La delegazione internazionale in missione in Turchia e guidata da IPI condanna l'approvazione della legge sulla disinformazione e lancia un appello affinché si protegga la sicurezza e la libertà dei giornalisti in vista delle elezioni del 2023
I giornalisti turchi si preparano ad un nuovo attacco alla loro sicurezza e libertà in vista delle elezioni del 2023 a seguito dell'approvazione di una nuova legge sulla disinformazione che minaccia di reprimere la critica e il dibattito. Questi i risultati di una missione internazionale per la libertà dei media in visita in Turchia il 12-14 ottobre.
L'articolo 29 della legge, approvato dal parlamento giovedì 13 ottobre, prevede tre anni di reclusione per coloro chi pubblica "informazioni false" con l'"intenzione di istigare paura o panico, mettere in pericolo la sicurezza del Paese, l'ordine pubblico e la salute generale della società".
Il linguaggio vago e problematico del disegno di legge e la sua futura attuazione da parte del sistema giudiziario politicizzato della Turchia metteranno i giornalisti e milioni di utenti di Internet a rischio di sanzioni penali e potrebbero portare a ulteriore censura e autocensura nel già compromesso panorama mediatico del paese.
Sette organizzazioni per la libertà dei media, il giornalismo e i diritti umani hanno incontrato una serie di attori chiave in Turchia, tra cui giornalisti, gruppi della società civile, partiti politici e la Corte costituzionale per discutere della crisi della libertà dei media. Oltre al presidente della Commissione investigativa sui diritti umani del parlamento turco, il deputato Hakan Çavuşuğlu del partito di governo AKP, la delegazione ha incontrato anche rappresentanti del Partito popolare repubblicano (CHP), Partito democratico popolare (HDP), Partito del bene (İYİP), Partito del futuro (Gelecek P.), Partito democratico, Partito della felicità (Saadet Party), Partito turco dei lavoratori (TİP), Partito laburista (EMEP) e Partito della libertà sociale (TÖP).
Sono state respinte le richieste di incontrare il portavoce presidenziale İbrahim Kalın, la vicepresidente dell'AKP responsabile per i diritti umani Leyla Şahin Usta il presidente RTÜK (Ente regolatore nazionale di trasmissione) Ebubekir Şahin. Non hanno avuto risposta le richieste di incontro inviate ai rappresentanti di MHP, all'amministrazione BTK (Autorità per le comunicazioni), al presidente della commissione parlamentare per le piattaforme digitali deputato Hüseyin Yayman dell'AKP e al capo della direzione comunicazioni Fahrettin Altun.
La missione è stata guidata dall'International Press Institute (IPI) e dalla sua Commissione Turchia con la partecipazione di rappresentanti di Amnesty International Turkey, ARTICLE 19, Committee to Protect Journalists (CPJ), European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF), Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (OBCT) e Reporter senza frontiere (RSF). La missione è stata supportata anche da PEN International e dalla South East Europe Media Organization (SEEMO).
Le elezioni presidenziali e parlamentari si terranno in Turchia nel giugno 2023. Il libero flusso di notizie e informazioni indipendenti è una condizione essenziale per qualsiasi elezione democratica. La missione ha invitato i politici di tutto lo spettro politico a impegnarsi a porre fine alla crisi che sta affrontando il giornalismo e ad impegnarsi in ampie riforme nei loro programmi, garantendo la libertà dei media dopo molti anni di deterioramento.
Allo stesso tempo, i soggetti incontrati dalla missione hanno espresso grave preoccupazione per la possibilità di una maggiore repressione dei giornalisti e di una crescente minaccia di violenza fisica prima del voto. Chiediamo al governo di garantire che i giornalisti possano svolgere il proprio lavoro senza intimidazioni e molestie, in particolare durante il periodo elettorale.
A seguito degli incontri, la delegazione internazionale ha individuato le seguenti priorità d'azione.
Legge sulla disinformazione e censura digitale: il governo deve abrogare la legge sulla disinformazione e porre fine al sistema di censura digitale. In particolare, il nuovo articolo del codice penale che criminalizza la disinformazione offre alle autorità un altro strumento per prendere di mira il giornalismo critico dopo anni di abuso della legge antiterrorismo turca.
I soggetti incontrati dalla missione hanno anche sollevato timori che il Centro per la lotta alla disinformazione, istituito quest'estate dalla Direzione delle comunicazioni, inasprirà ulteriormente il sistema di repressione digitale aumentando il monitoraggio e le molestie dei giornalisti online.
Il miglioramento sostenibile della libertà di stampa in Turchia non può avvenire senza garantire l'imparzialità e l'indipendenza della magistratura. Le procure e i tribunali turchi subordinati al governo, insieme a leggi mal redatte che non sono conformi agli standard internazionali, hanno portato al perseguimento, alla condanna e all'incarcerazione di centinaia di giornalisti negli ultimi dieci anni. Nonostante la diminuzione del numero di giornalisti in carcere, il Pacchetto di riforma giudiziaria, un'iniziativa del 2019 presentata dal governo come sforzo per salvaguardare i diritti, non ha raggiunto l'obiettivo di fermare l'azione penale e le molestie legali nei confronti dei giornalisti.
