I dati definitivi dell'affluenza alle elezioni europee confermano ancora una volta il trend negativo nelle elezioni per il Parlamento europeo, nonostante l'importante sforzo comunicativo promosso dal PE
A fine luglio il Parlamento Europeo (PE) ha frettolosamnte pubblicato il dato definitivo sull'affluenza alle urne alle elezioni europee 2014: 42,54%, una cifra leggermente inferiore rispetto a quella del 43,09% divulgata la sera del 25 maggio durante la notte elettorale europea.
La differenza del dato di maggio, elaborato tenendo conto degli exit poll, rispetto al dato definitivo è dovuta al fatto che gli stati membri hanno progressivamente fornito le statistiche definitive dopo aver verificato, ciascuno con metodologie diverse, le schede bianche e i voti non validi.
Si tratta evidentemente di una differenza minima, ma estremamente significativa se si considera l'attenzione con cui i funzionari europei hanno monitorato i dati dell'affluenza e il tono delle dichiarazioni scatenate dal quel 43,09%, che sembrava finalmente invertire la rotta rispetto alla netta tendenza negativa degli ultimi decenni, superando, seppur di poco, il 43% del 2009, considerata la soglia simbolica sotto cui non si doveva scendere. Quello 0,9% in più era infatti bastato al portavoce del PE, Jaume Duch Guillot per affermare, secondo quanto riportato da European Voice , che si era raggiunto un "risultato storico" perché con il 43,09% "per la prima volta dal 1979 si invertiva la tendenza negativa dell'affluenza alle elezioni europee".
A quella sottile differenza si erano aggrappati anche altri personaggi di spicco della politica europea, come Guy Verhofstadt, leader del gruppo ALDE, Viviane Reding, attuale Commissaria per la giustizia e i diritti fondamentali, o il socialdemocratico Hannes Swoboda, che avevano letto in quel dato un "endorsment" complessivo al progetto europeo.
Il risultato finale dell'affluenza non è stato pubblicizzato dal PE perché, come ha spiegato il portavoce Guillot ad EuObserver , il dato definitivo si discosta in modo trascurabile da quello reso pubblico all'indomani delle elezioni, per cui il PE non intende emettere un comunicato con il nuovo dato reale. Lo stesso Guillot ha poi minimizzato, sottolineando la convinzione per cui, se si tengono in considerazione i valori della serie storica, il decennale trend negativo è stato comunque interrotto.
In definitiva, questa volta non è stato diverso, come auspicava lo slogan della campagna europea 2014 ("This time is different"). Nelle istituzioni comunitarie tutti temevano un'affluenza bassa. Il PE ha speso 16 milioni di euro in una capillare campagna pubblicitaria per incoraggiare gli elettori europei a recarsi alle urne, insistendo anche sulla comunicazione "social" e sul coinvolgimento diretto dei cittadini. Un valore più alto rispetto a quello del 2003 era considerato cruciale per testare la credibilità della stessa Unione.
Di fatto, però, anche se di poco, il 42,54% è l'affluenza più bassa mai registrata dal 1979, anno di introduzione dell'elezione diretta diretta del PE. E questo nonostante i trattati dell'Unione abbiano negli anni conferito al PE sempre più poteri e competenze.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament.