IPSIA, ONG delle ACLI, è attiva nell'area della ex Jugoslavia dai tempi del conflitto. Silvia Maraone, responsabile del settore Volontariato internazionale, è appena rientrata da una missione in Bosnia Erzegovina. Un'intervista
IPSIA è attiva nel sud est europeo da anni. Ci dai un quadro delle aree e delle attività realizzate e dei soggetti del vostro territorio coinvolti?
Le ACLI sono presenti in ex Jugoslavia con il progetto di intervento umanitario "Un Sorriso Per la Bosnia" sin dal 1992, che ha visto una partecipazione dal basso di volontari e gente comune che si è prodigata per "fare qualcosa" di concreto per la popolazione a maggioranza bosniaca musulmana rifugiata nei campi profughi in Slovenia. Dal 1997 in poi, sono partiti i primi progetti realizzati da IPSIA, l'ONG specifica delle ACLI. Affiancati a progetti di ricostruzione e successivo sviluppo socio-economico, si sono sempre spese energie e risorse affinché le attività di animazione estiva, condotta dai volontari italiani, procedessero. Il "Volontariato Internazionale" è oggi uno dei tre ambiti di intervento di IPSIA, insieme a "Educazione alle Relazioni giuste" e "Cooperazione allo sviluppo".
Di recente avete realizzato una missione in Bosnia Erzegovina. Quali i motivi?
E' stata la prima missione di fattibilità di quest'anno, per cominciare a presentare ai partner la proposta di campus sportivi che IPSIA assieme a US ACLI Milano sta organizzando per l'estate 2007. Questa iniziativa è in continuità con quanto già fatto nell'estate 2006 a Ribnik insieme a IPSIA di Milano con il progetto "Lo sport per costruire la pace", finanziato dal Comune di Cinisello Balsamo (Milano) con i fondi della cooperazione decentrata.
L'integrazione tra IPSIA Milano e l'US ACLI Milano ha dato vita a nuove progettazioni che sono convogliate nel più ampio progetto nazionale "Terre e Libertà", dedicate al volontariato e all'animazione giovanile. Nell'estate 2007 quindi, si realizzeranno due campus, uno nuovamente a Ribnik, in collaborazione con gli allenatori della scuola calcio giovanile ?Zeljeznicar? di Bosanska Krupa e uno a Berkovici e Stolac - una settimana da una parte, una dall'altra - che coinvolgano i bambini dai 7 ai 13 anni di tutte le "parti": croato-bosniaci, musulmano-bosniaci e serbo-bosniaci. I volontari italiani, sia "normali" animatori, sia allenatori laureati in Scienze motorie, realizzeranno insieme ai partner locali campus di due settimane multi-disciplinari. I campi sono possibili grazie ai finanziamenti sulla Cooperazione Decentrata 2007 stanziati con dai comuni di San Giuliano Milanese e Melegnano, entrambi in provincia di Milano.
Vi siete dunque incontrati con diversi soggetti delle quattro città che verranno coinvolte in questa attività. Ci racconti quali sono state le impressioni che avete raccolto?
Abbiamo avuto incontri con diversi soggetti della città di Bosanska Krupa e Stolac nell'entità della Federazione e della città di Berkovici e Ribnik, nell'entità della Republika Srpska. Generalmente abbiamo raccolto una buona risposta in termini di interesse alle attività sportive e di animazione proposte per la prossima estate, anche grazie al successo ottenuto l'anno scorso. Ma ciò non toglie che in uno di questi incontri, abbiamo dovuto fare i conti con un certo "malessere", legato alla sentenza della Corte internazionale di giustizia de L'Aja. Mi spiego meglio.
Nell'incontro avvenuto a Berkovici, in Republika Srpska, con il direttore della scuola coinvolta, abbiamo raccolto grande entusiasmo. Ha apprezzato il video e le fotografie del campo realizzato l'anno scorso e il fatto che verrà donato materiale utile alla scuola per le loro attività ricreative e sportive. Ha sottolineato che questo materiale li aiuta molto nelle attività durante l'anno scolastico, nella gestione delle quali le bassissime risorse che ricevono dal ministero e dunque i problemi di budget sul territorio locale, influiscono molto. Egli non ha prospettato problemi rispetto lo spostamento dei bambini di Berkovici a Stolac, in Federazione, sottolineando che per molti di loro rappresenta l'unica occasione di "viaggio" fuori dalla città in cui risiedono. Invece nell'incontro avvenuto a Stolac con il direttore della scuola primaria, abbiamo raccolto alcune perplessità, non correlate alle attività proposte, ma a problemi legati all'attualità.
Ti riferisci alla sentenza della Corte internazionale. Puoi spiegare meglio quali effetti ha avuto sui vostri partner locali?
