Nonostante le istituzioni ecclesiastiche locali non li vedano di buon occhio, continuano nel monastero di Saharna, un centinaio di chilometri dalla capitale moldava Chișinău, riti d'esorcismo di massa. Reportage
Se fino a 20 anni fa, da Chișinău e dai villaggi circostanti, i pellegrini si muovevano a piedi o su carri verso il monastero di Saharna - circa 100 km a nord-est dalla capitale, nel distretto di Rezina - oggi il rituale di devozione assume tratti più vicini a quelli di un'escursione turistica organizzata.
Ogni giovedì, al calar del sole, alcune marshrutka – tipici furgoncini adibiti a servizio taxi - lasciano il caotico e frenetico centro cittadino per raggiungere i silenziosi spazi della campagna moldava, nei pressi del fiume Nistro, dove una folla composita si accalca all'interno di uno dei luoghi di culto più famosi – e per certi versi più misteriosi – del paese.
Anziani, giovani e anche qualche sparuto turista formano un andirivieni di ombre - è all'incirca mezzanotte - lungo chiostri, corridoi e cappelle dell'ampio complesso monastico. E, senza che questo venga esplicitato apertamente, la maggior parte delle persone è lì in attesa di quello che è l'evento principale della serata: un esorcismo di massa.
Niente di occulto o eccessivamente esoterico, anzi, inizialmente sembra di essere immersi in una sorta di bazar della fede dove a ogni cappella e a ogni cripta corrisponde uno specifico servizio di cura e conforto e dove le persone fluiscono da un posto all'altro sicure di sé, guardandosi in giro per trovare ciò di cui hanno più bisogno. Alcuni accendono ceri in ricordo o a sostegno dei propri cari, altri si mettono in coda per baciare reliquie o ricevere benedizioni, altri ancora si tuffano in una piscina ai cui bordi si erge una massiccia croce in metallo.
Poi, verso l'una di notte, gran parte dei pellegrini comincia a radunarsi in una chiesa che è ancora in costruzione e il cui interno ricorda un capannone industriale. Qui, dietro a un modesto altare formato da semplici tavole di legno, quattro preti ortodossi celebrano una lunga funzione citando nelle loro preghiere anche i nomi di chi ha esplicitamente chiesto di essere inserito. Chissà se sono proprio tali persone, vista la loro forte devozione, a reagire con più violenza: mormorii, gemiti, urla, principi di svenimento e conati di vomito da parte di alcuni fedeli accompagnano la messa, che continua a svolgersi senza alterare il suo procedere. Nel frattempo gli altri partecipanti assistono ai casi di “possessione” in un misto di timore e interesse, o di palese scetticismo che sfocia a volte in ilarità, soprattutto fra i più giovani.
Le critiche del Sinodo
Il 12 febbraio di quest'anno la Chiesa ortodossa moldava ha vietato ufficialmente le pratiche attuate nel monastero di Saharna. In particolare il Sinodo ha puntato il dito verso forme spettacolari e collettive di esorcismo, a suo avviso inutili e controproducenti nei confronti delle persone bisognose di trattamento ed ha dichiarato che tali pratiche vanno riservate a funzionari “rigorosamente selezionati” dall'Assemblea diocesana.
Eppure, almeno fino ad oggi, ritualità come quella di Saharna sembrano continuare indisturbate. Celebrazioni simili si svolgono anche nelle vicinanze di Tiraspol, in Transnistria, da parte di padre Serghei (solito ricevere anche individualmente) nonché nella stessa Chișinău, presso la chiesa armena della città. Si tratta di esempi di spiritualità popolare molto radicati sul territorio moldavo, ma anche nella vicina regione omonima della Romania. Basti pensare che proprio in quest'area, nel monastero della cittadina di Tanacu (350 chilometri a nordest di Bucarest), si verificò nel 2005 uno degli eventi più tragici legati alla pratica esorcistica che portò alla morte della giovane monaca Irina Cornici e che ha segnato l'immaginario del paese (dalla vicenda sono stati tratti il film "Beyond the hills" e il libro "Confessione a Tanacu").
