Secondo otto organizzazioni non governative che si occupano di tutela dei diritti umani, il meccanismo di monitoraggio delle frontiere recentemente annunciato dalla Croazia, non soddisfa gli standard necessari per garantire la supervisione indipendente del rispetto dei diritti umani e lanciano un appello alla Commissione europea
Fonte: Human Rights Watch
Secondo otto organizzazioni non governative che si occupano di tutela dei diritti umani e di aiuto umanitario, il meccanismo di monitoraggio delle frontiere recentemente annunciato dalla Croazia, volto a fornire un monitoraggio indipendente del rispetto dei diritti umani nelle operazioni di frontiera, non soddisfa gli standard necessari per garantirne l'efficacia e il successo.
Qualsiasi meccanismo di monitoraggio delle frontiere dovrebbe essere indipendente nella legge e nella pratica e disporre di risorse sufficienti e di un solido mandato per monitorare le operazioni alle frontiere ovunque sul territorio di uno Stato. Dovrebbe essere in grado di garantire che tutte le violazioni documentate dei diritti umani siano prontamente e accuratamente indagate, e che siano efficacemente perseguiti i responsabili delle violazioni e l'accesso alla giustizia per chiunque i cui diritti siano violati.
I recenti resoconti dei media e le dichiarazioni ufficiali sul nuovo meccanismo di monitoraggio delle frontiere in Croazia, invece, sollevano serie preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda il mandato, l'efficacia e l'indipendenza dell'organismo. Il governo croato ha annunciato che i negoziati sul meccanismo sono conclusi, ma non ha divulgato pubblicamente ulteriori dettagli sulla sua struttura o funzionamento.
Sulla base delle informazioni ricevute, il mandato del meccanismo sarebbe limitato alle stazioni di polizia lungo il confine, ai valichi di frontiera e ai centri di detenzione. Poiché la stragrande maggioranza delle pratiche illegali documentate ha luogo al di fuori dei valichi di frontiera ufficiali, delle strutture di polizia o delle procedure formali della Croazia e all'interno del territorio del paese, qualsiasi limitazione geografica o procedurale al monitoraggio delle frontiere creerebbe punti ciechi e consentirebbe il proseguimento delle violazioni.
Le recenti linee guida del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa chiariscono che un monitoraggio efficace delle frontiere dei diritti umani richiede l'accesso illimitato alle aree di confine senza preavviso, alla documentazione rilevante, e alle presunte vittime di violazioni. Richiede inoltre alle autorità di impegnarsi nel collaborare direttamente con gli uffici dei pubblici ministeri e fornire informazioni rilevanti per le indagini, e con le organizzazioni internazionali, la società civile e i media.
Indagare sulle violazioni dei diritti fondamentali da parte della polizia, delle guardie di frontiera o di altri attori del governo è politicamente delicato. Per garantire che il meccanismo sia credibile ed efficace, deve coinvolgere istituzioni o organizzazioni indipendenti con esperienza di monitoraggio, come le organizzazioni della società civile, le agenzie delle Nazioni Unite e le istituzioni nazionali per i diritti umani, che non dipendono finanziariamente dal governo.
Qualsiasi accordo su un meccanismo nazionale in Croazia che non si allinei con questo standard e le migliori pratiche, costituirebbe un precedente negativo per i futuri meccanismi di monitoraggio delle frontiere e pregiudicherebbe gravemente l'impegno della Commissione europea a porre fine alle violazioni alle sue frontiere esterne.
Considerati i gravi abusi avvenuti al confine croato, ampiamente documentati dalle organizzazioni per i diritti umani e dai media, e il precedente che questo meccanismo di monitoraggio del confine croato potrebbe creare per altri Stati membri dell'Unione europea, è fondamentale che la Commissione europea assicuri che possa davvero fungere da modello per il rispetto dei diritti umani ai confini nazionali. La commissione dovrebbe riesaminare e valutare attivamente il meccanismo per garantire che le autorità croate istituiscano un sistema in grado di monitorare in modo credibile il rispetto del diritto dell'UE nelle operazioni alle frontiere e dovrebbero fornire sostegno politico e finanziario solo a un sistema che soddisfa gli standard di cui sopra.
Inoltre, le autorità croate dovrebbero fornire subito informazioni sull'accordo di cooperazione, contenenti i dettagli sulla struttura e il funzionamento del meccanismo di monitoraggio indipendente e consentire il necessario dibattito pubblico su questo importante processo.
La Commissione dovrebbe anche spingere la Croazia a porre fine alle sue violazioni dei diritti fondamentali alle sue frontiere e fornire solide prove di indagini approfondite sulle accuse di rimpatri collettivi e violenza contro migranti e richiedenti asilo alle sue frontiere.
Background
Numerosi gruppi non governativi, organizzazioni internazionali e media hanno documentato dal 2016 espulsioni collettive continue e sommarie di migranti e richiedenti asilo e respingimenti spesso abusivi da parte della Croazia ai suoi confini. Il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti, l'Agenzia per i diritti fondamentali, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa e l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa hanno espresso preoccupazione per la situazione al confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. Le autorità croate hanno negato le accuse di respingimenti violenti e non hanno preso misure credibili per fermare queste pratiche.
La Commissione europea ha invitato per la prima volta la Croazia a istituire un meccanismo di monitoraggio delle frontiere nel 2018. Nell'ottobre 2020, la Commissione europea ha proposto come parte del suo Patto sulla migrazione e l'asilo l'istituzione di meccanismi indipendenti di monitoraggio delle frontiere da parte degli Stati membri dell'UE per indagare sulle accuse delle violazioni dei diritti fondamentali alle frontiere.
Firmatari:
Amnesty International
Are You Syrious
Center for Peace Studies (CMS)
Danish Refugee Council
Human Rights Watch
International Rescue Committee
Refugee Rights Europe
Save the Children