Le perplessità emerse sono legate alla possibilità che i genitori dei bambini di Stolac diano il benestare a farli andare a fare il campo estivo in Republika Srpska. Non riusciamo ancora a valutare quanto questo malessere sia legato solo al momento e cioè alla recente decisione del Tribunale internazionale per i crimini in ex Jugoslavia sul genocidio a Srebrenica. Il clima che si respira in questi giorni è fortemente e quotidianamente influenzato da stampa e televisione. Parlando con conoscenti, diversi amici e contatti, non solo bosniaci ma anche italiani che abitano in loco, ho capito che la sentenza non è stata ben digerita. Al di là dell'accettare o meno quanto espresso dalla Corte, personalmente ho delle perplessità su come questa sentenza sia stata manipolata, forse per creare malcontento e tensione, tra chi non ha letto il testo completo o tra chi comunque non ha strumenti per affrontare la materia penale.
Dunque pensi che la lettura che ne è stata data sia in qualche modo inscritta in una "strategia della tensione"?
Posso solo dire che mi stupisce che persone che si sono mostrate fino a ieri equilibrate, nonostante le costanti difficoltà che si trovano ogni giorno ad affrontare, si preoccupino così tanto dell'impatto che la sentenza avrà sulla decisione dei genitori musulmani di far giocare o meno i loro bambini con i bambini serbi di Berkovici. Questo mi fa pensare due cose: c'è qualche altro problema non espresso in questo incontro, oppure davvero si è fatto in Bosnia Erzegovina un grande passo indietro rispetto alla possibile convivenza che in un modo o in un altro aveva cominciato a ricrearsi dopo i primi difficili anni della guerra.
C'è anche da aggiungere che questo clima in qualche modo separatista aveva già cominciato a profilarsi con le elezioni del primo ministro della RS, che prometteva nel suo programma, di separare la Srpska dal resto del paese. Appigliandosi eventualmente alla legittimazione internazionale della possibile "separazione" del Kosovo dalla Serbia. Personalmente ritengo che soltanto i prossimi mesi potranno farci capire il peso della manipolazione dell'informazione rispetto alle decisioni della Corte e faranno capire come si profilano i prossimi passi.
Parli di difficoltà costanti e quotidiane. Quali sono le condizioni di vita oggi in Bosnia?
Un dato estremamente significativo, per leggere il contesto bosniaco di oggi, sempre raccolto attraverso diversi colloqui informali, con professori universitari, gente di città e di campagna, allenatori sportivi, insegnanti e i responsabili di centri culturali, è la disastrosa situazione finanziaria nella quale versa non solo la Bosnia, ma in generale ogni famiglia.
Il problema alla base, al di là dell'instabilità politica - mancano ancora oggi alcuni governi cantonali, a Bihac, come in Erzegovina - è fortemente legato al mancato sviluppo del paese, a 12 anni di distanza dalla fine della guerra. Il processo di privatizzazione non è mai partito, la microeconomia non è di sostegno neanche a una famiglia, figurarsi una città. Gli investimenti dall'estero sono considerati troppo rischiosi e dunque non ci sono significativi risultati. L'unica speranza che resta per le persone, soprattutto i giovani, è quella di fare le carte e andare all'estero, perché in questo paese esistono oramai solo due categorie di persone: i pochi estremamente ricchi e i molti poveri.
Un panorama senza prospettive, si direbbe...
Le famiglie per lo più vivono di rimesse, con almeno un membro per gruppo in qualche paese più o meno lontano e aperture di crediti, uno dopo l'altro. In un certo senso sembra che si viva con una prospettiva a breve termine, è abbastanza comune e facile oggi aprire un credito per comprare una macchina o un appartamento, mentre manca in generale una buona dose di spirito di iniziativa e una discreta capacità di rischiare in un investimento.
Le prospettive che, del resto, emergono da posizioni espresse da alcune istituzioni, non sono particolarmente incoraggianti. Ad esempio, nell'incontro avvenuto con il sindaco di Bosanska Krupa, municipalità con la quale IPSIA ha rapporti dal 1998, nelle sue proposte di sviluppo per la municipalità fa appello solamente alle donazioni dalle poche organizzazioni umanitarie ancora "interessate" alla Bosnia e ai possibili investimenti da fuori, consapevole del fatto che dal suo Stato - ma nemmeno dalla sua stessa amministrazione - non arriverà nulla. E' stato comunque un incontro politico, condito di parole molto belle sull'amicizia internazionale, sulla costruzione comune dell'Europa, sulla sincerità degli italiani e l'aiuto che da sempre hanno portato ai bosniaci...
Noi comunque continuiamo nelle nostre attività, e abbiamo già previsto un'altra missione nel mese di aprile. Per capire come e se si è evoluta la situazione e costruire assieme ai partner, senza troppe forzature, il lavoro comune per l'estate del 2007.
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