Esce Caucaso, libro fotografico del fotoreporter Livio Senigalliesi, che ha già seguito con attenzione e passione i tragici anni '90 dei Balcani. Un'intervista all'autore
Intervista a cura di Gaia Baracetti
Sul Caucaso dimenticato e tormentato esce ora un reportage di Livio Senigalliesi, fotoreporter milanese che ha già documentato conflitti e dopoguerra dai Balcani all'Uganda, dal Guatemala al Medio Oriente. In un'intervista all'Osservatorio Senigalliesi racconta impressioni e riflessioni su quest'area ancora inesplorata.
Hai lavorato e viaggiato sia nei Balcani che nel Caucaso. Cosa hanno in comune queste due regioni, e cosa invece ti pare caratterizzi l'una e non l'altra?
Le due esperienze, pur avendo similitudini, non sono paragonabili per durata e coinvolgimento. Come molti di voi sapranno, ho vissuto con continuità e profonda partecipazione tutte le fasi della guerra nei Balcani. Oltre che un lavoro, rappresentano un pezzo della mia vita.
Al Caucaso ho dedicato vari viaggi nel corso di due anni ma credo non siano sufficienti per raccontare per immagini una situazione così complessa.
Come nei Balcani ci sono differenze di lingua, cultura e religione. I conflitti hanno pure radici antiche e profonde ma nei Balcani manca la componente di contrasto determinata dalla gestione delle risorse petrolifere.
Ci racconti perché ti sei avvicinato al Caucaso, e l'esperienza del tuo primo viaggio in quest'area? Ti sei servito di fonti particolari?
Perché il Caucaso? Cerco di spiegarlo in breve.
Da più di venti anni porto avanti un progetto dedicato ai conflitti e alle drammatiche conseguenze sulla popolazione civile.
Ci sono guerre come quella dei Balcani e del Vicino-Oriente costantemente 'viste' e seguite attraverso gli schermi televisivi ed i giornali di tutto il mondo.
Altri conflitti - come quelli del Caucaso - sono invece dimenticati. Si svolgono a porte chiuse, lontani dagli occhi indiscreti dei giornalisti. Le popolazioni civili subiscono indicibili sofferenze ma per loro non ci sono né missioni umanitarie né progetti di ricostruzione. Tutto avviene nel più totale e colpevole silenzio di quanti sono preposti ad informare e ad operare per la fine di quei conflitti.
La tragedia della Scuola 1 di Beslan - 374 bambini uccisi il primo giorno di scuola nello scontro a fuoco tra guerriglieri ceceni e forze speciali russe - ha acceso in me la voglia di conoscere più da vicino quelle repubbliche nate dalla dissoluzione dell'impero sovietico. Così vicine e così lontane.
Nel settembre del 2004, partendo dalle macerie della Scuola 1 di Beslan, ho iniziato un lungo viaggio che mi ha portato dalle cime innevate del Caucaso alle torbide acque del Mar Caspio. Come sempre devo ringraziare le persone che mi hanno accompagnato, che hanno tradotto, risolto i problemi e che mi hanno aiutato a capire...le fotografie - come in tanti altri casi - vengono per ultime.
La lettura di qualche libro prima della partenza aumenta la sensibilità con l'argomento e crea un immaginario che va poi confutato sul terreno. Le problematiche e le restrizioni sono diverse da Paese a Paese.
Come giudichi l'informazione italiana sul Caucaso? Qual è il suo stato attuale, e come vedi il suo futuro? C'è un crescente interesse del pubblico italiano?
Come in altri 'conflitti dimenticati', l'informazione è fatta di luci ed ombre. Penso ad alcuni bravi giornalisti, persone molto preparate e che ritengo siano un faro, un punto di riferimento. Mi riferisco a Giulietto Chiesa, Astrit Dakli e Carlo Gubitosa - tra gli specialisti di casa nostra - ed Anna Politkovskaja tra i reporter russi.
Il presente ed il futuro dell'informazione non è roseo. Per l'inchiesta e il reportage gli spazi sono limitati. Se del Caucaso non si parla in televisione, perché dovrebbero farlo i giornali? D'altronde non dimentichiamo che in Italia il quotidiano più letto è 'La Gazzetta dello Sport'...
Plaudo quindi all'iniziativa dell'Osservatorio sui Balcani. La finestra che avete aperto sull'area caucasica è una preziosa fonte d'informazioni per gli stessi giornalisti e per il grande pubblico.
Alcuni analisti hanno affermato recentemente che nel Caucaso si prospetta una nuova "guerra fredda" tra USA e Russia? Condividi quest'affermazione?
Dopo l'intervento della NATO in Kosovo e in Afghanistan e le 'rivoluzioni di velluto' in Georgia e Ucraina mi sembra chiaro che il fronte della 'guerra fredda' si è spostato sempre più ad est. La presenza di basi USA in Georgia, Azerbaijan e nelle repubbliche dell'Asia centrale testimonia una pressione crescente degli USA nei confronti di Russia e Cina.
Cosa in questi viaggi ti ha più affascinato di questa regione?
Sono stato affascinato dalle bellezze naturali, dai luoghi della storia e delle religioni, dalle antiche tradizioni. Ma non posso dimenticare la disperazione delle madri cecene che non sanno a chi denunciare la scomparsa dei loro figli spariti nei campi di filtraggio, la tristezza e la rabbia della gente costretta a vivere in campi profughi senza speranza, senza terra, senza futuro. E poi le urla dei feriti negli ospedali e le lacrime delle madri dei bambini uccisi a Beslan.
Dal punto di vista fotografico cosa ritieni di essere riuscito a far emergere nei tuoi lavori di reportage, parzialmente raccolti nel recente libro"Caucaso"?
Come ho già detto, la complessità della materia è tale che ci vorranno altri anni di lavoro. Il merito di questo libro è quello di aprire una finestra su un mondo ignoto, creare un immaginario di zone a noi sconosciute, alle porte dell'Europa ma così terribilmente lontane. Continuerò questo progetto e spero di suscitare l'interesse di quanti hanno a cuore la condizione umana e la libertà d'informazione. A causa della mancanza di spazio sui giornali, conto più sugli incontri pubblici e nelle scuole o la diffusione di notizie e testimonianze tramite il mio sito internet.
Hai un sito personale, quindi ti servi molto dello strumento Internet. Che ruolo possono avere le nuove tecnologie, e in particolare Internet, nel rivoluzionare il mondo dei media? Possono migliorare la qualità del mondo dell'infomazione?
Nel mio sito www.liviosenigalliesi.com si parla di fotografia ma è soprattutto un luogo d'informazione e approfondimento. E' molto visitato da tutti coloro che si interessano dei conflitti e delle loro conseguenze ed è un utile strumento per studenti universitari che svolgono tesi sul tema 'guerra e informazione'.
Uso la rete ma rimango comunque attento e critico. Come in edicola, ci trovi di tutto.
In chiusura vorrei ringraziare le associazioni 20dipace e DarVoce di Reggio Emilia - che hanno contribuito alla stampa della mostra e del catalogo - l'editore Mazzotta che ha creduto nel progetto e l'Assessorato Pace e Cooperazione della Provincia di Milano che nei prossimi mesi organizzerà incontri pubblici e di carattere didattico con lo scopo di promuovere il libro, la mostra ed una maggiore conoscenza della regione caucasica.
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