Dalle aule dell'università ai campi di 'accoglienza' della periferia bolognese. Harambe, un'associazione di studenti, si confronta ogni giorno con i temi dell'emarginazione sociale e dell'esclusione. Un nostro articolo

14/08/2007 -  Nicole Corritore

Harambe significa "noi insieme" in lingua Swahili. Questo è il nome che si è dato nel 2004 un gruppo di studenti italiani e stranieri della Facoltà di Scienze Politiche di Bologna che sentiva la necessità di affiancare agli studi nell'ambito dei diritti umani e della cooperazione allo sviluppo, attività concrete sul territorio bolognese.

Nasce così un'associazione che si pone lo scopo di migliorare la realtà delle politiche di gestione dei fenomeni migratori e mitigare dunque l'emarginazione sociale, l'esclusione e la miseria degli stranieri che vivono in Italia. "E' un'associazione formata esclusivamente da volontari" racconta Emanuela Verna di Harambe "che si sostiene grazie a iniziative di autofinanziamento, come l'organizzazione di cene, conferenze, mostre e grazie alle donazioni private provenienti da singoli, amici, conoscenti".

Ma come è iniziato il lavoro dell'associazione? Nel marzo del 2004 i volontari di Harambe entrano nel campo profughi di Trebbo Reno, alla periferia di Bologna, aperto nel 1994 in via temporanea per accogliere i profughi del conflitto bosniaco. A 10 anni dalla sua apertura "ospita" ancora 60 persone, provenienti dai territori della ex-Jugoslavia (serbi, albanesi, rom) e di cui l'80% sono donne e bambini. Il carattere temporaneo del campo si è mantenuto inalterato, sia nella scarsità di legami con l'esterno che nella sua struttura: un container di due stanze per ogni famiglia, bagni in comune e assenza di spazi dedicati alla socializzazione.

I volontari creano un ponte tra "dentro e fuori". Il progetto prende il nome di "Coccinella": scopo principale l'integrazione sociale attraverso attività educative e ricreative, che coinvolgono 25 bambini del campo di età compresa tra i 3 e i 14 anni. Si propone altresì di realizzare attività di denuncia dello stato critico in cui versano donne, uomini e bambini, tentando di richiamare, all'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni competenti, la gravità della situazione.

"I progetti di intervento sul campo rappresentano uno dei tre ambiti di attività di Harambe, assieme allo sportello sociale e al corso di italiano per stranieri" sottolinea la volontaria di Harambe. "Lo sportello rappresenta uno spazio per dare indicazioni e sostegno nelle varie esigenze che si presentano ad una persona straniera: la ricerca della casa, la compilazione di pratiche burocratiche, ecc. Si cerca di di facilitare gli immigrati nel loro percorso di integrazione, fornendo loro gli strumenti per prendere coscienza dei propri diritti e delle proprie opportunità e così riuscire ad agire direttamente nella soddisfazione dei bisogni, per accedere alle risorse disponibili e rivendicare i propri diritti" ha aggiunto Emanuela Verna.

Non meno importante il corso di italiano per stranieri, gestito interamente dai volontari i quali partecipano regolarmente a corsi di formazione e aggiornamento per poter offrire un servizio qualificato ed efficace. Sottolinea infatti Emanuela che "la conoscenza agile della lingua italiana è fondamentale per superare le barriere sociali che si presentano ad una persona immigrata. Senza di essa diviene difficile, se non impossibile, un buon inserimento e una reale integrazione".

Il settore di intervento che caratterizza maggiormente Harambe è quello sul campo, con i minori. "Dopo Trebbo Reno, siamo intervenuti nel campo di Santa Caterina e Villa Salus, popolati tutti da comunità rom romene e slave. Qui ci rivolgiamo principalmente ai bambini" racconta Emanuela Verna. Da un lato dunque la scelta di lavorare a contatto con i campi, dettata dalla consapevolezza dell'estrema marginalizzazione della comunità rom e del ritardo nel processo di integrazione che la caratterizza. Dall'altro la scelta di sostenere i minori, con l'intento di tutelare i soggetti più fragili e vulnerabili ma anche far sì che il loro futuro possa liberarsi dall'attuale condizione di marginalità sociale e di subordinazione all'assistenzialismo.

