La difficile situazione nel Caucaso del Nord al centro dell'incontro organizzato dal Museo Diffuso di Torino nel quadro della mostra "Cecenia. Una guerra e una pacificazione violenta"
Di: Alessandra Rognoni
L'incontro "La guerra dopo la guerra" è uno degli eventi organizzati in concomitanza con la mostra "Cecenia. Una guerra e una pacificazione violenta", aperta fino al 22 febbraio 2009 presso il Museo Diffuso della Resistenza, Deportazione, Guerra, Diritti e della Libertà di Torino. La mostra, dedicata ad Anna Politkovskaya, è stata organizzata con il sostegno scientifico di Memorial, e ripercorre la storia degli ultimi vent'anni in Cecenia attraverso immagini di fotografi quali Heidi Bradner e Dima Belyakov, materiale video e documenti
Il tema dell'incontro è stata la situazione attuale in Cecenia e nel Caucaso del nord, in particolare nelle due repubbliche dell'Inguscezia e del Daghestan. Gli ospiti chiamati a parlarne erano Majrbek Vachagaev, portavoce del governo di Aslan Maskhadov dal 1997, poi rappresentante della Cecenia a Mosca, e oggi studioso di Caucaso del nord presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS) di Parigi, e Frédérique Longuet Marx, studiosa di Islam e delle società musulmane del Caucaso del nord presso l'Università di Caen.
Punto di partenza è stata la guerra in Cecenia, che dal 1994 ad oggi ha attraversato diverse fasi, è mutata, così come sono cambiati i leader politici coinvolti nel conflitto. La pacificazione violenta ha trasformato la guerra in uno scontro interno tra un governo ceceno filorusso e gruppi di guerriglieri, di cui è difficile stabilire l'appartenenza e le motivazioni.
Su questo sfondo, ha spiegato Vachagaev, il governo di Ramzan Kadyrov parla di una situazione ormai normalizzata, ed esibisce la sua fedeltà a Mosca in modo sfacciato. Ad esempio, la settimana scorsa, uno dei principali viali di Grozny è stato rinominato "viale Vladimir Putin", mentre il sostegno alla politica di Putin è stato confermato alle recenti elezioni parlamentari in Cecenia, avvenute il 12 ottobre. Kadyrov aveva promesso un'affluenza alle urne "del 100% e anche di più". Alla fine "solo" il 95% della popolazione ha partecipato alle elezioni, e questo nonostante il giorno prima un forte terremoto avesse causato una decina di morti e un centinaio di feriti. La preferenza degli elettori è andata come sempre al partito "Russia Unita", che ha vinto con l'88% dei voti.
Andando però ad esaminare le notizie che giungono dalla Cecenia, ha proseguito Vachagaev, i dati descrivono una situazione ancora instabile, con scontri e perdite quotidiane sia tra i militari che tra i guerriglieri. L'altro dato importante è che mentre il fenomeno delle violenze, i casi di tortura e le sparizioni tra la popolazione civile, pur ancora presenti, sono effettivamente andate diminuendo in Cecenia negli ultimi anni, così come la ricostruzione delle infrastrutture, quanto meno a Grozny, è realmente messa in atto, la violenza si è però diffusa in altre regioni del nord Caucaso, in particolare in Inguscezia e in Daghestan.
In Inguscezia il numero delle persone sparite senza lasciare traccia in seguito ad operazioni delle forze speciali, nel 2007, è stato maggiore che in Cecenia, mentre le esplosioni e gli attacchi alle strutture dello Stato, negli ultimi mesi, sono in aumento. Alcune associazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, parlano di una tale grado di violenza in Inguscezia da rendere la situazione ormai simile a una guerra civile. E' in aumento, secondo Vachagaev, il numero di giovani che abbandonano le proprie case e decidono di nascondersi nei boschi, andando ad ingrossare le file dei guerriglieri. Si tratta di gruppi molto numerosi, riuniti in Jama'at, in cui l'influenza dell'Islam radicale è sempre più forte. Resta tuttavia difficile comprendere cosa stia avvenendo in Cecenia e in Inguscezia perché, dice Vachagaev, le informazioni che giungono non sempre sono attendibili e, soprattutto, il lavoro dei giornalisti è ostacolato, servono accrediti speciali, e la stampa può lavorare solo sotto la stretta sorveglianza dell'FSB, i servizi di sicurezza russi.
L'incontro è proseguito con la relazione di Frédérique Longuet Marx, da poche settimane tornata da un viaggio in Daghestan. Il primo punto affrontato dalla Longuet Marx è stata la relazione con la Cecenia, e il cambiamento dell'atteggiamento della popolazione negli ultimi anni. Durante il primo conflitto la popolazione si era mostrata solidale nei confronti dei ceceni, accogliendone i profughi e in alcune circostanze unendosi alla resistenza. A partire dal 1999, dopo l'invasione guidata da Basaev e Khattab, la situazione cambia, i ceceni vengono visti come potenziali nemici, e la propaganda russa contro i ceceni sembra oggi aver rafforzato questa posizione. La situazione in Daghestan, ha spiegato Longuet Marx, è più simile a una guerra che non alla pace. Come esempio ha riportato l'elenco di attentati avvenuti nella repubblica negli ultimi mesi. Esplosioni, attacchi a edifici governativi e di polizia sono fenomeni praticamente quotidiani, a cui seguono operazioni antiterroristiche, messe in atto con metodi particolarmente violenti.
Ma questi fenomeni riguardano anche altre repubbliche del nord Caucaso, ad esempio la Kabardino-Balkaria, dove la situazione sta peggiorando, i giovani assumono posizioni sempre più radicali e si uniscono alle Jama'at locali.
"La guerra è finita?", ci si chiedeva all'inizio dell'incontro. La risposta sembrerebbe essere negativa. Quello che è emerso dalle relazioni è il passaggio ad una guerra strisciante, che sta coinvolgendo l'intero Caucaso del nord, senza che nessuna voce giornalistica autorevole sia in grado di denunciare la situazione e di ricomporre la complessità di quanto sta avvenendo.
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