Sulla scorta delle recenti decisioni del Sinodo ortodosso si potrebbe considerare tali episodi espressioni di una cultura rurale e contadina sulla via del tramonto. Ma la storia dei sentimenti religiosi nello spazio est-europeo non è per niente lineare: dopo il crollo dell'Unione sovietica si è infatti verificato un massiccio ritorno alla fede, proprio come contraccolpo ai cambiamenti geopolitici della zona. “Fede” intesa nella sua accezione più ampia possibile: dove un generale senso del magico, che caratterizza gli interstizi di queste società, si intreccia con gli aspetti più istituzionali delle varie confessioni.
Evasione o partecipazione?
L'intero fenomeno religioso racchiude dunque in sé elementi contraddittori e ambigui che, soprattutto nel contesto moldavo, rendono difficile stabilirne la reale portata. Come evidenzia il sociologo Vitalie Sprinceana: “Posto che la stragrande maggioranza della popolazione moldava si dichiara generalmente di fede ortodossa […] mancano ancora indagini accurate e autorevoli che rendano conto della valenza, delle sfaccettature e della profondità di tale fede. Lo studio sui Valori Europei del 2008 ha messo in luce come solo un 14,4% dei cittadini moldavi vada in chiesa almeno una volta a settimana, un numero praticamente equivalente a quello di chi non vi si reca per niente o solo una volta l'anno (11,9%). Un altro 47,6% frequenta i luoghi di culto in occasione di festività particolari. Pertanto, il semplice fatto di andare in chiesa non implica necessariamente un forte sentimento religioso".
"I dati diventano in qualche modo paradossali nel momento in cui lo studio indaga la conoscenza dei dogmi basilari della confessione - continua lo studioso - e scopre che il 34% di chi frequenta regolarmente la chiesa afferma di credere nella reincarnazione (che non è parte della fede ortodossa), contro il 18% di chi invece non frequenta la messa o lo fa solo una volta l'anno. La discrepanza fra i principi canonici e le forme di credenza individuale spinge a non considerare la definizione di 'cristiani ortodossi' alla lettera, in quanto vi si celano peculiarità e istanze contraddittorie ancora da esplorare del tutto”.
Inoltre, sembra confermare un altro recente studio, la disaffezione verso la Chiesa è alta fra i giovani moldavi. Tuttavia, non posso non notare che molti fra i partecipanti all'esorcismo di Saharna sono adolescenti. Guardo i loro visi e li sovrappongo agli “squadroni” di ragazzi che si erano attivati, dietro l'invito della Chieda ortodossa, per bloccare l'anno scorso a Chișinău la parata in favore dei diritti LGBT. Difficile dire quanto sincera e radicata sia la loro devozione o la loro adesione ai valori canonici della fede, certo è che la loro presenza suggerisce motivazioni più profonde che quelle di un semplice interesse casuale.
Se per alcuni è allora la curiosità per la bizzarria e non-ordinarietà dell'evento, a spingere a visitare Saharna, per altri potrebbe essere invece un modo di soddisfare un'esigenza di partecipazione che viene in tante occasioni mortificata dal contesto generale moldavo. Il corpo esorcizzato a Saharna e negli altri monasteri potrebbe essere allora – simbolicamente - l'intero corpo sociale che cerca di costruire la propria coesione nella sacralità del rito.
Terminata la celebrazione verso le due del mattino, una pioggia fitta si abbatte sul monastero mentre i “pellegrini” si avviano alle proprie macchine, alle marshrutka che li attendono o si incamminano in direzione del villaggio vicino. La comunità torna alla routine cittadina, al caos e alla frenesia del giorno settimanale, mentre ancora risuona l'eco di una notte “di festa” che ne ha accolto le abitudini più strane e, probabilmente, anche i bisogni più profondi.
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