Il recente rapporto annuale di ILGA-Europe, organizzazione che riunisce i movimenti LGBT europei, promuove la maggior parte dei paesi balcanici per quel che riguarda le normative esistenti, tuttavia quello che ancora manca è la loro applicazione concreta
Lo stato dei diritti delle persone LGBT nei paesi dei Balcani è per molti versi migliore rispetto all'Italia, secondo l'ultimo rapporto annuale pubblicato da ILGA-Europe (l'organizzazione che raccoglie i movimenti LGBT europei). Per costruire il suo indice ILGA guarda a una serie di parametri di tipo legislativo, tra cui la presenza di norme sulla non discriminazione, le relazioni familiari e la lotta contro omo- e transfobia. Non misura però direttamente il clima sociale, e dunque l'atteggiamento dell'opinione pubblica o delle istituzioni nei confronti delle persone LGBT.
Stando all'indice, la maggior parte dei paesi del sud-est Europa si trovano sì attualmente al di sotto della media europea, ma su molti parametri sono in linea o addirittura più avanti rispetto a molti altri paesi. A penalizzare gli stati balcanici è soprattutto l'assenza di disposizioni sulle unioni civili, i matrimoni egualitari o le adozioni, che non vengono riconosciute quasi in nessuno di loro.
Anche se dal rapporto emerge un quadro abbastanza omogeneo sui paesi della regione, esistono delle differenze significative. A spiccare in termini positivi sono la Grecia, la Slovenia, il Montenegro e la Croazia (ma quest'ultima è il paese europeo che è peggiorato di più rispetto allo scorso anno, soprattutto per la scarsa applicazione delle leggi contro i discorsi e i crimini d'odio). Dall'altra parte il rapporto rileva l'ostilità della Macedonia nei confronti delle persone LGBT, ma segnala problemi seri persino in alcuni stati membri dell'Unione europea, come Romania e Bulgaria.
Nel complesso, la situazione dei diritti LGBT nella regione è ritenuta soddisfacente dal punto di vista delle norme esistenti contro le discriminazioni e l'omofobia, tanto che in quegli ambiti gli stati dei Balcani occidentali sono considerati più avanzati rispetto all'Italia. Come però evidenzia lo stesso indice di ILGA, il problema è che alle buone normative introdotte in molti di questi paesi non corrisponde un'adeguata applicazione o implementazione. Manca dunque la volontà di perseguire davvero gli atti di omo- e transfobia e di tradurre impegni generici in piani d'azione concreti – e molto spesso il clima sociale rimane pesante.