Jas sum od Titov Veles (I'm from Titov Veles), Teona Strugar Mitevska, 2007

A Milano un festival sul nuovo cinema balcanico. Un'occasione per guardare i Balcani con un altro sguardo. I due curatori, Naida Tarakcija e Saul Beretta, fanno un bilancio dell'iniziativa raccontando le loro impressioni

04/11/2008 -  Irene Dioli

L'amore mi ha fatto poeta.
L'amore che mi ha dato la forza di non dormire una notte dopo l'altra,
bensì di scrivere nel diario dell'insonnia migliaia di poesie tristi sulla vita
e, spero, almeno una poesia allegra sulla morte
Josip Osti

Naida Tarakcija e Saul Beretta hanno scelto i versi di Josip Osti per presentare il festival "Nuovo Cinema Balcanico" , svoltosi ad ottobre a Milano, a cura della Fondazione Cineteca Italiana in collaborazione con Musicamorfosi e il contributo della Provincia di Milano/Settore Cultura.

"Mi sento fiera di questa manifestazione - dice Naida Tarakcija - questo è il primo elemento che mi viene in mente. Fiera per lo spazio concesso dalle istituzioni milanesi (la Cineteca, la Provincia) e per l'ascolto e l'interesse suscitato nel pubblico della città e nel mondo della cultura in generale". Anche se un evento poco "mainstream" come questo ha necessariamente un riscontro graduale, il festival ha già avuto importanti risultati a livello di promozione e risonanza: se ne sono infatti occupati alcuni quotidiani nazionali, e il programma musicale ha riscosso grandi attenzione e successo in occasione della presentazione su Radio3.

Naida Tarakcija e Saul Beretta, dell'associazione culturale e musicale Musicamorfosi, hanno concepito la manifestazione come ideale seguito all'iniziativa musicale dei Notturni, serate dedicate alla musica balcanica ambientate in alcune ville della Brianza durante la scorsa estate (e, idealmente, come la tappa di un ciclo conoscitivo che avrà una continuazione nel futuro). E anche il festival cinematografico riserva uno spazio alle sette note proponendo una serata di teatro musicale e il concerto del Damir Imamović Trio. Proprio quest'ultimo, dedicato al genere musicale della sevdah, rappresenta una proposta musicale innovativa e lontana dagli stereotipi comunemente associati alla musica balcanica: una sintesi di musica colta, popolare e jazz, che combina strumenti classici (contrabbasso e violino ad affiancare la chitarra), liriche tradizionali e virtuosismi jazzistici in una raffinata performance, essenziale nella scenografia e nelle luci, vivacizzata dagli intermezzi auto-ironici del leader del trio. Al concerto e alle proiezioni si è aggiunto Ultimo tango a Sarajevo, evento di teatro musicale con video proiezioni.

Il festival, ci raccontano i due curatori artistici, nasce con un duplice intento: da un lato, avvicinare Milano e il suo pubblico a un universo culturale "marginale" in termini di promozione e distribuzione come quello balcanico; dall'altro, incoraggiare chi di quell'universo fa parte a riscoprire la propria cultura attraverso uno sguardo altro, proponendola quindi in un contesto apparentemente lontano. Anche se, come recita il manifesto dell'iniziativa, "Sarajevo è vicina all'Italia: da Milano, un'ora di volo, 1000 km di strade".

All'interno del programma e del concetto alla base dell'ideazione del festival, il ruolo principale è stato riservato alla Bosnia (anche se fra gli obiettivi delle prossime edizioni ci sarà quello di allargare il raggio d'interesse fino a comprendere e rappresentare le varie realtà dell'area ex-jugoslava). Tra le ragioni, ci spiega Naida Tarakcija, si trovano personali legami emotivi e culturali (Naida è bosniaca, originaria di Sarajevo), così come il forte ruolo simbolico del paese e della sua capitale nell'immaginario collettivo collegato alle guerre. Di conseguenza, il processo creativo nel cinema bosniaco ha rappresentato una forma di elaborazione del lutto, che ha dato la possibilità di trovare una ricchezza nel riprendere la tradizione dopo la distruzione delle guerre, prendendosi carico dei problemi del passato e della creazione di una consapevolezza storica attraverso il linguaggio cinematografico. Sarajevo, in particolare, è una città profondamente legata all'universo cinematografico, a livello tanto ideale quanto concreto: moltissime persone lavorano infatti nell'industria cinematografica, e questo rende il cinema parte integrante del vissuto della città (la stessa Naida è imparentata con la famiglia del regista Ademir Kenović).

Il programma della rassegna di quest'anno era basato su una selezione di film provenienti dalle ultime edizioni del Sarajevo Film Festival (anche se non è stato possibile, per motivi logistici, portare opere dall'edizione 2008, svoltasi fra agosto e settembre e quindi troppo vicina nel tempo), con attenzione ad evitare di riproporre opere già conosciute al grande pubblico: per questo motivo si è deciso di non inserire Grbavica di Jasmila Žbanić (Il segreto di Esma, Orso d'Oro a Berlino nel 2006), precisa Saul Beretta, e scegliere un film di Emir Kusturica fra i meno noti, Arrivano le spose (1979 - il primo lavoro realizzato dal regista per la televisione yugoslava). Al contrario, le opere presentate (9 lungometraggi, 2 documentari e 5 cortometraggi) sono inedite in Italia, con l'eccezione di Benvenuto Mr. President (Gori Vatra) di Pjer Žalica e del documentario Lo zio Sem e il sogno bosniaco. Tra i registi rappresentati, oltre ai già citati Kusturica, Žalica e Kenović: Rajko Grlić, Srdjan Vuletić - presente in sala, ricorda Saul Beretta, per un emozionante incontro con il pubblico, anche se con pochi interventi da parte di quest'ultimo (contrariamente alle aspettative del regista, la rassegna non ha raggiunto un'ipotetica comunità bosniaca a Milano) e Teona Strugar Mitevska, autrice di Jas sum od Titov Veles (Io sono di Titov Veles), rara avis in quanto unica presenza macedone e unico sguardo femminile dalla regione approdato alla rassegna.

Tra le opere in programma, Naida Tarakcija mette in luce Kod Amidze Idrica (A casa di Zio Idriz) di Pjer Žalica, "la storia di un uomo arrivato per aggiustare lo scaldabagno dei suoi zii che si ritrova a far ripartire la vita di due cuori umani schiacciati dal peso della morte del figlio in guerra. Nella Sarajevo del terzo dopoguerra del secolo, ingegneria meccanica e umana si mescolano nel ritratto della vita quasi immobile di due anziani al centro della Mahala, il tipico quartiere dove tutti sanno tutto di tutti". Questo film, definito da Naida un ritratto intimo e fotografico della città, ben rappresenta la sensazione lasciata da questa rassegna. Filo conduttore dei film proposti, infatti, è il viaggio dentro il microcosmo bosniaco (spesso rappresentato da Sarajevo, talvolta da piccoli villaggi), ritratto in particolari momenti storici (il secondo dopoguerra, l'alba delle guerre degli anni Novanta e la ricostruzione successiva, l'anniversario della morte di Tito). Sguardi ironici, lirici, surreali su paesaggi malinconici: poesie allegre sulla morte.


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