L'assalto dei veterani alla sede del governo federale evidenzia la gravità dell'attuale situazione economica in Bosnia Erzegovina. I costi insostenibili dell'amministrazione, le spese per il welfare di guerra, le conseguenze della crisi globale. L'analisi dell'economista Dražen Simić

25/05/2010 -  Eldina Pleho Sarajevo

“Prima o poi i conti devono tornare, oppure i Paesi governati male crollano. E' sempre stato così, dai tempi dell'antica Grecia ad oggi.” Dražen Simić, economista di Sarajevo, commenta così per Osservatorio Balcani e Caucaso la situazione attuale della Federazione, una delle due entità in cui è divisa la Bosnia Erzegovina.

Le recenti proteste dei veterani davanti al palazzo del governo federale sono sfociate in episodi di violenza, incendi e scontri in cui sono rimaste ferite circa 60 persone.

Seimila ex soldati, il 21 aprile scorso, si sono dati appuntamento davanti al palazzo del governo. In un attimo è scoppiato il caos. Dopo una fitta sassaiola contro le finestre dei dipendenti, a cui poco prima era stato ordinato di lasciare l’edificio, i dimostranti hanno incendiato le postazioni di polizia che si trovano davanti alla sede governativa e hanno tentato di appiccare il fuoco al primo piano dell’edificio. I danni della giornata si aggirano intorno ai 200.000 KM (circa 100.000 euro), la polizia ha arrestato una decina di persone.

I dimostranti volevano le dimissioni dell’attuale premier Mustafa Mujezinović, che quel giorno non ha voluto riceverli. I disordini avvenuti davanti al palazzo del governo, tuttavia, sono il risultato di quanto accaduto negli ultimi quattro anni. Secondo Simić, infatti, i problemi risalgono al 2006, quando il governo di allora emanò una serie di leggi sui diritti dei veterani che richiedeva lo stanziamento annuale di circa 700 milioni di KM (circa 350 milioni di €). Quei soldi, però, nel bilancio della Federazione non c'erano.

“È stata solo una manovra politica per prendere voti alle elezioni del 2006”, sostiene Simić. Secondo l'economista, il governo di allora sapeva che i fondi per i veterani non c'erano. Il continuo rinvio dell’applicazione di quella legge è stata la miccia che ha scatenato le proteste negli anni successivi. La legge, secondo Simić, era solo una lista di desideri che garantiva agli ex soldati e alle loro famiglie alcuni diritti quali il sussidio di disoccupazione, l’assistenza sanitaria gratuita, il diritto a finanziamenti per l’avvio di imprese e attività, il diritto a rientrare nelle categorie protette per l'impiego negli enti statali, il diritto al prepensionamento e altre facilitazioni. Tutto questo sarebbe costato circa 700 milioni di KM all’anno che però, come ricordato, in bilancio non c'erano.

Secondo il registro del governo della Federazione, solo nel cantone di Sarajevo, uno dei dieci cantoni di questa entità, esistono 1.106 beneficiari delle maggiori onorificenze di guerra come lo Zlatni Ljiljan [il “giglio d’oro”, ndt], la Zlatna policijska značka [il “distintivo d’oro di polizia”, ndt] e altri titoli.

Nella sola Centar, una delle municipalità di Sarajevo, ci sono circa 1.500 persone che usufruiscono dell’invalidità di guerra. Nella stessa municipalità ci sono anche 1.300 persone che percepiscono un sussidio come famigliari di vittime di guerra.

All’inizio del 2008, infine, la legge sui veterani doveva cominciare ad essere applicata. In conseguenza di diversi altri fattori però, quali la caduta dei dazi doganali prevista dall’Accordo di stabilizzazione e associazione con l’Unione europea, la continua crescita delle spese amministrative della Federazione, e il calo degli investimenti esteri a seguito della crisi economica, verso la fine di quell'anno la Bosnia Erzegovina era in bancarotta.

Nel 2009, per l’impossibilità di pagare stipendi e pensioni, il governo della Federazione ha quindi deciso di indebitarsi con le banche commerciali del Paese fino a 160 milioni di KM (80 milioni di €). Questa era l’unica via di uscita rimasta per far fronte a un deficit di bilancio che per l'anno precedente ammontava a oltre 250 milioni di KM (128 milioni di €). L’intero bilancio della Federazione, nel 2008, ammontava a 1 miliardo e 750 milioni. Di questi, circa 400 milioni, ovvero il 23% del totale, erano spesi per veterani e invalidi.

A causa del deficit di bilancio e della crisi economica, dell’aumento della disoccupazione, del calo degli investimenti e della pressione costante esercitata dai veterani, per pagare gli stipendi e le pensioni il governo ha dovuto infine chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale (FMI). Questo ha avuto come conseguenza la necessità di introdurre alcune riforme e l’introduzione di una rigida disciplina in materia finanziaria, come anche il rispetto di norme precise in tema di razionalizzazione delle spese.

