Mentre la Bosnia Erzegovina si prepara ad assumere maggiori responsabilità nella gestione delle migrazioni, una delle principali sfide resta quella di garantire ai migranti un’accoglienza adeguata e dignitosa
Dopo anni in cui la gestione dei flussi migratori in Bosnia Erzegovina è stata affidata principalmente all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), le autorità bosniaco-erzegovesi si apprestano ad assumere un ruolo più attivo nelle politiche migratorie per allinearsi agli standard europei e adempiere agli impegni della BiH come paese candidato all’adesione all’UE.
Nonostante le rassicurazioni dell’OIM e dell’UE, secondo cui la situazione migratoria in Bosnia Erzegovina sarebbe stabile, negli ultimi anni sono emerse alcune criticità riguardanti l’accoglienza dei migranti nel paese. Criticità che hanno portato alla creazione di campi informali, provocando tensioni e polemiche sull’operato dell’OIM nel paese.
Pur offrendo ai migranti una maggiore libertà rispetto ai centri di accoglienza ufficiali, anche i campi informali sono stati spesso criticati per le condizioni igienico-sanitarie inadeguate, diventando teatro di scontri e violazioni dei diritti umani.
Nonostante queste criticità, più di metà dei migranti che attraversano la Bosnia Erzegovina cerca riparo nelle strutture esistenti, ancora definite "di accoglienza temporanea". A confermarlo è un recente rapporto realizzato dall’OIM sulla base delle interviste con 822 migranti, condotte nel giugno di quest’anno nei paesi dei Balcani occidentali. Dalla ricerca è emerso che il 75% dei migranti intervistati in Bosnia Erzegovina transita nei centri di accoglienza, sebbene risulti che ci restano per una media di circa 35 giorni per poi proseguire il viaggio. Dal medesimo rapporto emerge inoltre che per il 46% dei migranti che arrivano nei paesi dei Balcani, trovare un alloggio o un luogo di riparo è una delle esigenze più pressanti durante il viaggio lungo la rotta balcanica.
In un suo saggio uscito sul Journal of Public and International Affairs, edito dall’Università di Princeton, la ricercatrice Rio Otsuka sottolinea che la Bosnia Erzegovina dovrebbe riconoscere “le difficoltà nel garantire le condizioni di vita nei centri di accoglienza che soddisfino gli standard internazionali” e “implementare politiche per affrontare queste difficoltà in continuo coordinamento con organizzazioni internazionali e non governative”.
Se la Bosnia Erzegovina intende assumersi maggiore responsabilità nella gestione delle migrazioni, è indispensabile che le autorità nazionali adottino un approccio che contempli una riforma del sistema di accoglienza dei migranti.
Accoglienza inadeguata, un problema che persiste
In Bosnia Erzegovina, come nella maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali, un primo aumento degli arrivi di migranti si era registrato nel 2015 con il grande esodo dalla Turchia verso i paesi del nord Europa, cresciuto poi dal 2016 fino ad arrivare al picco del 2019 con 29.124 arrivi. Dopo un calo costante fino al 2022, nel 2023 il numero è nuovamente salito, raggiungendo i 34.409 arrivi tra transitanti e rifugiati rimasti accolti nei centri, come emerge dal report di OIM di gennaio 2024 .
Di fronte all’aumento del flusso di migranti, le istituzioni bosniaco-erzegovesi si sono dimostrate incapaci di affrontare la situazione in modo adeguato, e quindi nel 2018 l’accoglienza dei migranti è stata affidata all’OIM. Con il passare del tempo – come scrive la rete RiVolti ai Balcani – “il meccanismo è diventato sempre più complesso, farraginoso e difficile da gestire”. Nonostante l’elevato afflusso di migranti in BiH (solo nel 2020 vi sono transitate 70mila persone), il numero di posti letto disponibili nei cosiddetti “centri di accoglienza temporanei” e “campi provvisori” non ha mai superato quota ottomila.
Come scriveva Al Jazeera Balkans, delle migliaia di migranti presenti nel 2020 in Bosnia Erzegovina un quarto dormiva in edifici abbandonati oppure all’addiaccio nei boschi e ai bordi delle strade, concentrati nel Cantone di Una Sana vicino al confine con la Croazia. La tendenza dei migranti a concentrarsi nei pressi del confine bosniaco-croato, nella speranza di entrare nell’UE, aveva portato alla creazione di campi improvvisati in luoghi come Bihać e Velika Kladuša.
Secondo quanto riportato da Associated Press nel 2021, il rifugio sorto nei pressi di Velika Kladuša non era altro che un accampamento fatto di pali e teli di nylon, senza “acqua corrente, bagni, docce ed elettricità”.
Testimonianze analoghe sono state raccolte nel 2019 nel campo di Vučjak nei pressi di Bihać, allestito su una ex discarica, dove le pessime condizioni igienico-sanitarie ha provocato la diffusione di malattie come scabbia, pidocchi ed epatite. Nonostante il costante deteriorarsi della situazione, i cittadini bosniaco-erzegovesi hanno fatto il possibile per sostenere i migranti. A Velika Kladuša, la popolazione locale e i volontari internazionali fornivano alloggio, i parrucchieri offrivano tagli di capelli, e i ristoranti distribuivano pasti gratuiti alle persone in transito.
Alla fine sia il campo di Vučjak che quello di Velika Kladuša sono stati sgomberati. Nel 2020 l’UE ha finanziato la costruzione di un campo di emergenza - Lipa, a 30 km da Bihać - gestito dall’IOM, con l'obiettivo di intercettare i migranti che vivevano per strada e trasferirli qui anche contro la loro volontà. Il campo di Lipa è arrivato ad ospitare oltre mille persone ed era – come si legge in un rapporto pubblicato dal Transnational Institute – “privo di servizi igienici adeguati, freddo, pericoloso, con cibo scadente”. E, a seguito di un incendio nel dicembre del 2021, è stato ricostruito e in parte trasformato in centro di detenzione.
Attualmente, in Bosnia Erzegovina ci sono quattro centri di accoglienza per migranti - Borići, Lipa, Blažuj e Ušivak. Il processo di trasferimento della responsabilità della loro gestione alle autorità locali è avvenuto nel campo di Lipa e di Blažuj, mentre per gli altri due campi è ancora in corso il trasferimento da OIM all'Ufficio per gli stranieri .
Se è vero, come sostiene Rio Otsuka nella sua analisi, che le autorità bosniaco-erzegovesi hanno la capacità di gestire la situazione migratoria in modo adeguato, è anche vero che la grande sfida resta quella di fornire ai migranti, richiedenti asilo e protezione internazionale, un’accoglienza migliore e in linea con gli standard internazionali come prescritto dalle leggi in vigore nel paese: la legge sull'asilo, per altro bisognosa di una riforma perché risalente al 2006, e la "Legge sugli stranieri" i cui aggiornamenti sono entrati in vigore a settembre 2023.
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Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea
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