Innanzitutto, con attività di sostegno all'apprendimento e di assunzione da parte dei volontari di ruolo "ponte" tra scuola e famiglia, e l'organizzazione di attività ludiche all'interno del campo e uscite dal campo per vivere momenti di scambio. "Operiamo in stretto contatto con le scuole frequentate dai bambini del campo. Ad esempio in giugno, con il forte supporto degli insegnanti, presso la scuola elementare 'Primo Maggio' e in collaborazione con la Cooperativa 'Risciò' si è tenuta una giornata di giochi con un duplice scopo: dare un'ulteriore occasione ai bambini rom che la frequentano di rapportarsi con gli altri bambini della scuola e fungere per l'associazione da occasione di raccolta fondi per le altre attività". Manuela sottolinea che l'associazione cerca sempre di operare assieme ad altre associazioni del territorio bolognese che hanno esperienza in attività con immigrati e nei diversi settori di intervento, da quello formativo a quello ludico.

L'attenzione particolare rivolta ai minori emerge anche da un'iniziativa particolare: la partecipazione alle vacanze dei "Centri Rousseau". Harambe decide nel 2004 di istituire il "Fondo di Solidarietà Vacanze Rousseau" per permettere a bambini e ragazzi che avevano già partecipato ai campeggi Rousseau di continuare con questa specifica esperienza educativa. "Grazie al Fondo, nel 2006 siamo riusciti a far partire per le vacanze 11 minori, i quali altrimenti avrebbero passato l'estate chiusi nei campi perdendo l'occasione di vivere un'esperienza educativa importantissima, basata sull'autonomia del singolo in una comunità in cui si è 'tutti diversi e nessuno escluso'...". Le vacanze dei centri Rousseau rientrano infatti in un programma pedagogico teso ad insegnare autonomia, responsabilità verso gli altri, partecipazione attiva, valorizzazione delle differenze, sviluppo del senso critico e spirito di avventura.

"L'obiettivo di quest'anno è stato quello di riuscire a far vivere questa esperienza a 20 tra bambini e ragazzi. I più piccoli, fino agli 11 anni, verso la Toscana e quelli con un'età tra gli 11 e i 18 anni in Sardegna. Per il futuro stiamo pensando anche a rendere possibile la partecipazione a campi estivi all'estero". Un obiettivo, come ricorda in conclusione la volontaria di Harambe, difficile da raggiungere senza il sostanziale sostegno economico della cittadinanza di Bologna.

Tutto ciò viene realizzato grazie al tempo che i volontari vi dedicano, accanto allo studio in università: "Al momento siamo una sessantina di soci. Ruotiamo nella gestione delle molteplici attività in base agli impegni universitari di ciascuno ma non siamo mai meno di 30 studenti operativi" informa Emanuela.

L'azione di Harambe, ha uno sguardo anche sulle questioni internazionali. Da un lato prevedendo la possibilità di muoversi nell'ambito della cooperazione internazionale e della cooperazione allo sviluppo, facendo i primi passi affiancandosi ad associazioni già esistenti e di cui vengono condivisi fini ed operato. Dall'altro realizzando attività che partono e vengono costantemente accompagnate da lavoro di ricerca e di studio, onde acquisire conoscenze e strumenti per dare giusta luce - in sede di convegni, incontri e attività culturali - a situazioni internazionali sconosciute o poste ai margini del dibattito mediatico.

Perché, come viene sottolineato da Emanuela Verna "il superamento di certi atteggiamenti è possibile solo se viene facilitato l'incontro fra persone di diversa provenienza socio-culturale, con iniziative volte a diminuire le distanze nella realtà globale in cui viviamo oggi".

Per approfondire si veda il sito dell'Associazione Harambe.


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