A maggio 2009 la Bosnia Erzegovina ha raggiunto un accordo con il Fondo per ottenere 1,2 miliardi di euro. L'accordo, come ricordato, non era senza condizioni. Il governo della Federazione bosniaca si impegnava a risparmiare 414 milioni di KM (210 milioni di €), il governo della Republika Srpska 146 milioni di KM (75 milioni di €), il Distretto di Brčko 10 milioni (5 milioni di €) e il Consiglio dei ministri della Bosnia Erzegovina, infine, 40 milioni di KM (20 milioni di €). L’accordo rimarrà in vigore 36 mesi.

Nella lettera di intenti, il governo federale si è impegnato ad abrogare le norme di legge che prevedono benefici e indennizzi di disoccupazione per i soldati smobilitati, e a ridurre del 10% gli stipendi per tutti coloro che sono nel bilancio federale.

I tagli di spesa e la riduzione dell’amministrazione, tuttavia, non porteranno vantaggi all’economia secondo Simić: “Se si tagliano drasticamente il numero di dipendenti dell’amministrazione e i loro stipendi, i fondi pensionistici che sono già al limite 'esploderanno' e ci troveremo di fronte a 350.000 pensionati affamati nelle strade, ancora più disoccupati, una riduzione del potere di acquisto, una caduta dei consumi e della produzione, e un calo nelle entrate del bilancio per la diminuzione delle imposte raccolte” .

Secondo l’economista, la soluzione sta nel creare un migliore ambiente di lavoro nel Paese che attragga investimenti esteri e che promuova lo sviluppo di una imprenditoria nazionale.

Per quanto riguarda la presenza di un ambiente favorevole allo sviluppo imprenditoriale, la Banca Mondiale nel 2010 ha posizionato la Bosnia Erzegovina al 116° posto su 183 Paesi analizzati. In Bosnia Erzegovina, per avviare un’attività, bisogna aspettare circa due mesi. La media, in Europa orientale e Asia centrale, è di 17 giorni. Inoltre un'impresa di medie dimensioni in Bosnia Erzegovina spende annualmente oltre 400 ore per la preparazione e il pagamento delle diverse tasse. Nei Paesi dell’Europa occidentale, in USA e in Giappone, tutto questo avviene in circa 195 ore.

Sempre secondo tale rapporto, per la registrazione della proprietà in Bosnia Erzegovina bisogna passare attraverso sette procedure diverse, il che richiede due mesi e mezzo. In Europa occidentale bastano 25 giorni.

Per quanto riguarda la corruzione, Transparency International pone la Bosnia Erzegovina al 99° posto su 180 Paesi, insieme a Zambia, Repubblica Dominicana e Senegal.

Secondo l’istituto di statistica, attualmente la Federazione bosniaca esporta solo la metà del valore di quanto importa (56,62%). I disoccupati sono circa 360.000 e lo stipendio medio netto si aggira intorno agli 800 KM (400 €). In Republika Srpska (RS), sempre secondo i dati ufficiali, sono 135.000 i disoccupati e lo stipendio medio netto ammonta a circa 750 KM.

Anche le esportazioni della RS sono basse, circa il 60% delle importazioni, e anche questa entità registra un deficit di bilancio e un calo di prodotto interno lordo. Gli stipendi dell’amministrazione della RS, infine, sono diminuiti per una cifra oscillante tra il 10% e il 15%.

In RS, però, non ci sono state manifestazioni di malcontento davanti al palazzo del governo, e probabilmente non ci saranno. I motivi risiedono nella legge sulle manifestazioni pubbliche emanata dal governo della Republika Srpska, che obbliga le amministrazioni cittadine ad assegnare un luogo pubblico per le manifestazioni che sia situato ad almeno 50 metri di distanza dai luoghi più sensibili, come appunto il palazzo del governo.

Il debito estero totale della Bosnia Erzegovina, nel 2009, ammontava a oltre 5 miliardi di KM (2,5 miliardi di €), un 22% in più rispetto al 2008. I continui indebitamenti e le difficoltà economiche pongono le nuove generazioni di fronte a una prospettiva di restituzione dei debiti tutt’altro che rosea.

“Stiamo rivivendo gli ultimi 70 anni [di storia jugoslava] – sostiene Simić. La stessa storia, la stessa fine. Si spendono per le esigenze più impellenti i crediti a basso interesse. Poi da un giorno all’altro gli interessi nel mercato globale salgono drasticamente, e per il Paese non c’è più possibilità di venirne fuori. Si continua a pagare sempre di più, ma il debito non diminuisce, si pagano solo gli interessi. La ex Jugoslavia si indebitò per circa 20 miliardi di dollari di credito tra il 1970 e il 1980. Alla fine degli anni ‘80 ne aveva ripagati circa 20 miliardi, ma gliene restavano da pagare altri 20. Alla fine è implosa.”


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