il 28 febbraio attivisti e turisti hanno dipinto con vernice verde lo striscione srotolato a Venezia, davanti a palazzo Ducale, per dire "No alle trivellazioni in Adriatico". E' il flashmob organizzato da Legambiente, Greenpeace e WWF Italia, a sostegno della campagna lanciata dalla rete di associaioni croata "SOS Adriatico"
Fonte: Nuova Venezia
E' il flashmob organizzato lo scorso 28 febbraio da Legambiente, Greenpeace, WWF Italia e la rete di associazioni croate "SOS Adriatico" per respingere - con le trivelle - anche il decreto Sblocca Italia sui 49mila chilometri di aree marine richieste o già concesse alle compagnie petrolifere, tra decine di piattaforme già attive o in arrivo, a poche decine di miglia, nella diripettaia Croazia.
“L’Italia sia promotrice di un'azione per la tutela del mar Adriatico e il governo si impegni per l'istituzione di un tavolo Italia - Croazia per la valutazione transfrontaliera dei progetti, come previsto dalla normativa comunitaria e come già è stato fatto tra Croazia e Slovenia. Il bacino adriatico è uno solo e va tutelato attraverso un forte coordinamento internazionale.” , la richiesta degli organizzatori. Al flashmob hanno aderito anche Verdi Europa e Movimento 5 Stelle.
Secondo i dati forniti dalle associazioni ambientaliste, sono 36.823 i chilometri del Mar Adriatico croato suddivisi in 29 macro aree da investigare per la ricerca di idrocarburi. "Un’attività che va ad aggiungersi a quelle già presenti nel Mar Adriatico: attualmente sono 9 le piattaforme di estrazione di gas in acque croate. Sul versante italiano le aree interessate da attività di ricerca petrolifera ammontano a quasi 12 mila chilometri. Sono 6 le piattaforme già attive per l’estrazione di greggio. Nell’Alto Adriatico italiano, invece, sono attive 39 concessioni per l’estrazione di gas, da cui si estrae il 70 per cento del metano prodotto in Italia".
Greenpeace, Legambiente, WWF e il network S.O.S za Jadran chiedono un’azione più incisiva del governo italiano nei confronti del governo croato: "A quanto ci risulta, infatti, il ministero dell’Ambiente italiano a metà gennaio ha chiesto informazioni al governo di Zagabria sui 9 progetti senza che però sia arrivata risposta; nel frattempo, invece, il governo sloveno ha ottenuto di poter essere parte consultata nella Valutazione ambientale strategica".
Le associazioni ricordano che "nelle acque italiane dell’Alto Adriatico, area particolarmente sensibile per i rischi di subsidenza, sino allo scorso anno erano vietate le trivellazioni, mentre con l’art, 38 del decreto Sblocca Italia (dl 133/2014) il governo ha aperto a “progetti sperimentali di coltivazione” da sottoporre a VIA. Grazie alla campagna delle associazioni ambientaliste l’art. 38 del decreto Sblocca Italia (dl 133/2014) è stato impugnato di fronte alla Corte Costituzionale per violazione, tra l’altro, del Titolo V della Costituzione da ben 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto".
"Il Mar Adriatico è un ambiente estremamente fragile per le caratteristiche proprie di “mare chiuso” che definiscono un ecosistema molto importante e già messo a dura prova. In questo contesto si inseriscono le nuove attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi con tutti gli impatti che comporterebbero non solo per l'ecosistema marino, ma anche per le attività che oggi costituiscono un’importante ricchezza per i Paesi costieri come la pesca e il turismo", concludono gli organizzatori, "è la stessa documentazione prodotta dal governo croato che, sul possibile impatto transfrontaliero in Italia relativamente ai campi di ricerca denominati 18 e 24, scrive: “le aree sono distanti circa 22 km dall'area Natura 2000 IT 911001 Isole Tremiti (SCI) e IT 9110040 Isole Tremiti (SPA). Data la distanza dai campi di ricerca non si prevedono impatti transfrontalieri per quanto riguarda le aree Natura.
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