Sebbene la Corte costituzionale turca (TCC) abbia emesso alcune importanti sentenze pilota che evidenziano problemi strutturali con le leggi che incidono sulla libertà di espressione, ci sono ancora grandi problematiche circa l'attuazione delle sentenze da parte di entrambi i tribunali inferiori (problema che la TCC afferma di stare lavorando per affrontare) e dai legislatori. Importanti casi relativi alla libertà di espressione hanno subito ritardi di anni in attesa delle decisioni della TCC, evidenziando serie preoccupazioni che ritardare la giustizia equivalga a negarla.
Allo stesso tempo, i partner turchi hanno sottolineato che la maggior parte dei giudici della TCC sono nominati direttamente o indirettamente dal presidente. Le recenti nomine hanno suscitato serie preoccupazioni in merito all'influenza politica e mettono in luce la necessità di liberare il processo di nomina da tale influenza.
Gli organi di regolamentazione dei media in Turchia devono essere depoliticizzati e riformati, poiché tutti hanno abusato dei propri poteri per prendere di mira e penalizzare i media indipendenti.
- L'Agenzia per la pubblicità sulla stampa (BIK) impone costantemente sanzioni arbitrarie ai giornali indipendenti ritirando la pubblicità statale, negando loro così un'importante fonte di entrate. Lo scorso agosto, la Corte costituzionale ha stabilito che le sanzioni arbitrarie di BIK costituiscono una violazione dei diritti derivante da un problema strutturale. Nonostante la sentenza, la BIK ha successivamente revocato definitivamente il diritto di uno di questi giornali, Evrensel, di ricevere annunci pubblici.
- Il Consiglio superiore per la televisione e la radiofonia (RTÜK), l'autorità di regolamentazione delle trasmissioni turche, prende regolarmente di mira i media indipendenti. Secondo quanto riferito dal parlamentare Utku Çakırözer, negli ultimi nove mesi RTÜK ha emesso 42 multe, quasi esclusivamente indirizzate contro emittenti indipendenti.
- Quest'estate, l'Autorità per l'informatica e le comunicazioni (BTK) è stata coinvolta in uno scandalo noto come "BTK Gate" in seguito alla rivelazione di aver raccolto dati da milioni di utenti di Internet senza un ordine del tribunale. Da dicembre 2020, i fornitori di servizi Internet sono tenuti a inviare alla BTK rapporti orari sui siti Web visitati, sulla posizione dei dati, sulle app utilizzate e sui nomi degli utenti. Tale sorveglianza di massa ha chiare implicazioni per i diritti dei giornalisti e delle fonti.
La sicurezza dei giornalisti è sottoposta a crescenti pressioni poiché le minacce online e gli attacchi verbali ai giornalisti da parte dei politici sfociano in violenze per le strade. La piattaforma Mapping Media Freedom ha registrato 26 casi di aggressioni contro giornalisti in Turchia solo nell'ultimo anno. Questo aumento della violenza non è spontaneo, ma è il risultato della demonizzazione del giornalismo critico come illegittimo e una minaccia alla sicurezza nazionale. Inoltre, l'impunità verificatasi in alcuni di questi casi rischia di alimentare ulteriori violenze.
Durante la missione, la delegazione ha invitato tutti i partiti politici a condannare qualsiasi attacco ai giornalisti e a garantire il loro diritto di seguire liberamente e in sicurezza la campagna elettorale del 2023.
Nell'ultimo anno sono proseguite le persecuzioni e le detenzioni ai danni dei media critici e indipendenti. La missione ha visitato Diyarbakir per mostrare solidarietà a 15 giornalisti e un operatore dei media detenuti in custodia cautelare da giugno nonostante la mancanza di accuse ufficiali. La missione rinnova l'appello per il rilascio di tutti i giornalisti incarcerati in Turchia e il sostegno ai loro colleghi e alle loro famiglie.
Infine, il processo di accreditamento stampa deve essere riformato e depoliticizzato in modo da consentire a tutti i giornalisti di svolgere il proprio lavoro. L'accreditamento deve essere tolto dalle mani della Direzione delle comunicazioni, che ha abusato della sua posizione per rimuovere le schede stampa di centinaia di giornalisti critici, ed essere sostituito da un sistema gestito dai giornalisti e dalle stesse organizzazioni dei media.
Entro la fine dell'anno, la delegazione pubblicherà un rapporto completo sulla missione in cui fornirà maggiori dettagli sulle opinioni espresse dalle parti interessate e dai funzionari incontrati durante la visita.