Nella recente conferenza di Sofia, a latere del summit UE-Balcani, si è parlato della difficile situazione in cui versa la Bulgaria per quanto riguarda la libertà di stampa e di espressione
La Bulgaria: un paese in crescente sofferenza quando si parla di libertà di stampa e di espressione. Una situazione difficile che, purtroppo, il decennio trascorso dall'ingresso ufficiale di Sofia nell'Unione europea non ha saputo risolvere, ma che anzi vede continuamente peggiorare i principali indicatori. Questo il quadro preoccupante emerso lo scorso 16 maggio in una conferenza organizzata nella capitale bulgara alla vigilia dell'atteso summit Ue-Balcani occidentali.
L'incontro è stato organizzato dall'Unione degli editori in Bulgaria, insieme a numerosi attori europei e regionali che lavorano nel campo della libertà di stampa, come la Federazione europea dei giornalisti (EFJ ), l'Associazione europea degli editori di quotidiani (ENPA), coadiuvati dal Centro europeo per la libertà di stampa e dei media (ECPMF ), Reporter senza frontiere (RWB) e l'Associazione dei giornalisti europei (AEJ).
Secondo il giornalista investigativo Asen Yordanov, direttore del quotidiano online “Bivol ”, il decennio europeo della Bulgaria ha mostrato i limite dell'Unione nel contrastare “i problemi specifici nel campo della libertà di stampa, emersi in questi anni soprattutto in Bulgaria ma anche in altri paesi del blocco ex-sovietico, e fatti di forte influenza di strutture oligarchiche e mancanza di trasparenza”. “È davvero tragico”, ha dichiarato Yordanov nel suo intervento, “quando la politica bulgara attribuisce i problemi che affliggono i media esclusivamente ai media stessi”.
Secondo Oliver Vujović, segretario generale dell'Organizzazione dei media dell'Europa sud-orientale (SEEMO ) “la situazione nella regione presenta numerose affinità, a prescindere dal fatto che un paese si trovi già nell'Ue, come è il caso della Bulgaria, o sia ancora in lista di attesa per accedervi, come Serbia e Montenegro”. Secondo Vujović “esistono meccanismi simili di censura perché i regimi politici nella regione tendono ad assomigliarsi”, con episodi recrudescenti di violenza fisica nei confronti di giornalisti, come la recente aggressione in Montenegro a Olivera Lakić di “Vijesti”, ma anche la presenza meno visibile, ma non meno dannosa “di forme anche spinte di autocensura”.
Tra i problemi evidenziati da Vujović anche il fatto che i visibili sforzi fatti da molti paesi balcanici durante i negoziati per l'ingresso nell'Ue, che hanno portato a innegabili passi in avanti, vengono poi abbandonati nel momento in cui la membership diventa una realtà di fatto. “Finché bisogna guadagnarsi l'adesione le élite politiche della regione mostrano una sensibilità alla protezione della libertà di stampa che poi tende a smorzarsi, talvolta drasticamente, una volta superato l'esame”.
Tra i relatori anche Pauline Adès-Mével, direttrice dell'Ufficio Ue-Balcani di Reporter senza frontiere, che ha ribadito la forte preoccupazione dell'organizzazione nei confronti della situazione in Bulgaria. Nell'ultimo “Freedom Index ” di RWB, pubblicato lo scorso aprile, la Bulgaria è scesa ulteriormente, toccando il poco invidiabile 111° posto a livello mondiale, che secondo l'organizzazione la rende il paese più problematico non solo dell'Unione europea, ma anche di tutti i Balcani occidentali.
Secondo l'avvocato Alexander Kashamov, a capo del team legale del Programma per l'accesso all'informazione, la cornice legale in Bulgaria non è particolarmente problematica. Reati come la diffamazione non prevedono il carcere, ma sono in drastico aumento i casi di pressione su giornalisti ed editori attraverso il ricorso a cause di risarcimento civile.
Secondo Kashamov direttive e regolamenti europei, come quelli che riguardano la supervisione finanziaria, il rispetto della concorrenza e la protezione dei dati personali “in Bulgaria vengono utilizzate sempre più spesso per contestare il lavoro dei giornalisti e chiedere risarcimenti economici”. Anche con il General Data Protection Regulation (GDPR) [che entra ufficialmente in vigore oggi N.d.R.] “si ripropone il rischio che il principio generale venga utilizzato per limitare di fatto la libertà di informazione: è evidente il tentativo di far passare norme troppo restrittive, che rischiano di rendere irraggiungibili ai giornalisti dati importanti per fare il proprio lavoro, cioè controllare le attività di chi detiene il potere”.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto